Il cantiere navale

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Yatima procedeva sulla sabbia in mezzo alle barche guidata dalle guardie del corpo di Dariusz. Teneva quella busta in mano e sentiva freddo nonostante il sole calante di luglio. Quasi tutto il cantiere era coperto dalle lunghe ombre delle vele delle barche e un vento dispettoso soffiava dal mare. Aveva fatto come Giusy le aveva indicato, ora doveva farlo parlare. Cercava di individuare Giusy tra i barconi, ma non vedeva altro che ombre e polvere. L'idea che l'avesse comunque abbandonata al suo destino non riusciva a lasciarla del tutto. Sapeva che l'incolumità di Thomas era una sua responsabilità, in quanto madre, ma davanti a Dariusz si era sempre sentita piccola, indifesa, tremante. Non era tanto la differenza di altezza o a sua forza, era qualcosa di più subdolo.

Dariusz solitamente era gentile, educato, elegante, istruito. La gente faticava a vedere in lui una persona sbagliata e pericolosa come Yatima aveva imparato a sue spese. Lo vide uscire da un piccolo capanno spingendo Thomas davanti a lui. Gli aveva legato le mani dietro la schiena, come un piccolo schiavo.

«Mamma!» urlò il bambino cominciando a correre. Dariusz cercò di trattenerlo braccandolo per una scapola, ma Thomas gli sfuggì liberandosi della presa.

«Non così in fretta, moccioso» lo atterrò con un calcio, poi lo sollevò da terra e lo spinse avanti verso di loro.

Yatima avrebbe tanto voluto correre a prenderlo tra le braccia, ma la pistola che Dariusz teneva in mano le diceva che tentare di fuggire di corsa con suo figlio non era affatto un'ottima idea. «Prendi i tuoi soldi sporchi e lasciaci andare!»

Si ritrovarono sotto l'ombra di una lunga imbarcazione a vela dalla linea elegante. Lo scafo era ancora fresco di pittura: la boma rifletteva a tratti i raggi del sole. Si sentiva odore di mordente, probabilmente passato da poco sul legno fresco. L'ivoriano le fece segno di avvicinarsi. Teneva il bambino per le spalle, adeso al suo corpo e la pistola dritta verso Yatima.

«C'è un bancomat dentro, il codice è nel foglio, ci sono tutti: puoi controllare se vuoi» Si impose di tenere la voce ferma. Sperava tanto che Dariusz si fidasse, che non la ritenesse capace di mentire, anche se si sentiva rodere nell'anima dalla paura.

«Gettali a terra verso di me.»

Yatima fece quanto richiesto. «Adesso lascia andare mio figlio!»

Il viso di Dariusz si tinse di un sorriso maligno che ormai conosceva fin troppo bene. L'uomo sputò sulla lettera con sdegno. «Non me ne faccio nulla dei tuoi spiccioli, ormai, i termini dello scambio sono cambiati: se vuoi che tuo figlio viva, dovrai venire con me in Costa d'Avorio, sposarmi senza dire mezza parola di questa storia».

Gli occhi di Yatima si coprirono di lacrime: si sentiva beffata, spezzata, distrutta. Aveva fatto di tutto per arrivare ad avere quei soldi, aveva dormito in macchina per settimane e ora capiva di non aver mai avuto una vera possibilità: ora sapeva di aver condannato a morte Antonio, mandandolo a consegnare quei soldi.

«Non puoi chiedermi questo!» Yatima sussurrò in lacrime prima di franare a terra.

«Tuo padre mi ha promesso la tua mano, tu non puoi andare contro la sua volontà. Tu sei già mia, sei sempre stata mia, fin da quando hai preso l'aereo privato del console per venire in Italia!» disse indignato Dariusz.

«Mio padre era disperato: era coperto di debiti e stava per perdere anche la bancarella del mercato. Tu ti sei approfittato di lui, della nostra povertà! Lui mi ha chiesto perdono, sai. Ma tu proprio non riesce a capire? Io ti odio!» Yatima lo osservava terrorizzata, stesa in mezzo alla sabbia. Quell'urlo rimbombò tra le barche e si perse nel vento. Era bella anche così, in lacrime, disperata, con gli occhi rossi e il petto sussultante di angoscia e di rabbia, una vera leonessa, fino alla fine, ma Dariusz ormai non aveva più paura di usare la frusta con lei.

L'uomo nel fiumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora