Minuti (Pov Jacob)

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Jacob

Sette giorni, ventidue minuti, trentacinque secondi.
Tanto era passato dall'ultima volta che l'avevo vista. Dal giorno in cui le avevo detto "Non ti voglio più vedere".
Lei era in lacrime. Il suo cuore, spezzato. Il mio, anche.
Perché mi aveva nascosto una verità così grande? Perché?
Io mi fidavo di lei. Mi ero innamorato di lei! La amavo anche in quel momento. Seduto sulla sabbia umida a guardare l'oceano. Era completamente buio. Neanche la luna mi faceva compagnia.
Sette giorni, ventitre minuti, cinque secondi.
Passati a chiedermi se quello che mi aveva detto Edward era vero. Se Bella era ancora viva e se veramente Renesmee era figlia loro. Passati ad odiarmi, perché in quei dieci lunghi anni l'unica cosa che mi aveva tirato su di morale era stata sapere di non essere l'unico a soffrire.
Chissà quanto avevano riso alle mie spalle. Battei un pugno nella sabbia.
Sette giorni, ventitre minuti, venticinque secondi.
Passati a rimpiangere le parole che le avevo detto. Perché mi mancava e, se solo non fossi stato così maledettamente orgoglioso, me la sarei andato a prendere. Ma mi doveva chiedere scusa. Io l'avevo accolta nel mio mondo a braccia aperte, l'avevo amata, l'amavo, le avevo spalancato il mio cuore... e lei ci aveva ficcato un paletto in mezzo.
Neanche fossi io il vampiro.
Sette giorni, ventitre minuti, cinquanta secondi.
Era tanto il tempo in cui non avevo dormito. Chiudere gli occhi significava rivivere ogni istante insieme a lei. Scoprire che mi aveva mentito. Venire a sapere che la donna che aveva messo al mondo i miei figli li aveva abbandonati, a dispetto di quanto avessi continuato a sostenere con tutti. L'avevo difesa dalle accuse di ogni membro del branco e dei loro imprinting. Ma a questo punto mi dovevo arrendere. Quando mia sorella mi aveva detto, tanto tempo prima, che quando c'era di mezzo lei ero cieco, aveva pienamente ragione. Io non avrei mai creduto che lei potesse fare una cosa del genere, se non avessi avuto la prova vivente davanti agli occhi.
Sette giorni, ventiquattro minuti, venticinque secondi.
Quello il momento in cui si interruppero le mie riflessioni. Con un trillo del telefono. Era arrivato un messaggio.
"Ti aspetto al confine. Vengo in macchina"
Ragionai su chi potesse avermi inviato quel messaggio. I ragazzi non avrebbero avuto motivo di aspettarmi al confine. E per confine probabilmente si intendeva quello del patto con i Cullen. Quindi uno di loro. Che aveva quel numero di telefono perché non l'avevo mai cambiato. Non ne avevo avuto bisogno. Loro non chiamavano me, ed io non chiamavo loro. Non mi piaceva farmi comandare così. Anche perché non sapevo chi mi aspettava. Ma ero curioso, e piuttosto che stare lì a farmi ancora del male, preferivo andare a litigare con qualche succhiasangue.
Mi avviai verso il confine. Nei pressi della statale. La postilla "vengo in macchina" sembrava voler indicare questo. Fu solo quando vidi l'automobile che capii che sarei dovuto rimanere alla spiaggia a spararmi le mie seghe mentali.
La Aston Martin Rapide.
Cercai di inquadrare la targa, per capire se potesse essere veramente lei. No, non mi ero sbagliato. Era proprio quella macchina. E da quella macchina scese lei.
Bella. Viva. Per quanto la definizione di vampiro implichi il concetto di vita. La vidi camminare sicura, in perfetto equilibrio su un paio di trampoli con il tacco a spillo. Dove era finita tutta la sua goffagine? Dove era finito il suo continuo inciampare, anche nei suoi piedi? Dove era finito il suo odore delizioso? Dove era finito il suo modo di arrossire per ogni cosa?
Mentre io pensavo, lei era arrivata davanti a me.
«Ciao, Jake!»
Dove era finita la sua voce? E soprattutto, dove erano finiti i suoi meravigliosi occhi?
«Ciao, Isabella» le risposi, duro, tentando di nasconderle quanto i suoi cambiamenti mi avessero scosso.
«Non mi hai mai chiamata con il mio nome per intero, Jake»
«Le cose cambiano. Dovresti saperlo» le dissi.
«Come stai?»
Una settimana fa stavo meglio. Avevo una donna che amavo e che mi stava aiutando a dimenticarti. Non sapevo che fossi viva e non pensavo che avessi abbandonato così Sarah e Ethan. Ringraziai che Edward non fosse lì con lei.
«Benissimo» le risposi.
«Sei un pessimo bugiardo, Jake. Lo sei sempre stato»
«Ti ricordi com'ero?» le chiesi sorpreso.
«Ti stupiresti se sapessi quante cose ricordo della mia vita da umana. Ma ce ne sono tre importanti. L'affetto che provo per te. I nostri figli. Mio padre»
«I miei figli» la corressi.
«Che vuoi dire?»
«Che li hai abbandonati. Come puoi considerarti ancora la madre?»
«Jake, io...»
«Io cosa, Isabella? Io ti ho sempre difesa con gli altri. Ho sempre negato a me stesso il fatto che tu avresti mai abbandonato di tua spontanea volontà Ethan e Sarah. Ed ora scopro invece che l'hai fatto. Spera che loro non lo scoprano mai»
Non avrei mai immaginato di poter trattare male Bella. Ma lo stavo facendo. E scoprivo che non mi riusciva affatto male. La sofferenza che in quei dieci anni avevo maturato per una persona che non lo meritava si stava trasformando in rancore. Rancore che voleva venire fuori. Che stavo lasciando libero di esprimersi. Che stavo cercando di sfogare su di lei. Lei, che mi aveva mentito. Lei, che mi aveva fatto soffrire. Lei, che era riuscita a spezzarmi il cuore per l'ennesima volta.
Iniziai a tremare.
«Jake, per favore calmati» mi sussurrò spaventata.
«Tu, vieni qui e mi chiedi di calmarmi? Mi hai rovinato la vita, Isabella! Per più di una volta. Ed ora dovrei calmarmi?»
«Jake, ti prego» un altro sussurro. Ma la sua voce era diversa da quella della ragazza che avevo amato. E non riusciva a tranquillizzarmi.
«Io ti odio» le urlai. Sulla sua faccia si formò una smorfia di dolore. Quella che avrebbe avuto da umana prima di piangere. Ovviamente dai suoi occhi non potevano uscire lacrime. Fu quell'espressione ferita a farmi calmare. Avevo di nuovo mancato alla mia promessa. E poco importava che lei fosse una vampira. Io avevo promesso di non farle del male.
«Jake, cosa vuoi che ti dica? Hai ragione. Hai pienamente ragione» disse, abbassando lo sguardo. Oro liquido, come quello di tutti i Cullen. Anzi, di tutti i Cullen tranne una. Non parlai. Non volevo pentirmi di quello che avrei detto. Sia che dalla mia bocca fossero uscite parole di conforto, sia che fossero uscite di nuovo parole rabbiose. In ogni caso me la sarei presa con me stesso.
«Jake, quella notte sei stato tu a salvarmi la vita»
«Non voglio sapere cos'è successo»
Mi guardò di nuovo.
«Lascia che ti spieghi, Jake. Se sei innamorato di Renesmee, lascia che ti spieghi»
«Tienila fuori da tutto questo» sbraitai. Sentire il suo nome dalle labbra di Bella era doloroso. Rendeva tutto più... reale. Il mio amore per lei, le sue bugie... tutto.
«Mi lasci spiegare?» mi chiese.
«Non è detto che rimarrò qui ad ascoltarti» le risposi con rabbia.
«Beh, io parlo. Decidi quando interrompermi - mi disse - Quella notte, sei stato tu a salvarmi la vita. Quando hai deciso di non aspettare che Edward avesse finito di combattere con Victoria. Quando hai scelto di non scaldarmi e di farmi portare da Carlisle, sei stato tu a salvarmi» La guardai interrogativo, in attesa che continuasse.
«Edward mi ha spiegato che con il freddo le funzioni vitali rallentano. L'attività cerebrale, il battito del cuore, la respirazione, l'attività muscolare. Tutto rallenta. Fino a farti arrivare in uno stato di morte apparente. Io avevo anche perso una quantità importante di sangue, che però era paradossalmente resa meno importante dall'ipotermia. Mi hai salvata, perché se mi avessi riscaldata mi avresti uccisa» mi disse seria.
«Questo non spiega ancora la notizia della tua falsa morte» sputai tra i denti.
«Serviva a rendere più facile... il distacco» mi rispose.
«Cioè?» incalzai.
«Non... non sarei mai riuscita a lasciare i bambini... e sapevo che di anno in anno per loro sarebbe diventato più difficile. Ma non sarei mai riuscita a vivere... senza Edward» Non c'era bisogno che me lo ricordasse. Lo sapevo bene. Me l'aveva detto più e più volte. Aveva sempre scelto lui. Avrebbe sempre scelto lui, pensai con amarezza.
«Quella notte non... non ero cosciente. Ma Alice vide la conseguenza di una decisione che avrei... che avremmo preso. Fu in quel momento che cacciò Seth di casa con i bambini. Il resto lo sai»
«Non cambia il fatto che tu li abbia abbandonati volontariamente»
«Che altro potevo fare? Tu non volevi che vivessero con lui. Ed io non potevo stare senza Edward»
«Perciò sei scappata. Senza neanche avere il coraggio di dirmi che... che te ne andavi» conclusi in un sussurro.
«Jake...»
«No, Jake un corno, Bella - dissi, avvicinandomi a lei e stringendole le braccia con forza - Io ho sofferto per dieci anni, pensando che tu fossi morta per colpa mia. Ho avuto gli incubi ogni notte per dieci anni da quella fottutissima battaglia. Ed ora vieni qui a dirmi che ti dispiace? Pensando che questo possa risolvere tutto? Sai come cazzo mi sono sentito quando il tuo dolce Edward mi ha sputato in faccia la verità? Tua... figlia, Bella. Tua figlia.» Lasciai le sue braccia, e mi passai le mani tra i capelli. Corti, come li portavo ormai da più di dieci anni. Le voltai le spalle. Una mano gelida si poggiò sulla mia spalla.
«Jake...» Mi girai di scatto, afferrando il suo polso ancora sospeso in aria.
«Non... non mi toccare» le dissi, lasciando la sua mano come se scottasse.
«Jake... non... non capisco»
«Cos'è che non capisci?»
«Non capisco se ti faccia più soffrire il fatto che io sia ancora viva e che abbia lasciato te e i bambini nella convinzione che non lo fossi per tutto questo tempo... o se il fatto che Renesmee...»
«Non la nominare, ti ho detto» sbraitai di nuovo.
«Se sia il fatto che lei sia mia figlia a distruggerti»
«Quello che mi distrugge, e che tu non potrai mai capire, perché ormai sei abituata a vivere nella menzogna, è che lei mi abbia mentito. Che abbia detto di amarmi nonostante sapesse quello che nascondeva. Ma comunque non sono affari tuoi»
«E' mia figlia. Sono affari miei»
«Ah, già. Lei è la figlia di Edward. E' più importante di Sarah e Ethan» Mi ritrovai sbattuto al tronco di un albero senza sapere bene come. Lei con una furia omicida negli occhi. La stessa di Nessie quella mattina.
«Tu... tu... non sai quanto... quanto ho pensato a loro in questi anni. Non credere di essere stato l'unico a soffrire. Un pezzo del mio cuore è sempre rimasto qui, con te. Con loro»
Mi lasciò, e si ricompose.
«Senza considerare poi il fatto che tutte quelle precauzioni sono state inutili» disse amaramente.
«Che vuoi dire?»
«Non ho mai... mai desiderato assalire un umano. Se l'avessi saputo, sarei potuta rimanere qui con voi. Ma ormai il danno era fatto» Di nuovo quell'espressione triste. Di nuovo la mia voglia di consolarla. Il mio affetto per lei non era diminuito. Ma era affetto, non più amore. La donna che amavo era un'altra. Si poteva amare solo una persona alla volta.
E questo me l'aveva insegnato lei.
«Jake... ami... La ami?» Domanda diretta.
«Sì» Risposta secca.
«Jake... perché non le dai la possibilità di spiegarsi?» mi chiese.
La guardai.
«Non voglio soffrire... non più»
«Jake, pensi che lei potrebbe farti soffrire?»
«L'ha già fatto una volta, non vedo perché non potrebbe farlo ancora» le risposi astioso.
«Jake... lei non potrebbe mai... farti volontariamente... del male» mi disse. La guardai stralunato.
«Jake, cosa sai di lei?»
«Che si chiama Renesmee. Che ha il sorriso più dolce e i capelli più setosi della terra, anzi, dell'intero universo. Che ha i tuoi occhi... quelli che avevi prima. Che è tua figlia. Che è anche figlia di Edward. Che sembra conoscermi da sempre. Che dice di amarmi da sempre. Che la amo» le elencai. Pensare a Nessie era la cosa più dolorosa che potessi fare in quel momento. Ma era anche la più dolce.
«Non sei curioso di sapere cosa sia quel "sempre"?»
«Sì. Sono curioso. Ma non me lo dirai. Vuoi che io vada da lei - mi stavo innervosendo di nuovo - Ma sai che ti dico? Non lo farò. Non lo farò, perché sarebbe come ammettere che l'ho perdonata. Sarebbe troppo comodo. Lei mi ha ferito. Lei non mi ha detto la verità. Tu vieni qui e mi suggerisci cosa fare. E lei? Al prossimo problema mi terrà nascosta la verità. No. L'hai abituata ad avere tutto quello che vuole, qui e subito. Non mi piegherò solo per questo»
«Non ha mai avuto quello che voleva. Quello che voleva di più, intendo»

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