TopThai

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Giulia stava morendo di freddo su quella terrazza: dopo l'eccitazione dell'incontro iniziale e l'incursione nel privé, ora era ferma ad ascoltare musica scadente da ore e a guardare un africano in tuta in una discoteca addormentato su un divanetto, da sobria oltretutto. Che potesse essere lui l'altro dei due tirapiedi di Carsi era pressoché ovvio. L'idea di starsene lì con le mani in mano senza potere arrestarlo le faceva contorcere le budella. Camminava avanti e indietro sulla balconata per rimanere lucida e non farsi prendere dal freddo. Il cielo borbottava sempre più forte e si vedevano dei lampi all'orizzonte nell'entroterra: per ora il vento tirava dal mare, ma c'era aria di burrasca. Si tirò la gonna più verso il basso. Quando era uscita dalla caserma con quel vestito quella sera, prima di salire in moto, Lanciani l'aveva guardata per un attimo e poi aveva abbassato la testa a terra. Lo sguardo era quello di un sorriso spento, quasi avesse scorto una persona nota nella folla e poi avesse visto che non era lei. Ora, su quella terrazza, le venne in mente di aver prestato il vestito a Giusy solo poche settimane prima e la collega alla puntata del brigadiere sul soprannome di Giusy. Come poteva esserne a conoscenza? Lei usciva con Giusy quasi ogni fine settimana; eppure, non ne sapeva nulla. Era veramente possibile che in quel marasma fosse sfuggito loro sotto gli occhi qualcosa di così lampante? E Rosa perché non le aveva detto nulla? Se fosse stato un pettegolezzo ne avrebbe parlato, come aveva fatto dopo il compleanno del brigadiere, ma se fosse diventata una certezza allora sarebbe stata con la bocca sigillata, perché la loro amica rischiava il posto. Lanciò una manata sulla ringhiera. Era bianca e fredda. Un brivido la percorse: il divanetto era vuoto. Si sporse agitata dalla balconata. Allora lo individuò attraversare la spiaggia e rientrare nel locale.

«Qui, Diamante Uno, il sospettato sta uscendo.» Era in silenzio ormai da ore. Osservò l'auto di Chiaroni e Lanciani accendere i fari nella notte, guardò l'orologio: 3:25, 21 giugno. La discoteca iniziava a svuotarsi, ma vide chiaramente l'africano mescolarsi alle persone ed uscire. Era furbo, quasi al pari di Carsi: che li avesse visti o meno aveva aspettato.

«Ricevuto, Diamante Uno, rimani sulla terrazza finché non ce ne siamo andati e poi raggiungi rosso uno e due a Estensi» dissero in risposta alla radio.

Giulia strinse più forte la ringhiera. Avrebbe tanto voluto correre dietro a quell'africano. Non era stupita: Lanciani si era ritagliato il suo posto in prima fila e si portava dietro Chiaroni, dritti fino all'inferno. Sospirò a disagio e rimase immobile come da ordini finché non li vide svoltare dietro il ribaltabile bianco.

«Rosso uno e due, dieci minuti e sono da voi.» Scese le scale mescolandosi ai ragazzi in uscita.

Il furgone procedeva nella notte, gli attrezzi cigolavano mossi dal vento. Lanciani si sporgeva per osservarlo pochi mezzi più avanti. «A tutte le volanti lasciateci passare, attendere istruzioni, dobbiamo prima avere conferma della presenza di Carsi.».

«Pensi ancora che il brigadiere sappia quello che fa?» chiese Catalano a Giusy nel buio della loro vettura, indeciso se accendere il mezzo.

«Non fa differenza quello che penso io.» Le tremavano senza volere le mani. Si sporgeva per intravedere quel camioncino. Poco dopo li videro procedere verso Lido di Spina a velocità fin troppo tranquilla. Possibile che l'africano ancora non si fosse accorto di nulla?

Giulia giunse pochi minuti dopo: scese dalla moto e bussò al finestrino. Giusy le fece segno di salire un attimo. La ragazza fu molto contenta di accontentarla: stava morendo di freddo anche con quella giacca di pelle e ormai non si sentiva più le gambe.

Lanciani aveva delle vampate di calore al collo, ma faceva finta di nulla: doveva solo arrivare a Carsi, quello ormai era il suo pensiero fisso. Giusy aveva fatto centro e lui non era affatto stupito: aveva fiuto. Ora toccava a lui non sbagliare. Il 21 giugno sarebbe stato ufficialmente l'ultimo giorno da uomo libero di Massimiliano Carsi. Non era difficile seguire quel furgone, l'avevano superato quasi tutti. Doveva ammettere che aveva fegato l'africano a girare così tranquillo con un camion che non conteneva sacche di ghiaia, ma droga. Il furgone mise la freccia a destra e svoltò nel cancello del TopThai, una vecchia discoteca degli anni '70, ormai abbandonata, che si trovava direttamente sulla Romea. Come aveva fatto a non pensarci! L'ex proprietario era un amico di Carsi di vecchia data, lo ricordava dalla prima indagine, l'avevano sentito più di una volta e aveva sempre negato, d'altronde quando avevano perquisito quel posto non avevano trovato nulla. Carsi aveva fatto in tempo a spostare la cocaina. Indicò a Chiaroni di svoltare per lo sterrato retrostante il locale e procedere lentamente. Infine, nascosero l'auto dietro un grosso cespuglio e scesero a piedi.

L'uomo nel fiumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora