I morti sono solo terra

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Una settimana più tardi Giusy solo non vedeva l'ora di uscire da quelle quattro mura e fumarsi finalmente una sigaretta. Era difficile dormire con il dolore all'anca persistente, dato che era abituata a riposare accucciata sul fianco, ma come faceva a lamentarsi? Almeno era viva.

«Tu ci l'a finiri di fumari» intervenne la madre seduta su una panchina a pochi passi da lei. Ormai non era più abituata ad averla intorno. Era contenta di vederla e di non dover trascorrere il tempo sola in ospedale, ma a volte in quella settimana aveva pensato di esplodere.

«Mamma in italiano, per piacere! Poi tu hai fumato fino a tre anni fa, non è perché tu hai smesso, il mondo deve fare altrettanto.» Sua madre fece per intervenire, ma la Giusy la prevenne: «Non osare dire che tu non fai un mestiere in cui rischi di morire ogni giorno!»

«Ma è la verità! E nemmeno per tre volte lo stipendio che ti danno ne varrebbe la pena.»

«Perché per quattro invece sì? Sei facilmente corruttibile, lo sai!»

«Che c'entra? È un modo di dire» sbuffò la madre.

Giusy si fermò un attimo a guardarla con gesto di sfida gustandosi la sua sigaretta.

Teresa Parisi era una siciliana DOC e non tentava affatto di nasconderlo a parte i suoi capelli ricci che detestava. Essendo partita nella fretta da casa senza la piastra si piallava continuamente i ciuffi ribelli lisciandoli con le dita nervosa. Era molto più piccola di Giusy, occhi e capelli scuri, pelle olivastra, magra al pari di un giunco. Aveva un passo da maratoneta e detestava stare ferma. Aveva fatto cento mestieri diversi nella sua esistenza. La mamma prima che lasciassero la Sicilia e poi pulizie, parrucchiera, cassiera. L'aveva spedita a guadagnarsi da vivere ogni estate dall'età di 15 anni e quando Giusy aveva deciso di non fare l'università, non aveva insistito più di tanto: uno stipendio in più in casa avrebbe fatto comodo. Attualmente lavorava in una ditta di solventi sulle colline reggiane. Aveva avuto Giusy a diciannove anni, giovanissima ed erano cresciute a volte quasi più come sorelle.

«Non c'è alcuna gloria nella morte, Giusy. I morti sono solo terra e io di una figlia nella terra non me ne faccio nulla, non è per questo che ho lavorato tutta la mia vita, non è per questo che siamo scappati dalla Sicilia» sputò quella frase così dal nulla, probabilmente le rodeva dentro da un po'. Sentirla tradotta in italiano faceva quasi più impressione che pronunciata nel suo dialetto originale.

La sola risposta che Giusy ebbe la forza di dare fu una profonda tirata di sigaretta. Il fumo si sparse attorno a loro.

Teresa nemmeno si voltò verso di lei. Teneva la borsa stretta al petto come se fosse sul punto di avere una crisi di nervi. «Dovessi mantenere qualcuno, non giocheresti così con la tua vita»

Giusy non era sempre orgogliosa della figlia che era stata, sapeva di averle date molto pensieri e capiva che fosse preoccupata, ma non era una sua decisione che cosa lei volesse fare della sua vita. Le dava mortalmente fastidio che sua madre insistesse a battere su quel ferro caldo. Quasi le veniva voglia di continuare ad essere un carabiniere soltanto per non dargliela vinta, per non sentirsi dire "Vedi, cosa ti avevo detto? Potevi deciderlo prima di farti sparare!". Come se rischiare di morire fosse stata una sua decisione.

Il suo lavoro era pericoloso, ovviamente, ma anche attraversare la strada, non per questo nessuno più lo faceva. Nella fabbrica di solventi c'erano una manciata incidenti sul lavoro all'anno, in media. Nella sua caserma non c'era stati altrettanti feriti per scontri con armi da fuoco nello stesso periodo. Per questo quel discorso non le sembrava avere alcun senso.

«È arrivata Rosa» disse contenta Giusy gettando la sigaretta. La madre si alzò e la seguì mesta. La ragazza spingeva autonomamente la sedia a rotelle più forte che poteva quasi che in quel modo riuscisse a lasciarsi indietro quelle brutte parole.

L'uomo nel fiumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora