Insieme (Pov Jacob)

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Jacob

«Nessie, andiamo?» chiesi, aprendo la porta della mia camera. La vidi seduta sul mio letto, con lo sguardo alla finestra, così mi sedetti vicino a lei, preoccupato di averla sentita sospirare.
«Cos'hai, amore?» le chiesi. Lei si spinse con la schiena sul mio petto, e sospirò di nuovo.
«Vorrei che questa sensazione di pace durasse per sempre» mi rispose.
«Perché non dovrebbe durare?» Sospirò ancora.
«Perché tra poco andremo a casa mia, e tu ti arrabbierai di nuovo»
«E tu sarai lì, pronta a ricordarmi che quello che vuoi è semplicemente pace - le dissi - Hai paura?» Cercai le sue mani, strette in grembo, e vi appoggiai sopra le mie.
«Non per me. Non per noi. So che resteremo uniti qualsiasi cosa accada. Me l'hai dimostrato. Io ho paura che questa situazione possa creare una frattura insanabile con loro. Per quanto male ti abbiano fatto, per quante cose mi abbiano nascoste... sono sempre la mia famiglia»
«Non sono disposto a perdonare tua madre, se è questo che mi stai chiedendo» volevo bene a Bella, e in un certo senso ero contento che fosse ancora in "vita", ma quello che aveva fatto non era qualcosa su cui potessi passare sopra senza pensarci due, tre, quattro milioni di volte.
«Non è quello che ti stavo chiedendo. Solo... non impormi di scegliere tra te e loro. Rimarrei con te, perché ti amo e non posso vivere senza di te, ma...»
«Ma ne soffriresti»
Aveva ragione, erano la sua famiglia. Non potevo e non volevo chiederle di scegliere tra me e loro. Non le avrei mai fatto del male in quel modo. L'importante era che loro non mettessero di mezzo i miei bambini.
«Sì, ne soffrirei» mi rispose, sussurrando a testa bassa, come se stesse confessando un orribile delitto. Con un dito sotto il suo mento la obbligai a sollevare lo sguardo, e la guardai negli occhi.
«Non avere mai, e dico mai, paura di dirmi quello che pensi. Qualunque cosa sia, la affronteremo insieme, va bene?» le chiesi, prima di baciarla. Mi abbracciò stretto, con le braccia intorno al collo. Rimanemmo in quel modo, in silenzio, per qualche minuto, poi sciogliemmo quell'abbraccio.
«Andiamo?» le chiesi, alzandomi dal letto e tendendole una mano con un sorriso in viso.
«Non... non sei arrabbiato?» mi chiese, e fu in quel momento che mi resi conto del patrimonio genetico in comune tra lei e Sarah.
«Perché mai dovrei essere arrabbiato? Hai tutto il diritto di chiedermi di non importi di scegliere tra me e loro» Mi inginocchiai davanti al letto, lei era ancora seduta, e in quel modo riuscivo a guardarla negli occhi senza ulteriori sforzi.
«Non volevo... sembrarti egoista»
«Pensavo l'avessimo superata quella parte - le risposi - Non potrai mai essere egoista, Nessie, non ai miei occhi. Sarei io l'egoista se ti chiedessi di scegliere. Era una richiesta lecita. Una richiesta giusta. Una richiesta che vuole il bene di tutti. Tuo, mio, e della tua famiglia»
«Grazie, Jake. Non riesco a capire cosa ho fatto per meritarti»
«Mi ami?» le chiesi, fissandola intensamente negli occhi.
«Ogni giorno di più» mi rispose, seriamente.
«Tanto da sopportarmi ogni giorno che verrà?»
«Sì»
«Tanto da sopportare la curiosità delle due belve che chiamo figli?» Si lasciò sfuggire un sorriso.
«Tanto da voler restare con me per sempre?»
«Sì, Jake. Sì.»
«Questo è quello che hai fatto per meritarmi» le dissi, posando un dolce bacio sulle sue labbra.
«Sei un angelo, Jake»
«No, sono un licantropo. E stiamo facendo tardi per l'appuntamento che abbiamo preso con i tuoi»
«Ha dell'incredibile, il licantropo fidanzato con la figlia dei vampiri» disse, mentre si alzava per seguirmi.
«Fi-fidanzato?» sussultai a quella parola. Non che non avessi pensato al matrimonio, ma... non era ancora un po' presto per parlarne?
«Beh, dopo quello che abbiamo fatto, e con la concezione medievale che mio padre ha della vita, mi stupirebbe se a casa mia non ci fosse un sacerdote pronto a sposarci!» disse sghignazzando soddisfatta. Scoppiai a ridere anche io. Conoscendo Edward e le sue "teorie" una cosa del genere poteva essere plausibile.
«Dici che mi devo preoccupare seriamente?» le chiesi, con le lacrime agli occhi per il troppo ridere.
«Solo se li vedi comparire sulla porta con lo smoking!»
«Ok, allora andiamo. E se li vediamo in smoking, passiamo a prendere Sarah e Ethan a scuola e partiamo per l'Europa»
«Ci ritroverebbero in meno di due giorni, hanno troppi agganci»
«Con te ci hanno messo più di due settimane»
«Di me sapevano dov'ero fin dall'inizio. L'avevo detto a zia Alice» La guardai sorpreso. Quello non me l'aveva mai detto.
«Jake, la zia è stata l'unica a credere in noi fin dall'inizio. Non potevo lasciarla a casa a tormentarsi per la mia fuga. Considerato anche che la volontà di scappare c'era da tempo, ma la decisione l'ho presa quando lei mi ha detto che avevo due fratelli. O meglio, quando si è lasciata sfuggire che avevo due fratelli»
«Quindi tu non sei venuta qui per me?» le chiesi. Mi stavo rattristendo.
«Sarei venuta. Non subito. Non ora. Ma l'avrei fatto. I miei sentimenti per te continuavano a crescere di notte in notte, di giorno in giorno. Non credo sarei sopravvissuta ancora a lungo senza averti. Ma la molla che mi ha fatto scattare è stato sapere che quello che avevo sempre desiderato l'avevo e nessuno me lo aveva mai detto»
«Quali erano i tuoi desideri?»
«Dei fratelli. Ci sono rimasta così male quando il nonno mi ha spiegato che non ne avrei potuti avere. Un principe azzurro, come nelle fiabe. E l'ho trovato, anzi, l'ho sempre avuto. Un papà più moderno. Ma purtroppo con lui non posso fare niente.» Risi a quell'ultima affermazione, che aveva fatto con il tono di una bambina imbronciata, e mi chinai a baciarla.
«Va bene, amore. Ora andiamo, altrimenti il tuo papino antico completa l'opera di ieri notte»
«Ci deve solo provare» disse minacciosa, mentre uscivamo di casa. I dieci minuti in macchina - quando non c'erano i bambini tornavo alle sane pessime abitudini di quando ero ragazzo, in quanto a guida spericolata - li passammo a chiacchierare del più e del meno. Arrivammo di fronte a casa Cullen sorridenti e felici. Non c'era nessuno sulla porta, era un buon segno?
«Siamo in ritardo?» chiesi.
«Perché me lo chiedi?»
«Di solito mi aspettano sulla porta»
«Credo che per oggi fingeranno di essere una famiglia normale, con una figlia normale che porta a casa il suo fidanzato normale. E che apre la porta in maniera normale, dopo che chi li va a trovare suona il campanello»
«E in tutto questo tua nonna ha deciso di preparare un pranzo normale?»
«No, un pranzo speciale» mi rispose ridendo.
«A base di sangue?» chiesi, rimanendo sullo scherzo.
«Scemo!» rispose lei, scendendo dall'auto. La seguii. La raggiunsi. Le presi la mano.
«Se mi devi presentare come fidanzato almeno entriamo per mano» le dissi, sorridendo.
«Ti diverti un mondo ad irritarlo, vero?»
«Ma di che parli?» le chiesi, fingendomi offeso. Ma aveva ragione, mi dava un'enorme soddisfazione stuzzicare suo padre in quel modo.
«Come se non lo sapessi» mi rispose Edward, che finalmente era venuto ad accoglierci.
«Ciao, papà!»
«Ciao, tesoro» disse, fissando insistentemente la mano di Nessie nella mia.
E' inutile che fissi, non ho intenzione di lasciarla. E, per sottolineare la mia volontà, la strinsi a me, circondandole le spalle.
«Jake?» mi richiamò Nessie.
«Sì, amore?» risposi, calcando volutamente sulla parola amore.
«Pace» mi disse lei, sorridendo. Sbuffai, mi stavo veramente divertendo.
«Ok»
«Entriamo?»
«Entriamo» Seguimmo Edward in casa. Ci attendevano tutti nel salotto. Beh, tutti tranne Seth e il dottore.
«Come sta Seth?» chiesi preoccupato, prima che chiunque potesse aprire bocca o muoversi. Se gli era successo qualcosa avrei dovuto avere a che fare con mia figlia. E non sarebbe stata affatto una cosa piacevole.
«Sto bene, Jake! - disse una voce dietro le mie spalle - Ero di sopra a fare gli ultimi controlli con Carlisle!»
«Seth!» urlò Nessie, liberando la sua mano dalla mia e saltandogli al collo per salutarlo. Capii come si doveva essere sentita Sarah quella mattina. Nessie mi lanciò un'occhiata, e subito si fiondò al mio fianco, afferrando la mia manona tra le sue piccole mani.
«Io amo solo te» mi sussurrò nell'orecchio, arrampicandosi sulle mie spalle. Mi tranquillizzai immediatamente. La sua voce nelle mie orecchie, la mia mano tra le sue. Era tutto quello che mi serviva per essere in pace. Qualcuno si schiarì la voce rumorosamente.
Emmett.
«Capisco che a furia di stare con il branco le tue maniere siano peggiorate a dismisura, ma potresti almeno salutarci!» disse Jasper. Non l'avevo mai sentito parlare. Perlomeno non spontaneamente, e non quando l'argomento non erano combattimenti o affini.
«Zio Jazz!»
Nessie si tuffò tra le sue braccia come aveva fatto con Seth. Capii che quello era il suo modo di salutare le persone a cui voleva bene. E che non mi dovevo ingelosire. Edward mi scrutava, tendendo Bella stretta a sé. Nessuno, a parte loro, sembrava aver ancora fatto caso a me.
«Ehi, signorina! Saluti solo lo zio Jazz? E per lo zio Emm che è stato preoccupato per te tutto questo tempo?»
«Lo sai che voglio un mondo di bene anche a te!» disse, passando dalle braccia di uno zio a quelle dell'altro, che la afferrò saldamente, stritolandola in un abbraccio.
«Senti, nipotina... Ci sei stata attenta vero, con quel coso lì? Non vorrei trovarmi cuccioli in giro per casa troppo presto!» Ingoiai rumorosamente. Edward sussultò. Qualcosa in comune l'avevamo ancora. Suo fratello metteva in imbarazzo entrambi.
«Sì, zio, ci siamo stati attenti, ma adesso ti dispiacerebbe mettermi giù?» gli rispose Nessie, apparentemente senza alcun imbarazzo. Edward sorrise. Sorrideva per la prima volta da quando eravamo lì. Ma avevo una domanda. Non si erano visti la sera prima? Perché si stavano salutando come se non si vedessero da mesi?
«Perché ieri sera sono corsi a salvare te e non l'hanno potuto fare» mi rispose il succhiasangue che preferivo.
«Faccio finta di non aver colto l'ironia»
«Jake?» mi riprese Nessie senza neanche guardarmi.
«Sì, lo so. Pace» sbuffai, sorridendo forzatamente a Edward e Bella. Nessie passò tra le braccia di Alice e Rose, prima di finire in quelle di Esme e Carlisle. Strano che Bella non avesse ancora mosso neanche un passo. E strano che non avesse neanche aperto bocca. Dopo essersi goduta le coccole della sua famiglia, Nessie tornò tra le mie braccia.
«Mi sei mancata» le dissi, baciandola proprio vicino all'orecchio.
«Potresti evitare davanti a me?» Fissai Edward mentre indugiavo con le labbra sul collo di Nessie.
«Jake?» mi richiamò di nuovo lei. Mi staccai e sorrisi.
«E' più forte di me!»
«Lo è sempre stato» Le prime quattro parole di Bella da quando avevo messo piede lì.
«Sì, hai ragione» le risposi, stringendo la mano di Nessie. Mi dava sicurezza. Mi trasmetteva serenità. Mi rendeva felice.
«E' nata per questo» mi rispose Edward.
«Che significa?» chiesi.
«Ti dispiace se rimandiamo le spiegazioni a dopo, Edward? Si raffredda il pranzo» Esme. Le sue premure erano sempre state strane, per un vampiro. Ma le avevo sempre gradite. In quel momento però mi risultarono fastidiose. Volevo sapere.
«Ha ragione Esme. Avremo tutto il tempo dopo» Cosa mai potevo aspettarmi da lui? Era un vampiro, no? Il melodramma al primo posto. C'era da ammettere che era un maestro della suspense.
«Grazie»
«Di cosa?» chiese Nessie.
«Niente, lo stavo prendendo in giro tra me e me, e deve aver scambiato qualche commento per un complimento»
«Davvero?»
«Sì, ma adesso andiamo a tavola, perché ho davvero voglia di sapere qualcosa in più su di te, e sul perché tuo padre abbia detto quella cosa» dissi, baciandole i capelli e avviandomi con lei verso il tavolo della sala da pranzo. Apparecchiato di tutto punto.
«Jake?» mi chiamò lei mentre ci sedevamo.
«Dimmi, amore»
«Non so neanche io perché papà abbia detto quella cosa, sono veramente curiosa!»
Mangiammo tranquillamente, ovviamente solo io Seth, e Nessie. Gli altri chiacchieravano del più e del meno, fermamente convinti del fatto che non si dovessero annoiare gli ospiti durante il pasto. Erano più o meno le tre quando Esme portò a tavola il dolce. Perfetto, sublime, come tutto il resto. Io e Nessie avevamo mangiato tenendoci per mano. Come quella volta che era venuta a casa mia. Sorrisi, ripensandoci. Bella non aveva parlato molto. Sembrava quasi in imbarazzo. Dopo la scenata della sera prima, lo sarei stato anche io.
Ma come le era saltato in mente...
«Jake, non ci pensare» mi sussurrò Nessie. Leggeva anche lei nel pensiero come suo padre? La fissai meravigliato. Lei sollevò leggermente le nostre mani intrecciate.
«Non leggo nel pensiero, hai istintivamente stretto la mia mano»
«Ti ho già detto che ti amo?»
«Più o meno un milione di volte oggi - sulla mia faccia si formò quella che doveva essere un'espressione offesa, ma doveva risultare anche buffa, dato che Nessie scoppiò a ridere - Ma non mi basta mai!» Sorrisi anche io.
«Il premio per Mister Melassa va... a Jacob Black, signori e signore!» ironizzò Seth. Lo lasciai perdere, in fondo quante volte avevo ironizzato io sul suo rapporto con mia figlia?
«Seth, non mi hai ancora chiesto come sta Sarah!» gli dissi.
«L'ho sentita stamattina al telefono, c'eri anche tu, no?»
«Già, ma non mi sembra che ti abbia raccontato proprio tutto...»
«In che senso? Che le è successo?»
«Jake, sei pessimo» mi disse Nessie, che aveva capito dove volevo andare a parare.
«Niente di grave. Diciamo solo che ha fatto una mezza scenata di gelosia alla qui presente Nessie... per te»
«Aspetta... hai detto che Sarah... è gelosa... di me?» appena il tempo di metabolizzare il concetto, che sul suo volto si formò il tipico sorriso della pubblicità dei dentifrici.
«Adesso chi è Mister Melassa?» gli dissi, suscitando l'ilarità di tutti. Non era mia intenzione far sapere a Bella dei bambini più di quanto non le avesse già permesso di scoprire Nessie. Ma tanto quello l'avrebbe saputo da Edward, ero sicuro che Nessie ci aveva pensato, quando aveva notato la mia reazione al suo saluto a Seth.
«Ce lo siamo giocati?» chiese Emmett.
«Si riprenderà in una mezz'oretta. Giusto in tempo per andare a prendere i bambini a scuola»
«Fa ancora da babysitter ai gemelli?» chiese Bella. Le lanciai un'occhiataccia e non le risposi. Nessie strinse la mia mano. Il gelo cadde sulla tavola. Fu Carlisle a rompere il silenzio imbarazzato che si era creato.
«Credo che sia giunto il momento di spostarci in salotto»
«Non dovremmo sparecchiare, prima, nonno?» Non riuscivo ad affiancare il concetto di Carlisle a quello di nonno. Mi ritrovai a sorridere come un deficiente.
«Ci penserà tua zia Rosalie. Giusto?»
«Certamente» rispose lei. In meno di nove secondi e cinquantotto centesimi, tempo che al più veloce corridore umano sarebbe stato necessario per percorrere i cento metri piani, Rosalie aveva sparecchiato, lavato i piatti e sistemato la cucina. Ed era pronta per ascoltare le confessioni. La fissai sbalordito.
«Beh, che hai da guardare, cane? Sono curiosa anche io. Sembra che quei tre si scordino che io ed Emmett non abbiamo superpoteri» disse indicando con la testa Edward, Bella ed Alice. Eravamo seduti sui bianchi divani del salone. Edward e Bella, uno di fianco all'altro, si tenevano per mano, come a darsi forza. Avevo il vago sospetto che quello che dovevano dirci facesse loro paura. Era come se temessero che quello che avevano da dire potesse allontanarli ancora di più dalla loro bambina. Erano di fronte a me e Renesmee. Mi sorpresi ad utilizzare il suo nome completo quasi per la prima volta da quando l'avevo conosciuta. Edward incurvò le labbra in qualcosa che somigliava vagamente ad un sorriso, ma che si spense prima ancora di arrivare ai suoi occhi. Alice era appollaiata su un bracciolo del divano dove eravamo seduti io e Nessie. Quello più vicino a me.
Non potei trattenermi dal fare un'osservazione maligna.
«Senti, sorellina, io e te dobbiamo fare un discorsetto» calcai volutamente su quel "sorellina", perché si rendesse conto che il suo tradimento non l'avevo troppo gradito, e che non ce l'avevo solo con i due succhiasangue che avevo di fronte. Jasper era esattamente di fronte a lei, vicino a Edward. Pronto ad usare il suo potere se la situazione fosse diventata troppo "calda". Seth era seduto vicino a Nessie, completamente perso nei suoi pensieri. Carlisle ed Esme, sprofondati in due poltrone, immacolate come il resto del mobilio, attendevano che la discussione iniziasse. Ovviamente loro già sapevano tutto. Emmett, stravaccato nell'ultima poltrona rimasta, teneva sulle sue ginocchia la sua Rose. Aveva un'espressione curiosa dipinta in volto.
«Allora, cosa significavano le tue parole, Edward?» Visto che nessuno si decideva a parlare, presi l'iniziativa. Non gli spiegai a quali mi stavo riferendo. Né tantomeno lui lo chiese. Memoria perfetta, cose da vampiri, e soprattutto non c'erano altre sue parole delle quali volessi conoscere il significato.
«Esattamente quello che ho detto. Lei è nata per te» disse, fermandosi perché assimilassi il contenuto di quella frase. Non capivo ancora. E lui lo seppe subito, dato che mi leggeva nel pensiero.
«Avere il potere di Renesmee in questo momento mi sarebbe utile. Trovare le parole per descriverti il suo concepimento è piuttosto difficile»
«Sorvolando sul fatto che un po' di biologia a scuola l'ho studiata anche io, so come nascono i bambini. Ne ho due» lo interruppi, con un commento sarcastico.
«Questa te la passo, anche perché hai ragione. Non ho scelto le parole adatte. Non devo descriverti il suo concepimento, ma le circostanze che ci hanno portati - e lì strinse le mani di Bella - ad esso»
«Bella era ancora umana quando...»
«Un momento - lo interruppi di nuovo - Bella era ancora umana? Significa che non l'hai salvata rendendola come... come voi?»
«Oh, andiamo botolo! - mi rispose un'irritata psicopatica - Renesmee è per metà umana, da dove pensavi fosse uscita così? E poi devo ricordarti che noi non possiamo avere figli?»
«Poteva essere una cosa da neonati, che ne so, se lei ha circa dieci anni non deve essere nata molto dopo che ve ne siete andati da qui» le risposi. Ma sapevo che mi stavo arrampicando sugli specchi. Sapevo perfettamente che Bella era ancora umana quando era nata Nessie. Emmett mi prese in giro, smorzando la tensione degli ultimi istanti, imitando il rumore di mani sullo specchio.
«Mi fareste continuare? - chiese Edward - Dicevo che Bella era ancora umana. Era una sera di dieci anni fa, e, Jacob, hai ragione, ce ne eravamo da poco andati da Forks. Fissava un punto indefinito fuori dalla finestra, e aveva un'espressione triste. La vedevo nel riflesso del vetro. Mi avvicinai a lei, e le chiesi cosa avesse. Sulle prime mi rispose che non aveva niente, ma poi...»
«Edward, taglia corto e arriva al punto»
«Ci stavo per arrivare. Poi mi spiegò che le mancavate tu e i bambini. Quella notte, mi pentii di averle chiesto di seguirmi. In più, mi sentivo in colpa verso di te, perché tu ti eri fidato di me, avevi lasciato la sua vita nelle mie mani, permettendomi di salvarla, ed io ti avevo pugnalato alle spalle» Siete proprio una bella coppia. Inclini alle lacrime di coccodrillo entrambi. Aspettai che il mio pensiero giungesse al bersaglio.
«Forse hai ragione, ma è stato con quei pensieri che...» si interruppe imbarazzato.
«Edward, ne abbiamo parlato mille volte - gli disse saccente Emmett - si chiama "fare l'amore". Su, ripeti con me. "Fare l'amore"» Emmett ci sguazzava in quelle situazioni. Si vedeva che si divertiva un mondo a sfottere il fratello.
«Quindi tu mi stai dicendo che Nessie è nata con quella specie di fissazione per me perché tu e lei volevate che fosse così?»
«Me l'avete tenuto nascosto per così tanto tempo? Caspita, papà! Voi sapevate che io lo amavo. Sapevate quanto desideravo conoscerlo. E non solo mi avete nascosto che esistesse veramente. "E' solo un sogno, Renesmee. Torna a dormire" - disse, imitando la voce di sua madre - Mi avete anche nascosto il fatto di sapere perfettamente che io ero destinata a lui, da sempre!»
Nessie sembrava sconvolta. Quasi più di me. In effetti nella sua ottica c'erano ancora più motivi per esserlo.
«Per discolpare tua madre, lei l'ha saputo solo pochi giorni fa. Da tua zia Alice»
«Era una mia teoria, che tuo padre non ha mai gradito molto» disse lei prendendo la parola
«Zia, tranquilla, non ce l'ho con te»
«No, Renesmee. Devi ascoltarmi, perché quella teoria l'ho ideata prima ancora che uscissi dal grembo di tua madre. E te l'ho taciuto. Sapevo dei tuoi sogni da anni, ma non mi ero mai decisa a dirti tutto, avevo sperato che lo facessero loro, ma non succedeva, e non sembrava voler succedere. E' stato solo quando... in un momento di debolezza... ho chiamato Seth per sapere come stesse Jacob -fissai sbalordito Seth, che scattò in piedi borbottando qualcosa come "scusa" e "devo andare a prendere Sarah e Ethan a scuola" fuggendo, di fatto - che mi sono decisa a dirti tutto. Sapere che lui ancora soffriva per la morte di Bella. Che si sentiva in colpa per una cosa che non era mai avvenuta. Che non si permetteva di tornare a vivere. E' stato quello che mi ha fatto decidere. E ti ho detto tutto. Dei tuoi fratelli mi è sfuggito. Pensavo che fosse più giusto che te ne parlasse tua madre. Ma se questi sono i risultati, sono felice che mi sia sfuggito» Io e Nessie ci eravamo stretti ancora di più l'uno all'altro, se possibile. Quelle verità ci stavano travolgendo come un treno in piena corsa. Non riuscivo più a spiccicare mezza parola. Fu a quel punto che parlò Bella.
«Jacob. Mi dispiace averti fatto soffrire così tanto. Ma pensavo davvero che fosse la cosa migliore per tutti. Per te, per i bambini. Pensavo che dopo qualche tempo saresti riuscito a ricostruirti una vita. E pensavo che ci saresti riuscito anche senza di lei. Se lei ti fosse venuta a cercare, il tuo mondo sarebbe crollato, come in effetti è successo. E io non volevo che il tuo equilibrio si rompesse»
«Bella, te l'ho detto ieri sera. Sei una maledettissima egoista. Hai fatto soffrire tutti. Me, tua figlia, tuo marito. Perché dicendogli che ti mancavamo hai inevitabilmente fatto soffrire anche lui. Hai fatto soffrire la tua famiglia acquisita, che è stata costretta ad abbandonare tutto per un tuo capriccio. Hai fatto soffrire i tuoi figli, che ringraziando il cielo non si ricordano di te. Perché se c'è una cosa buona in quello che hai fatto, è che loro non ti ricordano. Non hanno la più pallida idea di chi tu sia. E se sanno che faccia hai è solo per le foto che ho raccolto in un album. Se sanno chi sei, meglio chi credevo che fossi, è solo perché io ho parlato loro di te» Le mie parole la colpirono in pieno volto come degli schiaffi. Pungenti, dure, come avevo voluto che fossero, penetrarono nel suo cuore fermo e ghiacciato, dando vita sul suo volto ad un'espressione di pura sofferenza.
«E non fare quella faccia. Ti eri augurata che succedesse, beh, è successo. E' l'unica cosa buona che hai fatto - tornai a ripeterle - perciò, prima che tu me lo chieda un'altra volta, no, non te li farò mai vedere. Non parlerai mai con loro, né tantomeno li toccherai mai più. E con questo, il discorso per me è chiuso» scattai in piedi, lasciando lì Renesmee. Che non provò neanche a richiamarmi come aveva fatto per tutta la durata della visita. Sapeva che avevo tutte le ragioni per essere infuriato.
«Nessie, amore. Sai che non ti chiederò mai di rinunciare a loro. Sono la tua famiglia. Ma, ti prego, quando vorrai venirli a trovare, qui, o da qualsiasi parte saranno, non mi chiedere di accompagnarti. Non voglio più avere niente a che fare con loro. Anzi, con alcuni di loro» dissi, sorridendo ad Alice. Ero arrabbiato con lei per quello che aveva fatto tempo prima, ma aveva saputo riscattarsi. Mi aveva mandato il mio angelo, la mia salvatrice. La donna che amavo come non avevo mai amato nessun altro. Nessie si alzò in silenzio, mettendo la sua mano nella mia e seguendomi.
Ci avviammo verso la porta, in silenzio. Non pensavo a niente, avevo svuotato completamente la mia mente. Prima che aprissimo la porta, una frase di Edward giunse alle mie orecchie.
«Amala, proteggila e non farla soffrire» Come se me lo dovesse chiedere.
Uscimmo fuori e salimmo sull'auto. Non aprimmo bocca, né io, né tantomeno lei. Trattenevamo persino i nostri pensieri. Fu solo quando, una volta giunti alla riserva, fummo sicuri che Edward non ci potesse più sentire, che demmo sfogo ai nostri sentimenti.
Le lacrime iniziarono a scivolare sulle guance di entrambi.
E fu in un bacio che trovammo il coraggio di affrontare quello che sarebbe successo poi.

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