Il cadavere

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Quando Giusy, sistemandosi i guanti, svoltò l'angolo, fu costretta a fermarsi un attimo per abituare il naso al tanfo che emanava il cadavere. L'acqua doveva in qualche modo aver accelerato il processo, oppure erano davvero arrivati tardi. Lanciani aveva un panno sulla faccia; Catalano si copriva il viso con la manica dell'uniforme. Lei guardò in borsa e trovò un fazzoletto di carta in cui fece sparire il volto. Represse un conato di vomito in gola, poi volse lo sguardo verso l'uomo nel sacco: a parte il colpo al centro della fronte non si vedevano altre ferite. Il volto era livido e coperto di sangue, gli occhi vitrei e vuoti, come sorpresi, la bocca distorta in modo innaturale: distolse lo sguardo cercando di non mostrare ai colleghi il suo profondo disagio.

«Gli hanno svuotato le tasche?»

Catalano annuì e li guidò a pochi metri di distanza: su un tavolo c'erano già imbustati gli effetti personali rinvenuti sull'uomo. Il vicebrigadiere prese in mano il portafoglio della vittima e lesse il documento di identità, anche se leggermente danneggiato dall'acqua. «Antonio Ferrer, quarantasette anni, originario di Ferrara, architetto.» Mostrò loro la foto.

Il foro e il sangue rimasto impregnato sulla faccia avevano nascosto molto i suoi lineamenti, ma sembrava corrispondere. Giusy si perse a studiare gli altri pochi oggetti presenti sul tavolo.

«I ciclisti?» chiese Lanciani.

«Li ho mandati a casa. Non hanno sentito spari o visto gente lasciare la barcaccia. A quell'ora la pista ciclabile era quasi deserta. Credo il corpo sia qui almeno da sabato notte.»

Il brigadiere la guardò perplesso.

«Mi hanno detto che solo un matto si inoltrerebbe in mezzo a questi canali dopo il tramonto; l'illuminazione è pressoché assente» motivò l'appuntata.

«Quindi di notte è deserto; la strada è lontana e se tirano un colpo di pistola non lo sente nessuno. Il nostro architetto come ci è arrivato qui?» si domandò Lanciani. «Hai notato se c'erano impronte di pneumatici?» si rivolse al suo vice. Lo stradello seppure non asfaltato era abbastanza largo per consentire il passaggio anche di veicoli a quattro ruote.

«No, brigadiere, ho pensato prima al cadavere.»

«Ok, domani mattina torna qui con la luce e fotograferemo tutte le tracce di pneumatici. Hai trovato gli attrezzi?» Catalano arrossì per un momento, prima di essere congedato.

«Forse non ci servono» Giusy gli passò un mazzo di chiavi imbustate che aveva trovato sul tavolo. Lanciani studiò il cartellino perplesso.

«Via della torre antica, settantotto» lesse. Si sporse sul fronte della barcaccia e confrontò il numero civico incredulo.

La ragazza sorrise gustandosi la sua faccia perplessa. «C'è odore di vernice fresca, brigadiere, e il cadavere di un architetto: probabilmente la stavano ristrutturando.»

«Quindi, in barba al mandato, adesso entriamo» Lanciani sospirò facendole l'occhiolino. «Sono curioso, ci vivresti in un posto così?»

«Se non c'è una jacuzzi all'interno, nemmeno morta» confessò Giusy.

«Sei una donna piena di sorprese, Parisi. Pensavo che certi lussi non ti interessassero.»

La ragazza sorrise di rimando, ma non si fece prendere all'amo dalla provocazione. Trattenne un attimo il fiato mentre il brigadiere estraeva le chiavi e spalancava la porta blindata. Rimase a bocca aperta quando entrò.

L'architetto Ferrer non aveva badato a spese: coi tavolinetti di design, le sedie alte e il bar col bancone sembrava di trovarsi in un locale per aperitivi. Al piano di sopra aveva anche ristrutturato la camera da letto e aggiunto un piccolo bagno, molto moderno con maioliche chiare. Si avvicinò ai fiori: finti. In effetti c'era qualcosa di artificiale in tutto quello che stava vedendo, come quella orribile moquette viola. Perché poi metterla nel salotto e non nella camera da letto? La vetrinetta di liquori invece era notevole. Certo, collezionare bevande pregiate e festeggiare con gli amici su una barcaccia non era un reato, ma c'era qualcosa di inquietante in quel posto. Perché mettere le grate alle finestre e la porta blindata per una barcaccia piena di superalcolici? Suo padre avrebbe storto il naso, ma non sapeva come dimostrarlo. Il brigadiere stava esaminando attentamente alcuni bicchieri abbandonati sul tavolinetto centrale.

«Nessuna traccia di rossetto, inauguri un ambiente così e poi non chiami nemmeno una bella donna a festeggiare? È un peccato!» disse anche lui incredulo. I bicchieri vennero imbustati.

«Ferrer potrebbe aver bevuto col suo assassino» ipotizzò Giusy.

«Se hai ragione, allora il proprietario di questa barcaccia è il primo sospettato. Forse gli ha presentato un conto troppo alto!»

Il suo umorismo macabro spiazzò Giusy. «Potremmo sentire lo studio» propose soltanto.

«Andremo domani. Credo che la scientifica avrà un bel da fare qui.» aggiunse uscendo Lanciani. Si fermò immobile sulla porta a guardare gli operatori mortuari caricare il cadavere sull'ambulanza. Lo seguì notando che si massaggiava gli occhi stanchi.

«Vuole uno strappo, brigadiere? Il mio turno comincia tra quaranta minuti.»

«No, grazie, stasera sono solo stanco. Ti accompagno in caserma e poi vado a casa.»

Salirono in macchina senza dire nemmeno una parola: era sempre più imbarazzata da quel silenzio.

«È un caso spinoso, Parisi, sei certa di sentirtela? C'è la stagione estiva alle porte, ci faranno molte pressioni. Può essere che saltino tutti i nostri orari canonici: devo sapere se sei disponibile a una bella dose di lavoro extra.» Erano lanciati lungo la provinciale per Comacchio. «Se va bene potrebbe essere la spinta che ti serve per arrivare al nucleo operativo di Ferrara.»

Lei annuì lentamente, quasi in imbarazzo.

«Perché mai ti interessa occuparti di omicidi?»

«Penso che ogni uomo abbia diritto alla verità.»

Lanciani sorrise tra sé e sé, la guardò dritta negli occhi, per un attimo, senza scomporsi. Giusy cercava di allontanare da lei con tutta la forza il ricordo del suo profumo o delle sue braccia forti mentre l'aveva abbracciata e spinta contro la porta di casa sua.

«Ottimo lavoro coi ciclisti, ma la prossima volta scrivi tutto.» Il brigadiere indicò il taccuino.

Si maledisse per essersi dimenticata. Uscirono nella sera, lasciando l'auto nel parcheggio retrostante la caserma. Si fermarono sul cancello: c'era un silenzio davvero imbarazzante tra loro e lei non vedeva l'ora di entrare a cambiarsi. Vestita così davanti a lui in un certo senso si sentiva vulnerabile, più che portando la divisa.

«Compila un rapporto completo e controlla il proprietario della barcaccia, ci aggiorniamo domani mattina.» La salutò attraversando la strada. Giusy si mise sull'attenti e gli augurò la buona notte; quindi, rientrò in caserma.

L'uomo nel fiumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora