Capitolo 30: Di nuovo sola.

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L'estate del 1943 stava per giungere al termine. Quel giorno di Agosto il caldo era davvero opprimente e neanche il leggero venticello che soffiava riusciva a dare un po' di sollievo. La nonna Matilde, come spesso faceva, decise di recarsi in chiesa presso "La Cattedrale del Duomo" per ascoltare la Santa Messa. In pochi istanti le truppe anglo-americane sferrarono un terribile bombardamento aereo che distrusse quasi completamente il Duomo, lasciando sotto le macerie moltissimi fedeli, tra i quali proprio la nonna Matilde.

L'eco del bombardamento si udì per tutta la città ed anche oltre. I palazzi tremarono e le persone terrorizzate, si riversarono per le strade. Dopo quel terribile avvenimento in città regnava il caos e la gente, spaventata, scappava senza una meta precisa per la paura di un nuovo attacco aereo. Il palazzo di Matilde fortunatamente non era stato colpito e Annamaria spaventata attese con ansia per tutta la notte il ritorno a casa della cara nonna.

Il mattino seguente la radio della città comunicò notizie circa i bombardamenti del giorno precedente ed allora Annamaria scoprì che la Cattedrale del Duomo era stata completamente distrutta e che c'erano molte persone ferite ed addirittura alcune morte. Lei non riusciva a darsi pace, non avrebbe mai potuto sopportare un'altra perdita così importante nella sua vita e così pur disperata, non sapendo a chi rivolgersi, sicuramente non poteva presentarsi ancora a palazzo Vivaldi per avere notizie, decise solamente di aspettare. Passò i due giorni successivi nell'angoscia senza sapere nulla sulle sorti della nonna, finché all'improvviso bussarono animosamente alla porta. Andò ad aprire e si ritrovò davanti la signora Grazia accompagnata dal suo scagnozzo, suo figlio Antonio, il quale la spinse prepotentemente per farsi spazio ed entrare.

<Finalmente siamo alla resa dei conti, cara Annamaria.> disse Grazia con voce soddisfatta.

<Donna Grazia, signor Antonio, cosa ci fate in questa casa? Cosa volete da me?>

<Questa casa appartiene alla nostra famiglia!> rispose la donna <Sei pregata di lasciarla immediatamente.>

<Sono ospite della nonna Matilde, solo lei può dirmi di andare via!>

<Mi dispiace cara, ma lei non potrà dirti più nulla perché è morta due giorni fa sotto i bombardamenti. Ora sono io l'erede dei suoi averi, compresa questa casa e ti ordino immediatamente di lasciarla.>

<Ma dove vuole che vada? Non ho più nessuno ed ho due bambini da tenere con me!>

<Questi non sono affari nostri. Mia madre da quando ti ha accolta ci aveva abbandonato tutti. Volevi impadronirti dei nostri beni. Hai puntato ai nostri soldi fin da quando lavoravi per me, ma fortunatamente adesso è tutto finito.>

<Aspetti signora Grazia, pensi al piccolo Luca, lui non ha colpe.>

<Va bene Annamaria, dopotutto non sono un mostro! Lascia pure il bambino qui, mi penderò io cura di lui. Lo manderò in un collegio di suore a Napoli dove ho una sorella che si occuperà di lui e non gli farò mancare nulla, ma tu non dovrai più vederlo. Lui non dovrà mai più sapere niente di te e soprattutto non dovrà mai conoscere la vera identità di suo padre.>

<Non posso accettare di separarmi da lui è tutto quello che mi è rimasto!>

<Allora andrete fuori da questa casa tutti quanti! Antonio io ti aspetto in auto, tu aiuta la nostra "cara cameriera" a mettere insieme i suoi stracci e poi sbattila fuori!>

Grazia si allontanò dalla stanza, ma immediatamente fuori, venne bloccata dalla donna di servizio che le chiese di essere più indulgente nei confronti di quella ragazza, che non meritava assolutamente un trattamento tale. La signora Grazia allora la minacciò dicendole che se voleva conservare il suo posto di lavoro doveva imparare a farsi gli affari suoi e ad obbedire ai suoi ordini. Era lei la nuova padrona di quella casa. Poi, congedata la cameriera, invece di recarsi in auto, come aveva detto, rimase dietro la porta per ascoltare le parole che intanto suo figlio Antonio aveva iniziato a dire ad Annamaria. Lui, approfittando dell'assenza di Grazia, le si avvicinò pericolosamente e con voce soddisfatta ma al tempo stesso maliziosa, le disse:

<Se tempo fa avessi ascoltato le mie parole ed avessi preso in considerazione la mia proposta oggi non ti troveresti in questa situazione. In questi anni mi hai sempre rifiutato ed umiliato perché ti sentivi protetta da Matteo e dalla nonna, ma purtroppo per te, oggi queste persone non ci sono più. Per colpa tua e dell'attrazione che avevo per te, anche mia moglie mi ha lasciato. Con gli anni ho imparato ad odiarti ed oggi mi prenderò quello che avresti potuto darmi spontaneamente tanto tempo fa.>

<Non ti avvicinare a me.> rispose Annamaria tra le lacrime <Stammi lontano!>

<Adesso non fare tante storie, lo sapevi anche tu che prima o poi sarebbe successo!>

Antonio come un tornado devastante la spinse sul divano, le strappo con violenza i vestiti ed abusò di lei. Grazia che si trovava dietro la porta, sentì Annamaria piangere e capì tutto quello che stava facendo suo figlio, ma invece di intervenire per fermarlo, si tappò le orecchie e corse via. L'uomo dopo aver consumato il suo piacere, si risistemò e con la voce soddisfatta per aver finalmente ottenuto, anche se in quel modo squallido, ciò che aveva sempre desiderato, le disse:

<Te lo avevo giurato! Ti avrei avuta e poi ti avrei buttata via. Adesso alzati, prendi le tue cose, il tuo piccolo bastardo e vai fuori dalla mia proprietà senza farti mai più rivedere.>

Annamaria, stranamente, in un primo momento provò una sensazione di sollievo. Finalmente tutto era concluso ed Antonio non l'avrebbe più molestata. Poi resasi conto di quanto veramente successo, la sensazione cambiò repentinamente, provando una bruciante vergogna. Umiliata come persona, ma soprattutto come donna, rimase in silenzio, distesa sul divano, con gli occhi sbarrati a fissare il soffitto e a ripensare a quelle parole dette con tanto odio. L'umiliazione subita le faceva molto male come se le fosse stato conficcata una lama nel cuore, ma nonostante tutto si rialzò, non per se stessa, ma per i suoi due piccoli. Andò al piano superiore ed infilò velocemente nella valigia alcune cose. Non riusciva nemmeno a capire cosa veramente stesse prendendo, forse vestiti, forse scarpe, ma che importanza aveva ormai? Era fondamentale solo sbrigarsi e scappare via velocemente. Prese con se le sue due creature e si recò dalla zia Rosa la quale, come sempre, l'accolse a braccia aperte.

Nei giorni seguenti cercò con tutte le sue forze di dimenticare ciò che aveva subito, ma non era affatto facile poiché tutte le sere nella sua mente, prima di addormentarsi le apparivano le visioni di quella terribile aggressione. Che male aveva fatto per meritarsi quello che le era successo? Non aveva mai commesso nessuna cattiva azione. La sua unica colpa era solamente di essersi innamorata di Matteo e probabilmente aveva causato un grande dolore a Lucia. Forse quello era già un motivo sufficiente per doverla pagare per tutta la vita.

LA COMPAGNA DEL SOLDATODove le storie prendono vita. Scoprilo ora