Parole (Pov Seth/Jacob)

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Seth

Maledizione.
Avrei dovuto dirglielo prima. Avrebbe dovuto saperlo da me. Ma io non imparavo mai dai miei errori? Dopo quella volta del fidanzamento di Bella ed Edward, mi ero ripromesso di non nascondergli più niente. Almeno niente che riguardasse i Cullen. E invece... Quella telefonata me la ricordavo come se Alice me l'avesse fatta il giorno prima. Ma erano passati cinque anni.

Mi stavo preparando per andare a fare da babysitter ai gemelli. Leah e Rachel avevano combinato l'ennesimo appuntamento al buio a Jake, e non avrebbero tollerato un suo rifiuto, quindi avevano messo in mezzo anche me. A loro cosa importava? In fondo ero io quello che si beccava gli insulti.
Poco prima che uscissi, squillò il telefono.
«Leah, sto uscendo, vai tu?» nessuna risposta. Mia sorella doveva essere già andata da Embry, stavano insieme da poco, ma sapevano come divertirsi. Mi irritavano da morire. Soprattutto mi irritava il fatto di dover rivivere con lui le sue acrobazie con Leah, era pur sempre mia sorella!
Mamma era da Charlie.
Si sostenevano a vicenda, lui non aveva ancora del tutto superato la morte di sua figlia. E lei si stava riprendendo dalla morte di papà. Risposi al telefono.
«Pronto?» dissi annoiato.
«Seth? Oh, menomale, pensavo avrebbe risposto Leah»
«Leah non c'è - risposi meccanicamente - Chi... Alice?» Non avevo riconosciuto subito la voce. Non me l'aspettavo proprio.
«Sì, sono io, Seth»
«Perché mi chiami? Non ti sei fatta sentire per cinque anni, Alice. Sono passati cinque anni da quella notte...»
«Lo so, Seth. Credimi, non è facile neanche per me. Vi volevo bene. Ve ne voglio ancora» Vi. Non si riferiva solo a me.
«Come stai?» mi chiese. Capivo che era difficile per lei, abituata a sapere prima ancora che le cose avvenissero, rimanere all'oscuro di quello che ci era successo in quei cinque anni.
«Bene. Mia sorella è tornata a casa, mia madre si sta innamorando. Sarah è più bella ogni giorno che passa, e la sua dolcezza è infinita. Sono felice, e sereno»
«Sono contenta per te, te lo meriti. E lui... lui, come sta?» Lui. Capii subito che si riferiva a Jacob. Gli aveva voluto bene come a un fratello. Me l'aveva detto una volta.
«Jake... è Jake. Non riesce a perdonarsi»
«Sta ancora male?»
«Male? - chiesi ironico - Ogni anno, da cinque maledettissimi anni, andiamo a trovare Bella nel luogo in cui è morta il giorno del suo compleanno, perché così spera di trovare il suo perdono. Non capisce che il primo a perdonare se stesso deve essere lui, e non riesco a spiegarglielo» Mi ero appena laureato in psicologia, ed ero nella fase in cui dovevo salvare il mondo. La sentii sospirare al telefono. Una vampira che sospirava.
«Digli che... no, non dirgli niente. Fai finta di non aver mai ricevuto questa chiamata. Non avrei dovuto telefonare» Attaccò. Lasciandomi lì a balbettare come un deficiente.

Avrei dovuto dirglielo, altroché. Mi stavo odiando per non averlo fatto, e soprattutto stavo mettendo a rischio un'amicizia che durava da una vita. Non ci avevo mai pensato in tutti quegli anni. Il solo fatto di aver visto Sarah, come prima cosa dopo quella chiamata, la aveva relegata in un angolo della mia mente. Non mi era mai sembrata tanto importante come quel pomeriggio. Perché era stata quella chiamata a cambiare tutto. Se io non avessi detto ad Alice che Jake stava male, a quell'ora loro se ne sarebbero rimasti dov'erano.
Ma era vero anche il contrario. Se io non avessi detto ad Alice che lui stava male, a quell'ora non sarebbe stato con Nessie.
Ma perché non imparavo mai dai miei errori? Era facile parlare con gli altri, cercare di capire e risolvere i loro problemi. Mi aiutava a fuggire dai miei.
Ed ora... come l'aveva presa Jake?
Mi dispiaceva essere fuggito in quel modo, ma c'erano già tanti motivi di tensione in quella casa, e non volevo crearne un altro.
Seth, non nasconderti dietro un dito. Sei un codardo. Punto. Non avevi il coraggio di affrontarlo a viso aperto e sei fuggito. Questa è la realtà. Ed è meglio che impari a conviverci in fretta.
Mentre ragionavo su queste cose, mi resi conto che i bambini iniziavano ad uscire da scuola. Scesi dall'auto che avevo preso in prestito. Se auto si poteva chiamare. Era il pick-up di Bella, quello che Nessie aveva riparato. Tanto lì dov'era non serviva a nessuno, e io dovevo andare a prendere i bambini. Incrociai gli occhi di Sarah mentre scendeva dalle scale dell'ingresso. Appena mi vide, i suoi occhi si illuminarono, riflesso dei miei, e aumentò la sua andatura fino a correre dritta nelle mie braccia. La strinsi forte. Avevo bisogno della sicurezza che solo la sua vicinanza sapeva darmi.
«Sei venuto!» mi urlò lei nelle orecchie, felice di vedermi.
«Una promessa è una promessa, principessa» le risposi, poggiandola delicatamente a terra. Non mi dava fastidio il suo peso, ma non sarebbe passato inosservato se avessi continuato a tenerla attaccata al collo senza mostrare sofferenza. Era pur sempre una ragazzina di quasi undici anni alta un metro e cinquantatre. Come sempre, le madri dei compagni di Sarah e Ethan mi fissarono a lungo. Ero cosciente di essere un bel ragazzo, ma non le vedevo proprio.
Avevo occhi solo per quella intelligente, dolce e bellissima ragazzina che avevo di fronte in quel momento, e che costituiva il mio tutto. Se non avessi avuto niente tranne lei, per sempre, avrei comunque avuto più di quanto avessi mai osato sperare.
«Ci sei venuto a prendere con quel coso?» disse Ethan, fissando il pick up rosso.
«Tua madre lo chiamava l' "affare". Però, per rispondere alla tua domanda, sì, sono venuto con quel coso» risposi, spettinandolo, mentre Sarah mi prendeva per mano, trascinandomi verso il trabiccolo. Salimmo tutti e tre, e avviai il motore. Il frastuono con il quale si mise in moto strappò un borbottio di disappunto a Ethan.
Io sorrisi.
Per la strada chiacchierammo allegramente, della giornata a scuola, del mio lavoro, di Jake e Nessie.
«Non mi dispiace, se fa felice papà» disse Sarah a un certo punto del discorso.
«Lo hai detto a lui?» le chiesi.
«No. Ma l'ho detto a lei» mi rispose furbetta.
«Comunque a papà l'ho detto io» disse Ethan.
«L'importante è che lo sappia. Sapete perfettamente che se vi desse fastidio...»
«Sì, ce l'ha detto anche lui. Ma non vogliamo che si sacrifichi. A noi Nessie va bene. E' una tosta. E sopporta papà»
«Quest'ultima evito di riportargliela»
«Seth, non vorrai mica spifferare tutto a papà?» mi chiese Sarah, mettendo il broncio. Cavolo. Se avevo appena deciso di essere sincero con il mio alfa, dovevo per forza rimangiarmi tutto. Come facevo a deludere lei quando faceva quella faccina dispiaciuta?
«Sono sicuro che gli farebbe più piacere se gli diceste voi quello che pensate».
Con gli anni avevo imparato a gestire il mio bisogno di dare sempre a Sarah quello che voleva e le mie necessità. Mi era servito quel periodo in cui non le ero potuto stare vicino per via degli studi.
Mi era sempre piaciuto studiare, e Jake mi aveva incoraggiato a farlo. Rientravo alla riserva ogni fine settimana, di più non riuscivo a stare, senza vederla. I miei studi. I soldi destinati alla mia istruzione venivano dall'assicurazione sulla vita di mio padre e da un fondo che Charlie aveva destinato agli studi di Bella. Aveva insistito perché li accettassi, dato che i Cullen avevano pagato l'anno di sua figlia e poi lei se ne era andata.
Se ne era andata.
Bell'eufemismo da usare per una persona morta. Ma era la definizione più giusta per quello che aveva fatto Bella. Se ne era andata. Lasciando lì Sarah, Ethan e tutti quelli che le volevano bene a piangere la sua morte. Volevo bene ai Cullen. Ma non mi sentivo di biasimare Jake. Speravo solo che non cedesse alla tentazione di rendere felice Bella ancora una volta.
A farne le spese ne sarebbero stati solo i bambini.
Avevo visto quel giorno a pranzo come era ansiosa di avere loro notizie. E come l'aveva guardata Jake quando si era azzardata a chiederne. No, non avrebbe mai fatto così deliberatamente del male ai suoi figli. Ne ero certo. A costo di mettere a repentaglio la sua relazione con Renesmee.
«Secondo te?» mi chiese Sarah, cogliendomi del tutto impreparato.
«Scusami, non stavo a sentire» le risposi.
«Ci stavamo chiedendo se papà la sposerà» riassunse Ethan.
«Credo che se questa storia durerà abbastanza a lungo lo farà. Non ha mai portato nessuna a casa prima, o mi sbaglio?»
«No, non ti sbagli» mi rispose Ethan annoiato dal discorso. Evidentemente Sarah lo aveva torturato anche tramite il pensiero con quella storia. E lui non ero io. Non era quello che pendeva dalle labbra di una ragazzina di undici anni qualsiasi cosa dicesse. Che la ascoltava rapito anche se parlava di cartoni animati.
«Comunque, non è il momento di preoccuparsi per questo. Sarete sicuramente i primi a saperlo, quando Jake deciderà. Allora, cosa volete per merenda quando arriviamo?» I bambini accolsero quel cambio di discorso con uno strano entusiasmo. Appena arrivati, fermai il pick up davanti alla casa di Jake. Dalla porta uscirono lui e Nessie. Se lei era lì, le discussioni con i Cullen non erano andate poi così bene. Ma neanche così male. Edward le aveva permesso di tornare alla Riserva. Scrutai Jacob in viso, per capire cosa aspettarmi. Nessuna espressione. Non voleva farmi capire.
«Ethan, Sarah. Entrate in casa con Nessie. Io devo parlare con Seth» disse secco.

Jacob

«Ethan, Sarah. Entrate in casa con Nessie. Io devo parlare con Seth» dobbiamo mettere in chiaro un po' di cose, terminai tra me e me. Li vidi mentre facevano quello che avevo detto, stretti a Renesmee.
«Cosa...» Lo interruppi immediatamente.
«Non qui. I loro poteri si stanno sviluppando. Non voglio che sentano quello che devo dirti»
«Che...»
«Ho detto non qui» risposi, lanciandogli l'occhiata più dura che riuscissi a mettere insieme. Camminammo in silenzio per un po', prima di fermarci in mezzo al bosco.
«Come sei riuscito a nascondermi per tutto questo tempo che ti senti con Alice?»
«E' successo solo una volta, e non mi era mai sembrato importante. Solo oggi ho capito quanto in realtà abbia cambiato il corso degli eventi»
«Me l'avresti dovuto dire comunque. Alice ti ha chiamato. Cosa voleva sapere?»
«Come ce la stessimo cavando. Credo che per lei sia frustrante non riuscire a vederci»
«Dopo... quanto ti ha chiamato?»
«Dopo cinque anni. Era quella sera in cui Leah e Rachel ti avevano combinato quell'appuntamento con Carrie... la compagna di scuola...»
«Di Leah... già... quella sera avevi qualcosa di strano, ma quando hai visto Sarah ti è passata subito. L'avevi rimossa»
«Già, mi aveva scosso. Ma tua figlia per me è come il sole, mi basta vederla per dimenticare ogni problema. A proposito... prima hai detto i "loro". Anche Sarah...»
«Stamattina quando ha avuto quella piccola crisi di gelosia ha iniziato a tremare. E non era un tremore di rabbia normale... era quello...»
«Della trasformazione. Sei preoccupato?» rispose. Ma ebbe la sua risposta solo guardandomi negli occhi. Avevamo la stessa espressione di puro terrore.
«Non è per ipocrisia o altro. E' che... sono ancora piccoli, entrambi. E Sarah... non voglio che sia costretta a tutte le rinunce che ha dovuto fare tua sorella...»
«Ma... secondo te... come ho potuto avere l'imprinting con lei se... se era destinata al branco?»
«Non ne ho la più pallida idea, Seth. Non lo so. Ci sono troppe cose in queste leggende che ci stanno sfuggendo. Come la faccenda del mio imprinting. Sono il capo branco, dovrei avere l'imprinting. Invece no. Non l'ho avuto. Ed ora... amo così tanto Nessie che non riuscirei a pensarmi con qualcuna diversa da lei. E questo per l'eternità. Ma... se dovessi incontrare...»
«Sai, Jake, io credo che il tuo imprinting sarebbe stata lei. Se le cose fossero andate in un altro modo, in un universo parallelo in cui tu non avessi avuto dei figli, lei sarebbe stata il tuo imprinting. Ma è proprio questo il punto. Credo che tu non possa avere l'imprinting proprio perché hai già dei figli. Non so come possa succedere, e non saprei come spiegarlo, però penso che la differenza tra l'avere e il non avere l'imprinting sia proprio la progenie» Lo guardai stupito.
«Che vuoi dire?»
«Che non puoi più avere l'imprinting, perché se le cose fossero andate diversamente tu e Bella ora sareste una famiglia, e l'imprinting avrebbe rischiato di mettere a rischio la sua esistenza. Pensi che stia facendo un'ipotesi assurda?»
«Penso che la notte dovresti dormire di più, invece di guardare Sarah che lo fa» gli risposi, ma all'improvviso tutto mi fu più chiaro. Era di nuovo colpa sua. Bella. Mi aveva dato una famiglia, e mi aveva privato della possibilità di trovare la donna della mia esistenza. Eppure mi aveva dato la donna della mia esistenza.
«Non mi nascondere più niente. Alla prima occasione diventerà un ordine alfa, questo. E sai quanto odi imporre la mia autorità» gli dissi.
«Posso andare, ora?»
«Sì, vai»
«Grazie, Jake» Lo salutai con un cenno della mano. Mi aveva dato un sacco da pensare. Mi spogliai, e mi trasformai, tanto ero già in mezzo al bosco. Andai a farmi una corsa. Mi rilassava e mi aiutava a pensare. Come sempre.
Tornai a casa forse un'ora dopo e trovai i bambini al tavolo del salotto intenti a fare i compiti, mentre Nessie preparava loro un dolce per merenda. Posai un bacio sulla testa di Sarah e scompigliai i capelli di Ethan, poi mi avvicinai a Nessie, abbracciandola da dietro e posando un bacio tra i suoi capelli.
«Ti eserciti a fare la mamma?» le chiesi dolcemente.
«Mi sembrava solo carino farlo»
«Grazie» le dissi.
«Di cosa?»
«Di essere così. Semplicemente di esserci»
«Ti amo» mi disse, voltandosi e dandomi un bacio. La strinsi più forte a me, inspirando profondamente perché il suo profumo rimanesse dentro di me.
«Ti amo anche io»

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