Viale Carducci

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Viale Carducci era un via vai di vacanzieri; si perdevano tra le luci ancora accese dei negozi, dei bar, delle sala-giochi. Le loro facce dopo un po' sembravano tutte uguali, si confondevano una sull'altra, come fantasmi. Nemmeno trenta minuti dopo, Giusy aveva già male ai piedi e aveva compiuto meno della metà del suo percorso. Si era concentrata principalmente sui negozianti e sui baristi o sui camerieri. Finora era stato un buco nell'acqua dietro l'altro. Un solo negoziante conosceva Ferrer. Aveva tentennato per un attimo, stuadiandola contrariato, tuttavia davanti al distintivo aveva confermato che l'architetto aveva acquistato dei vestiti da lui il mese precedente ed era passato a ritirarli nel giro di qualche giorno. Dopo non l'aveva più incrociato, prima di vedere la notizia sul giornale. Si era segnata il recapito, ma non pensava che fosse di alcun aiuto alle loro indagini. Si fermò alla gelateria. Si avvicinò in un angolo del bancone, si identificò e interrogò il titolare. L'uomo guardò la foto e corrucciò la fronte.

«Certo, conoscevo bene Antonio. Poveretto, siamo rimasti tutti sconvolti, veniva qui spesso a prendere un chilo o due, specie se aveva amici a casa. L'ho visto col bambino e con questa donna, ma non sapevo nemmeno il nome.»

«Quando sono venuti l'ultima volta?»

«Non ricordo di preciso... Silvia? Quando ha visto l'architetto?» chiese lui, diretto a una sua dipendente.

«Sabato scorso non mi sembra. Giovedì della settimana prima aveva preso un chilo... sul presto, c'era poca gente, per questo lo ricordo bene. Abbiamo fatto due chiacchiere.» rispose lei.

«Era con questa donna?» Giusy le mostrò la foto.

«No, era solo, mi dispiace.»

«Le è sembrato agitato? Diverso dal solito?»

«Era tranquillo, mi ha raccontato del viaggio che aveva fatto in Costa D'Avorio. Mi ha detto che ci voleva tornare anche quest'anno appena la stagione lo permetteva» ricordò la commessa.

«Ha mai parlato con questa donna?»

«Non approfonditamente. Non chiacchierava mai. Davo il cono al figlio e mi ringraziava. Non credo che lei fosse italiana, parlava con un accento africano, non saprei dirle di più.»

«L'ha vista sabato o in questi giorni?»

«No, mi dispiace» rispose la commessa scusandosi.

Giusy ringraziò, si appuntò i loro nomi e lasciò la gelateria, poi ci ripensò. Tornò indietro e domandò al responsabile di farle una granita. Stava sudando copiosamente: l'aria si era improvvisamente arrestata e un caldo afoso aveva preso il suo posto. Si sedette ai margini della gelateria e si sfilò le scarpe. Guardava il viale tristemente. L'idea che Yatima e Ferrer fossero passati di lì, insieme, mille volte, senza sospettare quello che sarebbe successo, la deprimeva molto. Quante persone passavano accanto a lei in quello stesso momento? Chi felice, chi arrabbiato, chi annoiato. L'aveva stupita nel suo mestiere scoprire le vite così diverse che si celavano dietro ognuno di loro. Apparentemente erano tutte storie ordinarie, ma poi, scavando, trovavi ogni tipo di tragedia possibile. Probabilmente ognuno aveva avuto la sua bella dose di croci. Com'era stata la vita dell'architetto e di Yatima? Da quanto tempo vivevano insieme? Erano felici?

Controllò le mail prima di ripartire. Nella fretta di uscire le era sfuggita la risposta dall'ente telefonico. Il cellulare che aveva chiamato Ferrer dopo il fratello era intestato a un tale Artur Sinani: doveva ricordarsi di controllarlo. Per quanto riguardava l'ultima telefonata di Ferrer il numero era intestato ad Antonio Ferrer stesso. Aggrottò la fronte. Poteva esserci un solo senso ai suoi occhi: aveva un altro cellulare e l'aveva dato a Yatima. Essendo della vittima potevano richiedere i tabulati anche di quel numero: non sapeva come potessero aiutarli a trovare Yatima, ma era un tentativo comunque da fare.

L'uomo nel fiumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora