Verità (Pov Jacob)

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Jacob

Una volta a casa, mi assicurai che tutto fosse in ordine. Prima però, coccolai un po' i miei bambini. Preoccupati e ancora con gli occhi rossi per la mia assenza ingiustificata al loro risveglio. C'ero sempre stato per loro e quella mattina non mi avevano trovato. Potevo solo immaginare come si sentissero.
«Papà, non ci farai più uno scherzo del genere, vero?» mi chiese serio Ethan. Una domanda del genere me la sarei aspettata da Sarah. Non da lui. Lui che si teneva sempre tutto dentro. A parte i pettegolezzi.
Lo abbracciai forte a me e gli scompigliai i capelli con la mano, poi lo allontanai, tenendo le mani sulle sue spalle ed abbassandomi per guardarlo negli occhi.
«Mai, mai più» gli risposi altrettanto seriamente.
Sarah ci guardava.
«Diglielo» le disse suo fratello guardandola negli occhi. Mi scordavo sempre della loro mente in comune. Isolata dal branco, ma presente anche in forma umana.
«Prometti che starai sempre con noi?» mi disse titubante, come se si aspettasse che le rispondessi di no. Io spostai un braccio dalla spalla di Ethan, allargandolo in modo che potesse entrare anche lei nel nostro abbraccio. Subito si fiondò sul mio petto. Li strinsi entrambi a me. Forte, ma senza far loro male.
«Vi starò talmente vicino che prima o poi vi stuferete di me!» risposi. Restammo abbracciati ancora per un po', poi li guardai.
«Ehi! Ma siete ancora in pigiama voi due! - finsi di rimproverarli, e loro stettero al gioco - filate a lavarvi e vestirvi! Oggi ci sono ospiti a pranzo!»
«C'è Seth, papà?» chiese Sarah, e vidi formarsi sulla faccia di Ethan un'espressione disgustata. Probabilmente stava pensando a quale vestito mettere. Alice era stata molto poco con lei, ma con quel poco aveva creato un mostro.
Alice.
Chissà come mai si aspettava di trovare Nessie sveglia. Scacciai il pensiero e risposi a mia figlia.
«Sì, c'è anche Seth. Ma lui non è un ospite!» dissi ridendo, ma era la verità. Passava più tempo a casa mia che a casa sua. O, per meglio definire la situazione, a casa sua ci andava solo a dormire e solo dopo che Sarah si era addormentata. E solo perché a casa nostra non c'era abbastanza spazio per ospitare anche lui.
«C'è la ragazza dell'officina?» mi chiese Ethan.
Seth, ti odio. Rachel... odio anche te. Pensai.
«Sì, è lei l'ospite - gli risposi - ti dispiace?» Ci pensò su un attimo, probabilmente per consultarsi con Sarah. Poi mi rispose.
«No, non mi dispiace. E' simpatica»
Erano stati con lei meno di cinque minuti e già dicevano che era simpatica. Le cose si mettevano bene. Arruffai i capelli ad entrambi.
«Filate in bagno!» ordinai. Si misero sull'attenti.
«Sissignore!» esclamarono insieme e corsero in bagno. Mentre ridevo, sentii aprirsi la porta dietro di me.
«Ciao, Seth» dissi, senza neanche voltarmi.
«Sono così prevedibile?» mi chiese lui, scoppiando a ridere.
«I bambini si stanno lavando»
«Bene... meglio... volevo parlare un po' con te, se non ti dispiace»
«Mi vuoi analizzare?» gli chiesi, sul chi va là.
«No, voglio soltanto capire alcune cose». Mi rilassai.
«Tanto non potrei nasconderti nulla, lo sai!»
«Veramente hai imparato abbastanza bene a nascondere i tuoi pensieri quando sei trasformato. Capita spesso che non riusciamo a capire cosa ti passa per la testa» mi rispose, serio.
«Ok, spara» dissi, sedendomi sul divano.
«Hai intenzioni serie con lei?» disse, senza tanti giri di parole.
«Penso di sì»
«Jake, dammi una risposta sicura»
«Sì. Ho intenzioni serie con lei. Ma a te cosa interessa?»
«Mi interessa perché i tuoi figli hanno già sofferto abbastanza. Non credo che potrebbero reggere l'abbandono da parte di un'altra figura femminile. Sii cosciente del fatto che se la porti qui sarà per sempre»
«Non ti sembra di esagerare, Seth? In fondo viene qui solo come amica. Tu sai cosa significa per me, gli altri lo sanno, ma Loro no. E ho tutta l'intenzione di vivere questa storia senza nessuno che cerchi di ricordarmi che ho due figli. Me lo ricordo da solo. Non ho bisogno del grillo parlante. E' anche per questo che Nessie viene qui oggi. Perché i bambini comincino a conoscerla. Come un'amica, mia, e, se vorranno, anche loro. Non so se sarà per sempre. Lo spero, ma non ho voglia di pensarci. Non oggi. Oggi Nessie verrà qui a pranzo e basta. Se non ti sta bene, quella è la porta» dissi indicandogliela.
«Sai che non era mia intenzione offenderti»
«Lo so. Ma sono anche stufo che tutti mi diciate continuamente quello che devo o che non devo fare. "Trovati una donna": "Rifatti una vita". "Hai due figli, Jake, pensa a loro". Sai quante volte mi avete ripetuto queste cose in dieci anni? E ora? Ora che sto cercando di tornare a vivere mi dici "vacci piano". Beh, sai una cosa? Ho ventotto anni. So esattamente che devo andarci piano. Anche per i bambini. Per favore ricordati queste cose!» Non avevo urlato. Non avevo neanche alzato la voce. L'avevo fatto perché i gemelli non fossero costretti ad ascoltare i nostri litigi. Perché Sarah non mettesse il muso a Seth. Ma ero furioso.
«Scusa - mi disse lui - Mi scordo sempre che i tuoi sentimenti verso Sarah in questo momento sono gli stessi che ho io»
«Quando inizieranno a divergere sappi che sarai gentilmente messo alla porta!»
«In che senso?» mi chiese. Come se quella discussione non l'avessimo già fatta milioni di volte in quegli anni.
«Lo sai» gli risposi ridendo e scuotendo la testa.
«Seth!» urlò Sarah in quello stesso momento, correndo verso il suo "amico".
«Ehi, principessa!» le disse lui, sorridendo a trentadue denti. Aveva questo in comune con sua sorella. Il sorriso. Da far invidia ad una pubblicità dei dentifrici. Stop. Anzi no, un'altra cosa c'era. L'insistenza. Mi schiarii la voce, per mettere fine alle loro "effusioni".
«Papà, come sto?» mi chiese la mia piccolina. Un'altra di quelli con il sorriso a trentadue denti. La guardai. Gonna di jeans bianco a balze e camicetta rosa con le maniche corte a sbuffo.
«Sembri un confetto» Il sorriso le si spense e Seth mi guardò con aria di rimprovero. Lo ignorai. Sapevo perfettamente come interagire con mia figlia.
«Dici davvero, papà?» mi chiese con una vocina sottile sottile.
«Ma no sciocchina! - le dissi sorridendo, e abbassandomi al suo livello per guardarla negli occhi - Sei splendida!»
«Grazie, papà!» disse, lanciandosi dalle braccia di Seth alle mie, come quando era piccola. Per fortuna eravamo licantropi, perché ora non era più tanto piccola.
«Papà, vado bene così o mi devo cambiare?» disse Ethan dalla porta della cameretta. Jeans, maglietta a maniche lunghe e scarpe da ginnastica.
«Ethan vai benissimo. Ho detto che abbiamo ospiti, non che dobbiamo andare a una cena di gala!» gli risposi ridendo. Diede un'occhiataccia a Sarah. E poi buttò uno sguardo esasperato su di me. Come a dirmi "Io le avevo detto che non c'era bisogno di fare tutte queste storie!". Io alzai le spalle. Per fortuna sia Seth che Sarah non potevano vederlo. Ovviamente Sarah sentiva tutto quello che pensava. Ma non le importava.
«Sarah, Ethan. Andate a giocare!» esclamò mio padre all'improvviso.
«Ciao, papà!» gli dissi, mentre i gemelli si dileguavano.
«Io e te dobbiamo parlare» mi rispose lui.
«Di cosa?»
«Degli ospiti che avremo a pranzo! E non sto parlando di Seth» Mi rabbuiai.
«Seth, per favore, potresti andare a controllare i bambini?» Scusa più idiota non poteva esistere, ma lui sembrò felice di allontanarsi da noi. Come se sapesse già cosa doveva dirmi mio padre. Lui attese che Seth fosse uscito per parlare.
«Jake, una Cullen? - niente giri di parole, Billy era fatto così - Una Cullen nella riserva? Sei impazzito?»
«No, papà. E non è un vampiro, per cui...»
«E' comunque una Cullen. Rientra nel patto. E poi chi ti dice che...»
«Papà, stammi a sentire - ero deciso a fargli capire che non avrei rinunciato a Nessie, ora che l'avevo trovata - Lei oggi verrà qui. Non è un vampiro, di questo sono sicuro. Non vuole farci del male. E' sola. E io la amo.»
«Jake la conosci da poco più di dieci giorni!»
«Ma perché con tutti quelli che hanno avuto l'imprinting questo discorso non lo fate? Perché devo sorbirmi Seth che mi rimprovera con lo sguardo ogni volta che prendo in giro Sarah? Perché devo venire alle mani con Paul ogni volta che sono nervoso e rispondo male a mia sorella?»
«Jacob, ma...»
«Niente ma, papà. Io la amo, e lei ama me. Non so quanto durerà, ma so che non voglio togliermi questa possibilità di essere felice. Avete rotto finora perché non mi trovavo una donna e non mi sistemavo. E ora che l'ho trovata, che fate? Cercate una montagna di scuse e di problemi. Senza fondamento. Sono io quello a rischio. Quello che si sta mettendo in gioco. Non sono affari vostri. Se ti sta bene, è così. Se no da domani mi cerco una casa»
«Sai che quello che voglio è che tu sia felice» mi rispose lui.
«E allora, per favore, stai dalla mia parte»
«Va bene, Jake. Avrò fiducia in te. Ma promettimi che starai attento»
«Papà. Ho ventotto anni!»
«Sì, appunto. A diciassette mi hai dato due nipoti!»
«Papà!» balbettai imbarazzato. Non mi aveva mai fatto lezioni di educazione sessuale. E non mi sembrava proprio il caso che me ne facesse a ventotto anni. Ma aveva ragione. Dovevo starci più attento. Il problema è che le donne sembravano volermi solo quando non ero preparato! Anche la notte prima. Non avevo pensato che sarebbe finita in quel modo.Volevo solo vederla, perché avevo bisogno di lei. Non pensavo che ci sarei finito a letto insieme. Che avrei fatto l'amore con lei. Eppure era successo. E non avevamo usato precauzioni. Ero proprio un dannatissimo e fottutissimo idiota.
«Jacob, a che pensi?» mi chiese mio padre.
«A niente, papà. Mi daresti una mano ad apparecchiare?» gli domandai, tanto per sviare il discorso da me.
«Va bene, Jake. Va bene» mi rispose, rispettando la mia tacita volontà, anche se avevo la sensazione che la tregua non sarebbe durata a lungo.

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