Capitolo 9: Guai in vista.

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L'estate era ormai nell'aria, con i suoi caldi colori, i prati completamente fioriti e le farfalle che svolazzavano libere e felici. Proprio così si sentiva Annamaria, come una farfalla libera e felice di

vivere il suo amore che con il trascorrere del tempo, si faceva sempre più intenso.

Tutti i giorni dopo la scuola, alternava le visite a casa della zia Rosa per vedere sua madre, che ormai si era trasferita definitivamente lì, ad appuntamenti con Matteo. Insieme facevano delle lunghe passeggiata tra i boschi scenario dei loro incontri. Approfittando delle belle giornate, si sedevano sui prati a chiacchierare e a fare progetti sul loro futuro, mentre nell'aria una leggera brezza profumata di viole accarezzava i loro visi. A volte rimanevano distesi uno accanto all'altra tenendosi per mano, in silenzio ad osservare il cielo immensamente azzurro e ad ascoltare la natura tutta intorno, come se esistessero solo loro due. In quei momenti passati insieme, per loro non esisteva nessun altra persona e soprattutto non esisteva Lucia.

Una sera di fine maggio del 1939 però, dopo il loro consueto incontro, al rientro a casa un'amara sorpresa li attendeva. Il dott. Bulla con tutta la sua famiglia, era andato a fargli visita per fissare in modo definitivo la data delle nozze. Matteo cercava mille scuse su ogni eventuale soluzione gli fosse prospettata ma ad un certo punto, suo malgrado, dovette accettare la data stabilita da Ernesto Bulla, il 15 settembre del 1939. Mentre in salone si brindava e si festeggiava Annamaria, che aveva appena ricevuto la notizia dalla signora Grazia si apprestava a servire la cena. Doveva svolgere al meglio il suo lavoro con il sorriso sulle labbra, mentre nel suo cuore sentiva solo tanta tristezza e rabbia.

Il suo ingresso nella sala da pranzo non passò di certo inosservato, poiché Lucia, seduta a tavola accanto a Matteo, si accorse immediatamente degli strani sguardi che il suo ragazzo e la cameriera si lanciavano. Decise, così, di umiliarla buttando più volte a terra tovagliolo e forchetta ed Annamaria era costretta ad inginocchiarsi ai suoi piedi ed a raccoglierli, sotto gli occhi attoniti di Matteo che non poteva fare niente per aiutarla.

Dopo aver terminato di servire i signori e i loro ospiti, la ragazza si ritirò in cucina, ma Lucia non ancora soddisfatta del suo comportamento decise di seguirla con la banale scusa di andare in bagno.

<Ho visto sai come guardi il mio fidanzato!> le disse Lucia con tono sprezzante.

<Lei si sbaglia signorina Lucia.> rispose Annamaria <Io lo guardo solo nel momento in cui lo devo servire.>

<Ecco! hai detto bene..."servire", perché tu questo sei una serva e lo resterai sempre.>

<Io faccio solo il mio lavoro signorina.>

<Io voglio crederti ma sappi che presto Matteo diventerà mio marito ed io lo porterò lontano da questa casa e se hai delle pretese o delle mire nei suoi confronti, fossi in te le dimenticherei subito. Sai alcune volte gli uomini sono attratti dalle situazioni particolari e tu forse per Matteo potresti rappresentare una novità, un giocattolo da utilizzare. La piccola schiavetta che obbedisce a tutti gli ordini del padroncino. Ma ricordati bene che, quando il gioco si fa noioso, i bambini viziati come Matteo, lo buttano via.>

<Io non so che dire, signorina Lucia, non capisco proprio a cosa si

riferisce.>

<Meglio così. Se mi sono sbagliata ho un problema in meno. Ma se invece ho visto bene, faresti meglio a smetterla subito altrimenti lo dico a Grazia e ti faccio ributtare in mezzo alla strada da dove ti hanno raccolta.>

Annamaria, a quel punto, era davvero sconvolta. Da un lato era tentata di andare nel salone per gridare a tutti il suo amore per Matteo, ma dall'altro capiva che sarebbe stata una rovina, sia per il giovane che per lei, in quanto senza lavoro non avrebbe più potuto continuare gli studi.

LA COMPAGNA DEL SOLDATODove le storie prendono vita. Scoprilo ora