Il filmato della video sorveglianza

66 7 2
                                    

Carsi guardava fuori in quella giornata assolata e afosa. Il canale sembrava immobile, come se anche la corrente si fosse fermata. Ticchettava a terra col piede ormai da due ore aspettando che i suoi soci tornassero. Non poter partecipare attivamente al piano, non lo rendeva mai troppo certo dell'esito, d'altronde essendo ricercato non aveva molte alternative se non fidarsi dei suoi complici. Un clacson lo distolse dai tetri pensieri: Bunga. Soddisfatto uscì in giardino e spalancò il cancello. Aveva mandato l'africano a rubare un furgone da un cantiere: lasciare la droga alla barcaccia era diventato troppo rischioso, se il giro di Arthur avesse avuto successo, sarebbe andato la con quel mezzo e avrebbe spostato la parte rimanente del carico. Il camioncino doveva essere rubato abbastanza lontano da far sì che nessuno riconoscesse la targa, almeno fuori provincia. Così il nigeriano era partito con la corriera del mattino e ora vederlo lì era la prima buona notizia della giornata.

Uccise una zanzara tigre che gli si era poggiata sul collo e si adoperò a togliere alcuni rami nel giardino per far posto al furgone. Il garage al momento era occupato dalla berlina rossa sportiva e dalle biciclette, ma avevano trovato un telone in casa con cui poter coprire il nuovo mezzo. Carsi batté contento una mano sulla spalla del complice e lo invitò in casa a bere qualcosa di fresco: sembrava esausto. Tolse alcuni cubetti di ghiaccio dal freezer e versò un bicchiere di vino a testa. Il nigeriano alzò il calice alla sua salute. Era quasi mezzo giorno.

«Ci hai messo tanto» disse Carsi.

«Sono rimasto a piedi sulla Romea, quei bastardi avevano lasciato il camioncino al cantiere col serbatoio vuoto» aggiunse sospirando Bunga asciugandosi la fronte con la mano. Aveva fatto quasi dieci chilometri sotto il sole cocente della mattinata per arrivare al distributore.

«Dove l'hai trovato?»

«Mestre: nel primo cantiere a Volano non c'erano camioncini con targa con un nove o un sei»

«Va bene, faccio io il pittore, tu riposati» disse il trafficante alzandosi faticosamente. Con quel caldo la gamba gli lanciava delle fitte pesanti e aveva finito gli antidolorifici. Prese da uno scaffale bianchetto e pennarello nero e si diresse verso l'esterno.

«Arthur?» chiese Bunga sporgendosi dal vetro del salotto.

«È in ritardo. Il cellulare è staccato.»

Il nigeriano rimase pensieroso alla finestra scolando il suo drink. «Chissà che combina.» Si stese sul divano e accese il vecchio schermo piatto. Lasciavano sempre su qualche canale locale per essere informati di movimenti anomali della polizia o dei carabinieri.

Carsi stava ritoccando il nove per togliere lo spazio laterale col bianchetto e trasformarlo in un otto quando sentì il bicchiere infrangersi a terra nel salotto: alzò lo sguardo stupito. Corse in casa trascinando la gamba malferma e si fermò sulla porta. Il volto di Arthur era lì davanti a lui in televisione. Gettò quel bianchetto contro la schermo, quindi si sentì avvampare in volto e vide la stanza prendere a girare come una trottola. Si precipitò al bancone della cucina e si versò direttamente in gola due pastiglie da una scatoletta bianca; quindi, prese la bottiglia di vino fresco e ne bevve un sorso a collo. Sentiva quel liquido rosso scendere dentro di lui. Senza fiato si avvicinò alla finestra e prese una profonda boccata d'aria; quindi, ebbe infine il coraggio di voltarsi nuovamente verso il soggiorno. La telecamera inquadrava la barcaccia nella notte e una serie di carabinieri che spostavano la droga nel camioncino. Bastardo di un brigadiere! Si avvicinò alla televisione: voleva guardarlo dritto in faccia, ma nell'aula della conferenza stampa non c'era alcuna traccia di lui.

Il nigeriano stava imprecando nella sua lingua.

«Pulisci questo schifo» ordinò soltanto Carsi. Si sedette nella poltrona accanto alla televisione e chiuse gli occhi aspettando che il medicinale facesse effetto.

L'uomo nel fiumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora