Epilogo

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                Sei mesi dopo.


Jacob

«Ahi, Alice! Mi hai piantato uno spillo nel polpaccio!» urlai, saltando sulla sedia, all'ennesima puntura che mi beccavo. Iniziavo a pensare che Alice si divertisse.
«Senti, cagnaccio, se avessi provato il vestito quando dovevi non ci saremmo ritrovati la mattina delle nozze a cercare di sistemare l'orlo di questi pantaloni!»
Era il giorno del matrimonio. Il giorno che aspettavo da tutta una vita.
Casa mia era sottosopra. Da due notti ero costretto a dormire in casa con mio padre, perché rispettassimo la tradizione, mentre Renesmee era sorvegliata da Sarah.
La cerimonia si sarebbe tenuta nel nostro giardino, rimesso a nuovo per l'occasione. L'erba era stata tagliata, alcuni cespugli di rose bianche riempivano l'aria del loro profumo, e queste erano solo due delle mille modifiche che, ero sicuro, Alice aveva messo in atto per l'occasione.
I miei rapporti con i Cullen erano migliorati, e questo era dovuto in parte al fatto che Sarah ed Ethan non avessero più bisogno di essere protetti. Andavano a trovarli quando volevano e spesso anche senza di me. Non avevo paura che il loro ritrovato rapporto con Bella guastasse quello che io avevo con loro. Ero contento perché finalmente stavamo ritornando ad essere una famiglia, o forse lo stavamo diventando, visto che non lo eravamo mai stati.
«A che pensi?» mi chiese.
«A quello che è successo negli ultimi nove mesi» risposi.
«Credevi che le cose sarebbero potute andare così bene?»
Scossi la testa. Se mi avessero chiesto cosa sarebbe successo quando avevo scoperto la reale identità della mia Nessie non avrei mai detto che sarebbe finita così. In quel momento non avrei mai pensato che mi sarebbe stato possibile amarla, figuriamoci sposarla. C'erano di mezzo troppe cose: i bambini che non dovevano soffrire scoprendo della madre ancora in vita, Charlie, e me stesso.
Ero contento che i ragazzi si stessero pian piano riavvicinando a Bella. Erano ancora un po' titubanti nel concederle la loro piena fiducia, ma parlavano con lei, le raccontavano quello che succedeva loro, la trattavano come una zia.
Ecco sì, erano arrivati al punto di non fare differenze tra lei e Rachel. Emily e Leah rimanevano ancora un gradino sopra ad entrambe.
Emily. Aveva dato alla luce una splendida bambina pochi giorni prima. Judith Salome Uley aveva visto la luce in una splendida mattinata di fine maggio. Speravo vivamente che sarebbe stata presente al mio matrimonio. Ethan e Seth erano i miei testimoni. Alice e Sarah le damigelle di Renesmee.
Alice aveva fatto molto in quei sei mesi per farsi perdonare del silenzio durato dieci anni. Avevamo parlato a lungo, e avevo finito con il perdonarla. Quella era la sua famiglia, probabilmente avrei fatto lo stesso se mi fossi trovato nella sua situazione.
«No, non avrei mai creduto possibile tutto questo, Alice!» affermai sorridendole.
«Ecco fatto - disse, terminando di mettere un punto all'orlo dei pantaloni - Ora sei veramente perfetto, nipotino acquisito!»
Mi indignai per quella presa in giro, ma non potei lamentarmi, perché qualcun altro arrivò nella stanza.
«Menomale che hai finito, piccola pulce perfezionista! - era Seth, che si guadagnò un'occhiataccia da parte di Alice - Renesmee è pronta, o almeno così mi ha detto Sarah, rischiavamo quasi che la sposa arrivasse prima dello sposo, se continuavamo così!»
«Allora io vado da lei, sicuramente ci sarà qualcosa da perfezionare!» affermò Alice andandosene con un passo di danza.
Non appena fu uscita, Seth scoppiò a ridere. Anche per lui le cose erano notevolmente migliorate. Non nel rapporto con Sarah, quello no, era in una fase stazionaria. Lui aveva deciso di lasciare tutto in mano a lei, non avrebbe più fatto un passo verso di lei, se non avesse ricevuto un segnale chiaro.
Fino a quando lei non si fosse dichiarata innamorata di lui.
Aveva deciso di poter aspettare per tutta l'eternità.
E, ancora più importante, aveva deciso di non pensarci. Era difficile quando se la trovava di fronte, ed era un incubo quando si addormentava e la sognava in continuazione. Era il suo imprinting, non gli era possibile dimenticarla, ma cercava di tenere la sua mente occupata, tra il lavoro e il suo nuovo impegno come beta. E sembrava funzionare. Non si permetteva più di deprimersi.
«Ehi, sposo, come va?» mi chiese.
«Non saprei, tra un'oretta avrò perso la mia libertà. Non potrete più prepararmi appuntamenti al buio. Non che mi dispiaccia, ma mi chiedevo se non dispiaccia a voi impiccioni!» gli dissi, dandogli una pacca sulle spalle.
Il periodo degli appuntamenti al buio sembrava trascorso da un sacco di tempo, e invece non era passato neanche un anno da quando l'arrivo di Nessie aveva interrotto quella tradizione.
«Dovremo trovare qualcun altro su cui far sfogare tua sorella e Leah!» convenne lui, scoppiando a ridere.
«A proposito di Leah... lei ed Embry hanno finalmente fissato una data?» chiesi. Distrarmi dal mio matrimonio mi aiutava a non cercare tentativi di fuga. Ma ci avrei veramente pensato anche se Seth non fosse stato lì? La risposta era più che ovvia. Non ci avrei minimamente pensato.
Renesmee Carlie Cullen era tutto ciò che volevo nella mia vita.
«Metà settembre. Il giorno non è ancora preciso, ma almeno hanno deciso il mese. Se continuano così a mamma verrà un infarto»
«Organizzerà Alice per caso?» chiesi incuriosito.
«Sì, le hanno chiesto una mano, perché?»
«Perché solo con il suo aiuto potranno organizzare un matrimonio in tre mesi!» risposi, ridendo.
«Ah, ma siete qui!» disse Ethan, facendo capolino dalla porta sul retro.
«Ci cercavi?»
«Considerato che dovresti già essere all'altare, visto che Nessie è più che pronta e gli invitati sono tutti sistemati, sì, vi cercavo!»
«Hai ritirato le fedi?» gli chiesi, improvvisamente agitato.
«Dubiti di me, papà?» mi rispose, mentre si sistemava il papillon di fronte allo specchio.
«No, ma è veramente ora?»
«Sì» rispose, serafico.
Cinque minuti dopo, ero davanti all'altare ad aspettare la mia dolcissima futura sposa.
La marcia nuziale, suonata magistralmente da un quartetto d'archi ingaggiato per l'occasione, annunciò l'ingresso della mia quasi moglie.
Preceduta da mia figlia e da Alice, che avanzavano lentamente, Renesmee uscì dalla rimessa al braccio di Edward. Il vestito che indossava ne sottolineava la figura esile e formosa allo stesso tempo, allargandosi a partire dalle ginocchia, per formare una piccola coda sul fondo.
Ma la meraviglia che prendeva il nome di Nessie non aveva bisogno di vestiti che ne sottolineassero la figura per essere ritenuta bella da tutti. Certo, in quel modo era sbalorditiva, ed era mia, o almeno lo sarebbe stata dopo poco per tutta l'eternità.
Non avevo occhi che per lei, e fu a lei che rivolsi le mie parole, quando Edward mi passò la sua mano, dicendomi di averne cura.
«Sempre, da oggi e per tutta l'eternità» fu la mia risposta.
La cerimonia fu troppo lunga per i miei gusti, le mie braccia desideravano stringere la mia neo-moglie lontano dagli occhi indiscreti del mondo. I baci che ci scambiammo per tutto il ricevimento non fecero altro che alimentare questa mia fame, già scatenata da due giorni di digiuno obbligato.
E Renesmee, mia moglie finalmente, sembrava saperlo, visto che le sue mani scendevano casualmente a sfiorare il rigonfiamento dei miei pantaloni, ogni volta che mi avvicinavo a lei. Fu mentre ballavo stretto a lei che l'erezione arrivò ad essere evidente, tanto da scatenare le sue risate.
«Amore, vogliamo fare qualcosa per quello?» mi chiese, con voce sensuale, arrampicandosi sulle mie spalle.
«E dove?» le risposi. L'assenza degli sposi non sarebbe di certo passata inosservata, specialmente prima del lancio del bouquet e della giarrettiera.
«Seguimi - mi disse. Lanciai un'occhiata dietro le spalle - Dai... se ci sbrighiamo nessuno noterà la nostra assenza!»
Lasciai che mi trascinasse dove voleva, la mano stretta nella sua, mentre attraversavamo i boschi e ci dirigevamo velocemente verso casa Cullen.
«A casa dei tuoi? Questa sarebbe la tua idea di privacy?» le chiesi, sorpreso.
«Non ti sto portando dentro casa, infatti» disse, sottolineando quelle parole con una deviazione verso il garage. Dentro, una sola auto oltre al pick up.
«Apri lo sportello della Volvo» mi ordinò, con la voce più sensuale che le avessi mai sentito. O forse pensavo che lo fosse solo perché ormai ci appartenevamo.
Ma chi andavo prendendo in giro? Noi ci appartenevamo da mesi, anzi, da anni. Ora la cosa era solo stata ufficializzata.
«Nessie, nella macchina di tuo padre...»
«Jake... avrei pensato che un po' di rischio ti piacesse! - disse ridendo, e accentuando la risata dopo aver notato la mia faccia sbigottita - Ci servirà solo per poggiare gli abiti. Non noteranno la nostra assenza, ma di sicuro dei vestiti sporchi attireranno l'attenzione di tutti!»
«Cosa vorresti fare allora?»
«Finire un discorso che avevamo lasciato in sospeso troppo tempo fa» disse, indicando il pick up con un cenno della testa.
Capii immediatamente quello che voleva, e smisi con le mie titubanze. Le mani scivolarono dalle sue spalle scoperte alla sua schiena, fermandosi a giocare con il primo bottone del vestito, e giù, lentamente, fino all'ultimo. La aiutai a sfilare il vestito dalla testa, lasciandola con le sole mutandine di pizzo, le scarpe con il tacco alto e le calze autoreggenti di seta.
Niente reggiseno. Il vestito non le permetteva di portarne uno.
Decisi di farla arrivare al punto in cui ero io prima di soddisfare il bisogno che avevo di lei.
La baciai, con passione quasi animalesca, portandola contro il cofano del pick up, e strofinandomi contro di lei, continuando a stuzzicare la sua bocca con la mia e i suoi seni con le mani, fino a quando gemiti di piacere non iniziarono ad intervallare gli ansimi di entrambi. In quel momento, scesi con una delle mani fino al bordo delle sue mutandine, giocando per un po' con l'elastico, prima di entrare nella sua apertura con le mie dita. La trovai bagnata, pronta per me, ed impaziente di accogliermi.
Giocai per qualche minuto con il suo clitoride, strappandole gemiti di piacere sempre più forti, che contribuivano ad aumentare la durezza del mio membro ancora costretto nei vestiti. Fu solo quando la sentii vicina al culmine che ritrassi la mano e iniziai a spogliarmi.
Mentre mi toglievo gli abiti per poggiarli sul sedile dell'auto di Edward, la fissavo, nuda, con la schiena poggiata sul cofano del pick up e con un sorriso seducente in volto, aspettava di fondersi con me per diventare una cosa sola. Fu di nuovo su di lei in pochissimi istanti, questa volta riempiendola di me.
«Jake...» mi chiamò, mentre ci incontravamo per la prima spinta.
«Io...» seconda spinta.
«Ti...» terza spinta.
«Amo» quarta spinta.
Continuò a ripetere quelle parole, intervallandole con gemiti di piacere e baci passionali fino a che non raggiungemmo l'apice insieme. Mentre eravamo ancora uniti, in una posizione scomoda più per lei, che poggiava con la schiena sul pick up e che teneva le gambe avvolte intorno ai miei fianchi, che per me, parlai anch'io.
«Ti amo anche io, e non sai quanto, Renesmee Carlie Cullen»
Quelle parole erano quanto di più vero potessi dire nella mia vita. Io amavo quella donna.
E l'avrei amata per sempre.

Fine

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