Lo studio di architettura

156 19 87
                                    

Fabio Lanciani tamburellava sul volante dell'auto. Lo sguardo perso nel riflesso del sole sulla laguna che contornava Comacchio. Amava quel posto da sempre. Lì si sentiva a casa, più che a Ferrara. Molti non capivano: dovevi esserci nato per comprendere il privilegio di giocare sulla spiaggia ogni pomeriggio della tua vita, di crescere sentendo la sabbia tra i piedi e il vento tra i capelli. Suo padre aveva lavorato sui pescherecci fino alla pensione e sua madre aveva insegnato nella piccola scuola elementare del luogo.

Fabio aveva fatto carte false per tornare a casa sua, dopo anni in giro per l'Italia. C'era stato un momento in cui aveva pensato di aver sistemato tutto: aveva di nuovo la sua famiglia vicina, aveva una moglie, aveva un figlio. Nel giro di alcuni anni, tuttavia, lei aveva scoperto di detestare quel posto: troppo tranquillo e triste d'inverno per lei abituata alla atmosfera cittadina. Una volta arrivato loro figlio, in quel luogo disperso nella campagna, in mezzo alla nebbia, si era sentita abbandonata. Per la pace familiare, Fabio aveva accettato di cercare un altro appartamento a Ferrara. Lui però il trasferimento non l'aveva chiesto: faceva avanti e indietro come un pendolare e spesso, per comodità, aveva iniziato a rimanere a dormire da solo nella villa che avevano costruito insieme a Corte Maggiore.

Per anni non avevano fatto altro che attaccarsi su chi o che cosa fosse la causa della mal riuscita del loro matrimonio: i lidi, l'arma dei carabinieri, la famiglia ricca di sua moglie, la sua troppo ordinaria, Comacchio? Sei mesi dopo ci aveva pensato la sua ex a mettere la parola fine a quel tormento: gli aveva semplicemente detto che aveva un altro e l'aveva lasciato. Da allora vedeva il figlio nei fine settimana, lo portava sempre al mare, perché respirasse un po' di aria buona. Certo, gli mancava avere una famiglia, tornare la sera e trovare qualcuno che lo aspettasse. Tutte quelle case vuote gli ricordavano solo quanto fossero inutili i soldi che la moglie gli aveva sempre sventolato davanti alla faccia. Mentre aspettava Giusy che stava telefonando alla casa circondariale, si fermò a chiedersi: se un giorno avessero trovato il suo corpo in un canale, chi dovevano avvertire? Il fatto che Ferrer fosse divorziato come lui, in un certo senso l'aveva colpito. Non era per quello che aveva accettato il caso. Non diceva mai di no a un omicidio, non dopo il divorzio. Guardò Giusy correre fuori dalla caserma.

«Lo Cascio esce lunedì dall'isolamento, possiamo chiedere un colloquio per la prossima settimana. Carsi ha fatto l'ultima firma venerdì notte, da allora è scomparso. Hanno diramato l'annuncio di ricerca questa mattina» aggiunse Parisi senza fiato aprendo la portiera.

Lanciani respirò a fondo: era un bel problema. Invidiava molto la pace apparente di quell'acqua davanti a lui; invece, la sua esistenza era una tempesta dietro l'altra: un ricercato a piede libero, presunto omicida, non era una bella pubblicità per l'apertura della stagione turistica. Avevano davanti settimane molto complicate.

«Potrebbe essersela filata dopo l'omicidio» ipotizzò l'appuntata salendo in auto. Lanciani annuì.

«Andiamo a parlare col fratello della vittima. Probabilmente è un buco nell'acqua, ma non voglio tralasciare nulla. Al ritorno ci fermiamo a Ostellato a sentire se hanno qualche novità per noi sul cadavere.»

Lasciarono la superstrada diretti verso Ferrara. Lo studio si trovava alle porte del centro, vicino al dipartimento di architettura. Parcheggiarono al baluardo San Lorenzo e si inoltrarono nelle strette vie in ciottolato. Quelle stradine brulicavano di studenti in aria di esami prima della chiusura estiva: sfrecciavano gruppi di comitive in bicicletta in ogni direzione. Il sole del mezzodì era particolarmente deciso; nonostante la divisa a maniche corte Giusy si sentiva accaldata dentro ai pantaloni lunghi. Lo studio si trovava al piano terra di una palazzina rosa ristrutturata abbastanza recentemente. Lanciani suonò e si identificò. Aprirono subito la porta; una segretaria venne loro incontro e li fece accomodare in un cortiletto con l'edera che saliva lungo le pareti bianche; Giusy avrebbe preferito un ufficio interno con l'aria condizionata. Pochi minuti dopo li raggiunse Giacomo Ferrer. Non c'era da stupirsi: molti studi venivano tramandati come un'impresa famigliare.

L'uomo nel fiumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora