Negroni

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Vedere il brigadiere con una maglietta di una rock band lisa, vecchia almeno di 15 anni le strappò un sorriso, nonostante si fosse imposta di non lasciarsi cadere nella tela di quell'abilissimo ragno. Faceva quasi ridere con quel casco non integrale seduto su quello scooter troppo piccolo dall'improbabile colore di una rana della palude giallo e verde maculato.

«Molto casual» ammise Giusy. Lui sorrise e la invitò a salire con un cenno del capo. Si era fatto la barba, probabilmente per sembrare più giovane. Giusy montò agilmente indossando il casco. Era un po' largo per lei, ma non avevano un gran tragitto da compiere. Fabio partì senza nemmeno dire una parola, lanciando quel vecchio due ruote lungo la provinciale.

Il rumore e il puzzo di quel motorino erano quasi insostenibili e non doveva essere stata l'unica a notarlo perché il brigadiere disse: «Credo dovremmo ritirare questo mezzo a Catalano e fargli un verbale quando torniamo.»

Giusy scoppiò a ridere e Fabio altrettanto. Strinse le dita sulla sua maglietta che svolazzava al vento. C'era qualcosa nel suo profumo che le causò come un blackout: era lo stesso che portava quella sera, lo stesso che aveva percepito scivolare sulla sua pelle. Le sembrava di avvertire le sue labbra che la sfioravano, il fiato corto, le pareti di quella casa che danzavano attorno a loro come in un incubo. Più cercava di allontanare quei pensieri e più ritornavano.

«Hai freddo Parisi o sono un guidatore così orribile?» chiese il brigadiere, visto che la sentiva tremare.

Giusy negò imbarazzata. «Catalano è peggio, si crede Schumacher con questo scooter. Penso che se lo vedesse in giro lo fermerebbe.»

«Le acque chete nascondono sempre una natura irrequieta»

Giusy inspirò a fondo e cercò di concentrarsi sui canali coperti di canne. C'era un airone fermo sulla riva. Non guardava loro: fissava l'acqua opaca sotto di lui con la sua vista aguzza. All'improvviso si lanciò sulla preda causando un grosso spruzzo nell'acqua. Giusy, colpita, represse un fremito. Non aveva mai visto quell'animale nell'atto di esercitare il suo pasto. La determinazione con cui aveva puntato la sua vittima era da predatore navigato, non da romantico uccello quale sembrava.

«Ho buone sensazioni per questa sera.»

Giusy invece le aveva pessime, come se il mondo intero la stesse implorando di invertire la rotta.

«Mi devi anche un drink.» ricordò lui.

«Ehi, no, la sfida non è affatto finita. Quindi stasera ognuno paga per sé.»

«Mi sembra giusto, non entro in un locale con le riduzioni da quando avevo 18 anni» sospirò sentendosi molto vecchio.

Nel frattempo, girarono sul viale che portava a Lido delle Nazioni. I campi li guardavano immobili. Il sole lasciò il suo ultimo raggio e svanì dietro l'orizzonte. Fabio aveva già acceso il faro che ora lanciava in un'inquietante luce nella notte ancora alle porte.

«Io non pagavo quasi mai» confessò Giusy.

Fabio si voltò leggermente verso di lei stupito.

«Ho sempre trovato qualcuno che mi facesse entrare gratis, amici. Non mi fraintendere, non volevano nulla in cambio: solo stare in compagnia, fare due risate. Ne conoscevo ogni sera, fa parte della mia indole siciliana. Amiamo i grandi gruppi, le compagnie immense e c'è sempre posto per uno in più.»

«Pensavo fossi reggiana.»

«Solo di adozione.» Aveva perso il suo accento negli anni, ma la voglia di vivere, di divertirsi, di fare festa le erano rimaste attaccate addosso.

Giusy era un vero mistero agli occhi di Fabio. Si sapeva davvero poco di lei in caserma. Conoscevano solo una parte di lei: la ragazza acuta, intelligente, con un'ottima memoria e grandi sogni, ma che tendeva a infrangere i protocolli come un panzer e a essere troppo impulsiva. Si stava chiedendo se fosse invece il sole della sua terra, che sembrava portare nel cuore, ad averlo attratto. Nella sua vita ormai, l'unica luce era suo figlio. Il resto era come la palude che si erano da poco lasciati alle spalle: fango e canne sbattute da un vento impetuoso.

L'uomo nel fiumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora