Cassetta LXXII

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«Evelin vai a scaldare la pasta.»
«Come?»
«Forza del pensiero, telecinesi, controllo delle vibrazioni...»
«Dobbiamo comprare un nuovo forno a microonde?»
«Dobbiamo comprare un nuovo forno a microonde.»
«Martino ce lo deve ripagare.»

Feci girare lo sguardo per casa nostra. Vedevo una discarica con le pareti giallo ocra. C'erano tre buci sulla parete destra coperti dai quadri disegnati da Evelin, in un uno aveva disegnato il profilo di Genova, in un altro era disegnato un quadro di Van Gogh e nel terzo un grillo sulla groppa di una capra. Era stata una mia personale richiesta.
Il divano era color lavanda, apparteneva alla nonna di Evelin, ma nessuna di noi voleva sapere gli atti impuri svolti su quell'arredo da i suoi nonni. Aveva due pezze sull'isola dove si stendevano i piedi a causa dei gatti che lo avevano rovinato. Accanto a questo una piccola poltroncina dello stesso colore che aveva preso la forma del sedere di Edoardo, il quale si ci sedeva sempre con in braccio Giacomo il Minore. C'era una piccola isola a separare la cucina con il tavolo dal salotto, inutile dire che la cucina era devastata. Il frigo aveva visto la prima guerra mondiale come minimo, il microonde era esploso, la lavatrice andava a stento e la cucina a gas emetteva dei "bip" ogni volta che accendevamo quattro fornelli insieme.

Mi alzai di scatto per afferrare il bicchiere di cristallo blu sull'isola prima che Simone lo Zelota lo buttasse giù. Scivolai sul ripiano come scivola qualcuno sul pavimento dopo averci passato il burro sopra. Evelin mi diede una spinta a sinistra ed il gatto verso destra e continuarono ad usarmi come dischetto per hockey da tavolo per dieci minuti.

«Appendi fuori dalla porta un cartello per adozione cuccioli di gatto. Adesso.»
«Ma...»
«Prendi le tue cose che si va all'Unieuro a comprare il microonde.»

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«E se come regalo di nozze ad Edo e Alice prendessimo quello?»
Dissi indicando un oggetto esposto in vetrina.
«Molto carino davvero. MA COSA SE NE FANNO DI UN SET DI ASCIUGATRICI DELLA LINEA DELLA PIMPA?»
«Hai così poca fantasia Evelin.»
Le risposi con un'occhiataccia.
«Per me ci asciugherebbero i panni.»
Gli interventi di Martino sempre utili. Avevamo invitato lui perché ci doveva ripagare il microonde, ma non aveva ben capito il concetto di "venire da solo". Infatti si era portato pure quel coglione di suo cugino. Non che Martino fosse intelligente ovvio.

Davanti all'entrata erano posti gli allarmi nel caso qualcuno avesse rubato qualcosa. Non capivo come qualcuno potesse rubare ancora prima di entrare dentro, troppo tardi mi accorsi che faceva anche da uscita.
Io e Martino passammo senza problemi e ne fui felice. Avevo ancora qualche trauma infantile legato ad un girello e ad un supermercato con un una guardia di due metri. In realtà ero solo io troppo bassa, non che adesso io sia alta.

Gabriele ed Evelin provarono a passare ma fecero suonare quegli aggeggi del demonio. Tornarono indietro e con calma riprovarono. Suonarono di nuovo.

«Fate lo slalom e passate di qua solo alla fine, é un percorso ad ostacoli di sicuro.»

Vidi Gabriele ed Eve iniziare il percorso, lui da sinistra lei da destra. Sbatterono l'uno contro l'altro e si baciarono a stampo. Lei mi  sputacchió in faccia, lui sputò dietro ad una lavastoviglie in vetrina. E per dietro intendo che sputò in vetrina. Una signora disgustata gli lanciò il suo astuccio della dentiera che atterrò, dopo essere rimbalzato, sulle scarpe di Martino.

«Provate a passare fra due di quelli, così non incontrate le onde invisibili che lo fanno scattare.»

Evelin trattenne il respiro e fece rientrare la pancia, già piatta, che aveva. Il suo sedere dalla curva perfetta però non ne voleva sapere di passare. Sculettò all'indietro, sculettò in avanti, balló la Macarena. Niente, l'unico risultato fu quello di fare cadere uno degli allarmi. Poi fu il turno di Gabriele. Si accucciò a uovo, camminò come i pinguini del Madagascar e rimase incastrato per via dei suoi capelli. Troppi capelli ricci. Mosse la testa a ritmo di una qualche canzone trap a me sconosciuta con il risultato di abbattere un altro allarme che finì sui piedi di Martino. Il ragazzo urlò e mi stritoló un braccio, in risposta gli ficcai le unghie nei palmi dell'altra mano.

«Perché non provate a...»
«Clarissa...»
«Martino non ora. Dicevo, magari bisogna virare a destra per...»
«Clarissa...»
«Non anche tu Eve. O forse é il caso di salire su quel forno...»
«Clarissa...»

Alzai gli occhi al cielo, disturbata dall'ennesima interruzione. Avevo un dejavu. Che cosa era successo l'ultima volta che non avevo prestato attenzione ai richiami? Mi passò per la testa qualcosa inerente ad una pozzanghera e ad una macchina.
Poi vidi le guardie venirci incontro.

«Gang del bosco, dividiamoci e sparpagliamoci.»

Corsi a sinistra, poi svoltai in un corridoio con un'ingente quantità di carta igienica. Ma da quando all'Unieuro la vendevano? Misi la freccia e mi fermai allo stop. Dopo proseguii mantenendo la destra ritrovandomi nel corridoio dei fornetti a microonde. Mitici.
Lessi i prezzi ed afferrai quello più economico probabilmente prodotto da lavoratori sottopagati con qualche materiale tossico in una qualche fabbrica in Tibet. O forse non arrivava nemmeno l'elettricità in Tibet?

Poi vidi qualcosa di divino per me. Il settore lavatrici. Volevo sempre farci un giro sopra da piccola e decisi che era il momento di coronare il mio sogno. Ne attacai una alla presa elettrica, posai il microonde sopra di essa e chiesi al commesso di azionarla. Prima che schiacciasse qualsiasi pulsante ci saltai dentro e chiusi lo sportellino. Troppo tardi mi ricordai di aver mangiato otto scatolette di Simmenthal per pranzo.

Ora non mi soffermerò su cosa successe a me dopo, ma su cosa successe agli altri.
Quando misi piede fuori da quell'aggeggio il commesso preoccupato chiamò le guardie. Ne arrivò una di quelle viste in precedenza con appiccicata una ragazza molto più sottile di lui. Aveva dei tratti familiari lei.

«Antuan, chi è lei?»
«Non lo so. Quando ho provato a prenderla e a portarla in ufficio, mi ha chiesto di batterle il cinque.»
«E...?»
«Aveva le mani piene di Vinavil ed una tazza a forma di mucca attaccata all'altra mano. Penso abbia cercato di aggiustare quell'obrobrio.»
«EVELIN!»
«Ho trovato il regalo di nozze perfetto per Alice ed Edo.»

Ecco perché era familiare. Alzai la mano per batterle anche io il cinque, ma Antuan batté la mano prima di lei. Feci uno sguardo truce e cercai di staccare la mano dalla sua. Inutile, ero anche io incollata a lui.

«Antuan te l'ho detto mille volte che non tutti vogliono battere il cinque con te.»
«Senti se i cattivi delle Winx possono guardarle mentre fanno il balletto ed attaccarle solo alla fine, io posso battere il cinque a tutti.»
Ero d'accordo con lui. Mi sembrava più che legittima come pretesa. Arraffai il microonde e andammo alla ricerca degli altri due membri della gang del bosco.

Le Bozze di  DioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora