Cena al gusto di sospettato

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«Deve essere Lisa, vai tu?» chiese Giusy distratta dai fornelli quando suonarono al campanello. Fabio annuì andando ad aprire la porta.

Il sole calava all'orizzonte specchiandosi nel mare. Dalla finestra aperta Giusy poteva sentire il vociare della folla di vacanzieri che tornava verso casa e le grida lontane dei bambini dalla spiaggia. Quella villetta trasudava di buono: di basilico fresco, di pesce, di fiori. Era viva, come anche lei finalmente si sentiva, di nuovo. Spolverati i panni, cambiate le tende e ripiantati alcuni fiori nel giardino, aveva visto quelle quattro mura risplendere di nuova luce. Riusciva a immaginarsi Fabio piccolo che correva nel portico e sua madre che correggeva i compiti nel patio mentre le barche attraccavano sulla riva del canale. Non aveva mai conosciuto i genitori di Fabio, ma quello che vedeva in quelle quattro mura poteva dirle che quel bambino che correva sulla spiaggia giocando a fare il carabiniere non era mai andato via. Perché era stato amato e per quanto la vita fosse stata crudele con lui, anche lui era ancora lì: vivo, sorridente, con un imbarazzante paio di calzoncini corti con le palme che faceva tanto Miami Beach negli anni Ottanta e una maglietta sgualcita di suo padre che aveva visto più lavatrici di qualunque altro pezzo di stoffa in quella casa, con la sabbia tra i capelli e il sole che riluceva ancora in quei suoi occhi verdi che l'avevano intrappolata per sempre.

«Non ho capito come mai questo invito a cena» disse Fabio sospettoso prendendola per la vita. Provava un fremito a osservarla a quei fornelli col grembiule di sua madre addosso. Era grato di aver avuto questa seconda possibilità e non intendeva sprecarla, doveva tenersela stretta, perché la vita scorre sempre come sabbia tra le dita e vola via in un soffio di vento.

«Me l'aveva promesso... Senti!» Giusy gli passò una cucchiaiata. «Altri tre minuti, vero?»

Fabio si contorse nel percepire il riso caldo scendere in gola. La cottura necessitava ancora di qualche minuto; si versò da bere un bicchiere di bianco frizzante. «Non avrai esagerato col peperoncino?»

«Siamo tra adulti, chi devi baciare dopo?».

Fabio rispose con una smorfia.

Lisa bussò alla porta ed entrò annusando il profumino nella stanza. Si avvicinò a Giusy curiosa guardando nella pentola. Era colpita: sfidare il ricordo del risotto della mamma di Fabio era davvero azzardato. Giusy la baciò sulle guance e le disse dove riporre il vino.

«Si vede che è rientrata una donna in questa casa» aggiunse Lisa salutando Fabio. C'erano fiori in tavola, una tovaglia, piatti di ceramica. In questo il brigadiere era sempre stato una frana.

«Avevo molto tempo in questi giorni» ammise Giusy.

Il telefono dei Lanciani suonò in quell'istante. Lisa colse al volo l'opportunità e le si avvicinò. «Ho tutto nel portatile, ci sono grandi novità, mi adorerai: aspettiamo che inizi la partita e le guardiamo.»

«Sei sicura che non se ne accorgerà?»

«Tranquilla» annuì il tenente sedendosi a tavola e versandosi a sua volta un bicchiere di vino.

«Se lo sa, mi uccide!» Giusy continuava a mescolare nervosamente il risotto.

Lisa si mise a ridere. «Non fare sciocchezze da sola, però.» Si sistemò il ciuffo azzurro dietro l'orecchio. Fabio rientrò scuro in volto.

«Era il comando?» domandò l'appuntata.

«Paola, quella è la faccia che ha quando chiama lei» intuì Lisa.

«La babysitter è malata e loro hanno prenotato un fine settimana in una spa in costa azzurra.»

«Con calma! Poteva dirtelo alle 11 di sera!» commentò acida Lisa.

L'uomo nel fiumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora