Alibi (Pov Bella)

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Bella

Quando, la sera prima, Renesmee mi aveva chiamata per dirmi che Jacob aveva acconsentito a farmi entrare nella riserva quasi non volevo crederci. Dovevo ringraziare mia figlia per quell'occasione che mi era stata data dal suo quasi-marito. Avevo chiesto a mia figlia di accompagnarmi da Charlie, e lei aveva detto di sì. In fondo, aveva detto, vedermi arrivare con qualcuno di conosciuto, a cui fare riferimento, sarebbe stato meglio, per lui.
Parcheggiai l'Aston Martin di fronte a casa di Jake, scesi dalla macchina, e bussai alla porta. Mi venne ad aprire Billy, e di nuovo mi sentii la ragazzina che cercava Jacob, per riaverlo come amico anche se pienamente consapevole che perderlo era stata la conseguenza delle sue azioni.
«Mi chiedevo quando saresti passata da queste parti» mi disse, spostandosi dalla porta per lasciarmi entrare. Ma la donna che ero diventata, anche se vampira dalle sembianze di una ragazza, si rifiutava di farsi mettere i piedi in testa, persino da una persona che mi aveva sempre intimorita. Feci un passo in casa, togliendomi il soprabito e poggiandomelo sull'avambraccio, dirigendomi verso il salotto. Da quando era stata risistemata, ero entrata solo una volta in quella casa, ma tanto bastava alla mia memoria di ferro.
«I ragazzi?» chiesi, cercandoli sul divano. Non erano neanche le otto del mattino, mi aspettavo di trovarli in pigiama a guardare i cartoni animati, come tutti i bambini della loro età.
«I ragazzi non sono in casa. E non c'è neanche Jake - continuò, prevenendo la mia domanda - li ha appena portati a scuola»
Sapevo che Jacob non avrebbe lasciato che incontrassi Sarah e Ethan, eppure non potei fare a meno di restarci male, quando capii che neanche lui voleva vedermi, ancora.
«Nessie è nella rimessa, sei venuta per lei, o sbaglio?» l'ostilità di Billy era palpabile, ed era aumentata ancora di più dall'ultima volta che ero stata lì in sua compagnia. Quando avevo accettato di sposare Edward. Quando Jake mi aveva posto di fronte a quella scelta.
Edward o i bambini.
E io avevo scelto Edward, forse sperando che nessuno ne venisse mai a conoscenza. Forse sperando che Jacob potesse trovare qualcun'altra che lo rendesse veramente felice. Forse sperando che lui non si aggrappasse al mio ricordo con così tanta forza da soffrire per la mia scomparsa per anni. Ma quando Renesmee aveva iniziato a fare quei sogni, mi era stato chiaro che la mia vita da umana e la mia vita da vampira si sarebbero scontrate. Che mia figlia sarebbe stata l'anello di congiunzione tra quello che ero stata e quello che ero diventata. Che le mie bugie avrebbero avuto vita breve. Se breve può essere la durata di dieci anni. Per me che ero immortale, forse, non per chi, umano, mi aveva pianto per tutto quel tempo.
«Sì, sono venuta anche per lei, Billy. Penso che Jacob ti abbia spiegato perché gli ho chiesto di poter entrare nella riserva»
«Vuoi spiegare a tuo padre perché sei ancora in vita, giusto?»
«Si può riassumere così, sì - ammisi, pensando che anche quella volta le mie scelte sarebbero passate per egoistiche, che non mi avrebbero dato la possibilità di spiegarmi, ma decisi che non mi andava. Che quella volta avrebbero dovuto ascoltare anche le mie ragioni. Che non potevano più limitarsi a giudicare senza ascoltare - Ma in fondo è perché non voglio che lui soffra ancora. So che l'essere sparita così, senza lasciare una traccia palpabile di me, l'ha fatto stare male inutilmente. Voglio che smetta di pensare a me come la figlia morta. Voglio che mi odi, se questo fosse necessario a farlo stare meglio»
«Pensala come ti pare, secondo me lo farai solo stare peggio. E poi sarà difficile che creda a qualsiasi cosa tu gli dica, non sapendo tutto il resto»
Lo fissai, stupita. Cosa significava che non sapeva tutto il resto?
«Jacob non ha mai voluto che sapesse delle leggende del branco. Ormai fa parte della tribù a pieno titolo, ma non sa niente delle leggende»
«Perché?»
«Perché tuo padre è troppo calato nella realtà per capire cose come licantropi e vampiri, Bella» mi rispose Jacob, entrando in casa.
«Ciao Jake, pensavo stessi accompagnando i bambini a scuola» gli risposi, guardandolo impassibile.
«Pensavo sapessi che dopo la trasformazione li abbiamo iscritti alla scuola della riserva. Ci vogliono tre minuti all'andata e tre al ritorno. E tu sei arrivata mentre non c'eravamo»
«Touché. Pensavo anche che tu non volessi vedermi» dissi, con un sorriso.
«E' probabile che fosse così, ma ho deciso che è ora di smettere di fare i bambini. Prima o poi dovrò affrontarti»
«E' necessario che sia oggi? Sono già abbastanza nervosa per l'incontro con mio padre»
«Qualsiasi cosa tu gli dica, non riuscirà a cancellare dieci anni in cui ha sofferto per la tua perdita»
Il mio sorriso svanì, se voleva ferirmi, c'era riuscito.
«Perché devi sempre farmi del male? Ogni volta che stiamo vicini. E' sempre stato così, ci siamo sempre fatti del male a vicenda» gli chiesi, fin troppo partecipe alla discussione, per far sembrare che non me ne importasse niente.
«Non sono stato io ad iniziare questo gioco» mi rispose gelido.
«Ricordi com'è iniziato questo gioco?» gli chiesi. Io non ricordavo tutto, ma quello che ricordavo era legato ai miei figli. Lo vidi sedersi sul divano, poggiando i gomiti sulle ginocchia e il viso nelle mani, mentre respirava profondamente. Era una posizione che l'avevo visto assumere spesso in passato, ed era sempre per colpa mia. Billy, nel frattempo, si era dileguato, lasciandoci soli. Prima o poi avrei chiarito anche con lui, ma sembrava che in quel momento fosse il turno di Jacob.
«Mi sono illuso che mi amassi. Ecco com'è iniziato questo gioco crudele. Quella notte pensavo che mi amassi come ti amavo io, e che ti stessi offrendo a me perché l'avevi capito. Invece, poi, mi hai detto che dovevamo rimanere amici, che tutto doveva rimanere come prima. Ed io non ho mai capito perché allora avessi scelto di donarti a me, invece di aspettare che Edward tornasse. Certo, nel tuo biglietto mi scrivesti che a spingerti a dire quelle cose, dopo, era stata la paura di perdermi, ma cosa ti ha spinto a fare l'amore con me non me l'hai mai detto. Mi hai detto che mi amavi, in seguito, ma poi quando si è trattato di andare a salvare Edward non hai esitato un secondo. Sei partita per l'Italia senza sentire ragioni. Sei tornata con lui, e quando avete messo piede giù dall'aereo lo guardavi adorante, nonostante stessi morendo di sonno. E' stato in quel momento che ho capito che mi avevi detto che mi amavi solo perché pensavi che lui non sarebbe mai tornato da te e che io rappresentavo un'alternativa valida, solo perché il mio essere ti permetteva di rimanere legata a lui. Ti permetteva di continuare a credere che lui esistesse, da qualche parte. Il mattino in cui ti sei svegliata a casa mia in preda alla nausea, quando ti ho portata dal dottore e tu mi hai paragonato a lui, premuroso e attento, e anche noioso, se vuoi, quando abbiamo saputo che aspettavi un figlio, mio figlio, ho sperato per un attimo che saresti tornata da me, ma ci hai pensato subito tu a riportarmi con i piedi per terra. E quando abbiamo scoperto che erano due, un maschietto e una femminuccia... ero così felice... ricordi quel mega-gelato che ti comprai per festeggiare?»
«Vaniglia e cioccolato. Edward ti rimproverò fino allo sfinimento, quando lesse le tue intenzioni, ma tu lo ignorasti perché il gelato me l'avevi promesso, era luglio e stavo morendo di caldo, ed avevi accettato che lui venisse con noi dal medico solo perché mi facesse da "condizionatore portatile"... - se avessi potuto piangere avrei iniziato a farlo in quel momento - Jacob, mi dispiace, mi dispiace veramente tanto aver condizionato la tua vita con le mie scelte, ma io... io lo amavo e lo amo tuttora.»
«Lo so, Bella, adesso lo so. E, potendo tornare indietro, non ti chiederei di scegliere tra i bambini ed Edward. Eri una brava madre, e avresti scelto loro. Avevi anche detto a Seth di preparare le valigie... Ma allora perché tutta quella messa in scena? Perché, fingere di essere morta? E perché per tutto questo tempo non hai mai dato segno di voler ritornare? Il patto non sarebbe stato infranto, con la tua trasformazione, l'avevo promesso ad Edward. Perché, allora? Perché?»
Quelle erano le domande con cui si doveva essere tormentato per giorni, da quando aveva saputo che ero ancora viva. Domande a cui mia figlia non aveva risposte. Domande che doveva aver ascoltato in silenzio, restandogli accanto ed asciugando le sue lacrime.
Domande che facevano male. A me. A Jacob. A tutti quelli che avevo coinvolto nelle mie bugie.
«Vuoi davvero sapere come sono andate le cose, Jake?»
Lui annuì, fissandomi. Ero in piedi, di fronte a lui, e mi sentivo quasi sotto esame.
«Mi farebbe comodo il potere di Renesmee, in questo momento. Non sono sicura di riuscire a spiegarti bene tutto quanto, solo con le parole»
«Provaci» mi disse. Era cambiato. Non era più il ragazzino che non voleva la responsabilità del branco. Si sentiva anche dal tono che usava quando voleva qualcosa. Autoritario, senza essere duro. Ero sicura che fosse quel tono che usava quando doveva rimproverare i nostri figli.
«Quella notte, quando Victoria mi rapì, e scatenò contro Edward tre vampiri neonati, ero sicura che non ce l'avrebbe fatta. Che sarebbe morto nel tentativo di salvarmi. Ma se fosse morto, io sarei morta con lui. O quantomeno l'avrebbe fatto una parte importante di me. Io sarei sopravvissuta, per i bambini.
Iniziai a pregare, Dio, o chi per lui, perché Edward si salvasse. Promisi che avrei rinunciato a quanto di più caro avessi in quel momento. E quanto di più caro avessi in quel momento, erano i bambini. Avrei rinunciato ad Edward, per avere anche solo pochi anni con loro. Sapevo che avrei dovuto rinunciare a Sarah e Ethan, prima o poi, ma l'avrei fatto solo in seguito, e non senza sofferenza. Nel momento in cui conclusi la mia preghiera, arrivasti tu, a salvare Edward. Non so cosa accadde poi, perché Victoria mi trascinò con sé nel bosco, non appena capì che tirava aria di tempesta, per lei. Poi persi lentamente contatto con il mondo, per il freddo e per una ferita all'altezza della spalla che mi ero fatta non ricordo neanche con cosa.
Mi risvegliai a casa Cullen, avvolta nelle coperte come un salsicciotto e con una sacca di sangue che si svuotava nel mio braccio. Edward, inginocchiato accanto al mio letto, mormorava una litania incomprensibile. Cercai di muovermi, di attirare la sua attenzione. Voltò la testa verso di me, e ci guardammo negli occhi per un po'. Sembrava... sereno. Poi, all'improvviso, la sua espressione è cambiata. E' ritornato triste. Nei suoi occhi c'era una tristezza infinita. In quel momento ho visto i suoi cento e più anni farsi vivi.
"Bella, io non voglio più allontanarmi da te" mi disse, ed io gli risposi che non c'era nessun motivo perché lo facesse. Allora lui mi ricordò della scelta che mi avevi chiesto di fare, ed io iniziai a piangere.
"Bella, se non vuoi, non devi scegliere me. Io posso aspettare, ho l'eternità davanti, se tu vuoi stare ancora con i tuoi figli" affermò, ma vedevo quanto gli costassero quelle parole. Gli spiegai della promessa che avevo fatto a chiunque ci avesse aiutato ad uscire entrambi salvi da quella situazione, mentre piangevo, rendendomi conto della rinuncia che stavo per fare.
"Sei sicura che non te ne pentirai?" mi chiese.
"Se tu sarai con me, ne sono più che sicura" gli risposi.
E in quel momento era la verità. Solo in seguito ho iniziato a sentire nostalgia e rimorso per quello che avevo fatto.
Il resto è legato alla nascita di Renesmee. E già lo sai»
«Te ne sei mai pentita?» mi chiese
Lo fissai. C'erano stati giorni in cui avevo pensato intensamente ai miei figli, chiedendomi cosa stessero facendo, se mancassi loro e se stessero crescendo bene, ma mai mi ero pentita di essere rimasta con Edward, così come mai mi sarei pentita di averlo fatto.
«Lascia perdere. Non sono sicuro di volerlo sapere. L'hai detto anche tu, ci siamo fatti abbastanza male a vicenda. E' ora di smettere. E' anche per questo che voglio che tu parli con tuo padre. Anche lui ha diritto ad un po' di serenità, come noi. Non è stato bello quello che hai fatto, né tantomeno giusto, soprattutto per i ragazzi, ma penso che tu lo sappia. Finora ti abbiamo sempre attaccata, senza darti la possibilità di spiegarti, convinti che tu l'abbia fatto solo per egoismo, ma cerca di comprendere quello che abbiamo passato.
Dieci anni a pensare che tu fossi morta, dieci anni a chiedermi perché avessi permesso che tu morissi, dieci anni di incubi... e scopro che sei ancora viva.
Con tuo padre dovrai andarci con molta calma, non ha la minima idea di quello che gli succede intorno, e Sue ha già perso un marito per infarto - sorrise, ma era un sorriso amaro, non il sorriso "da Jacob", quello in grado di provocare il riscaldamento globale - Stupide battute a parte, come pensi di affrontare la cosa?»
La sua domanda mi colse del tutto impreparata, non ci avevo ancora pensato. Era mio padre, qualcosa gli avrei detto, no? Mia figlia mi tolse dall'impaccio di rispondere.
«Mamma! Non ti aspettavamo così presto!» disse, entrando dalla porta sul retro, e avvicinandosi a me per salutarmi. Jake sembrava un po' infastidito dal suo ingresso, aveva interrotto un argomento che gli stava a cuore. Voleva davvero sapere come avrei affrontato la discussione con mio padre.
«Jake, non ci ho ancora pensato, ma quando sarò lì qualcosa mi verrà in mente, no? E' pur sempre mio padre» gli dissi.
Non mi aspettavo la sua reazione.
«Pensavo che il tempo ti avesse cambiata almeno un po', Bella. Invece vieni qui, senza una minima idea di quello che devi fare o dire. Senza pensare che le tue parole potrebbero avere un effetto devastante sulla vita degli altri»
Scattò in piedi, tremante e pronto all'attacco. E forse mi avrebbe attaccato veramente, se Renesmee non si fosse messa tra di noi.
«Jake, calmati! Poi te ne pentiresti. Le vuoi ancora troppo bene per fare quello che stai pensando di fare»
Jake iniziò a respirare profondamente, e il tremore che lo percorreva rallentò. Mi lanciò un'occhiata feroce e poi uscì di casa, forse diretto alla rimessa, forse diretto alla spiaggia. Già, la spiaggia, l'unico posto in cui trovasse pace, quando era agitato.
«Sta andando in officina» mi informò Renesmee con voce neutra.
La guardai stupita, come aveva fatto a capire quello che mi stavo chiedendo? Neanche suo padre riusciva a leggermi nel pensiero, se non quando volevo io, come poteva riuscirci lei?
«Mamma non c'è bisogno del potere di papà per capire quello che stai pensando. Ti si legge in faccia. Hai seguito Jake con lo sguardo fino a che non è sparito dalla tua visuale, era logico che ti stessi chiedendo dove stesse andando... e, per precedere la tua prossima domanda, sì, ci sta andando a piedi, era troppo incazzato per prendere l'auto, doveva sbollire prima di arrivare là, altrimenti oggi a Leah ed Embry sarebbe toccata una pessima giornata»
Il suo linguaggio si stava adattando a quello del branco, Edward non avrebbe approvato, ma non avrebbe potuto farci niente. Era la vita che aveva scelto, quella che avrebbe scelto sempre. Rimasi immobile nel soggiorno mentre lei iniziava a rassettare la cucina.
«E' compito tuo?» le chiesi, curiosa di sapere qualcosa della sua vita da quando se ne era andata di casa. Lei era l'unica, tra i miei figli, con la quale avessi mantenuto una parvenza di rapporto, anche se l'avevo fatta soffrire, al pari degli altri. Ma non l'avevo mai lasciata. E forse il terrore di perderla come avevo perso Sarah ed Ethan era stato quello che mi aveva portata a fare tutti quegli errori, con lei.
«No, Jake non vorrebbe che lo facessi, ma dato che non posso stare qui a girarmi i pollici tutto il giorno, cerco di rendermi utile e di motivare la mia presenza. E poi non c'è molto lavoro da fare. I ragazzi sono ordinati e ben educati, e sospetto che Jacob abbia detto loro di sistemare le loro camere prima di uscire per evitare che mi assumessi anche quell'incombenza»
«Fanno tutto quello che Jake dice loro?»
«Sai che se Jake mi becca a parlarti di loro mi uccide con le sue mani? - mi chiese sorridendo, era ovvio che scherzasse, Jake non le avrebbe mai fatto del male, piuttosto se ne sarebbe fatto da solo, l'avevo visto da come era riuscita a calmarlo in pochi istanti e con solo l'uso della voce - Comunque, credo che presto toglierà l'embargo, da quello che ti stava dicendo prima che lo facessi infuriare. Detto fra noi, ha pienamente ragione su nonno Charlie. Avresti dovuto prepararti un discorso o, che so io, un piano. Non puoi presentarti da lui e dirgli "Ciao, papà! Ti ricordi di me? Sono tua figlia, quella che hai pensato fosse morta dieci anni fa. Non solo sono ancora in vita, ma sono anche immortale e bevo sangue animale per sopravvivere". Come minimo ti chiuderebbe la porta in faccia pensando ad uno scherzo, o gli verrebbe un infarto. Non so come la possa prendere, lo conosco troppo poco»
«Papà è una persona fantastica. Mi sarebbe piaciuto che lo conoscessi quando eri piccola, che ti facesse da nonno. I pochi ricordi che ho di lui quando ero piccola io, me lo fanno ricordare premuroso e attento. Il fatto di aver abitato lontani non ci ha reso facile la convivenza, soprattutto nei primi tempi, poi è iniziata la storia con tuo padre, e io ero troppo presa da lui. L'ho quasi ucciso, quando, per salvarlo dalla furia di James, gli dissi le stesse cose che mia madre gli aveva detto quando lo aveva lasciato. Credo di aver legato con mio padre solo quando Edward se ne andò. In quel periodo ero perlopiù catatonica, per niente attenta a quello che mi accadeva intorno, ma sapevo che, in qualche modo, lui c'era sempre, attento e premuroso, pronto a consolarmi quando avevo un incubo. Era sempre insicuro, quando interagiva con me, come se dalle sue azioni dipendesse il fatto che io rimanessi lì con lui, oppure no. Chissà come si è sentito quando sono sparita. Avrà pensato che fosse colpa sua...»
L'improvvisa consapevolezza che forse, anche Charlie si fosse sentito in colpa per la mia scomparsa, così come Jake, mi colpì come un treno in pieno petto. Mi tremarono le ginocchia, e sentii il bisogno di sedermi. Ero proprio una frana come vampira, quando mai si era vista una vampira che aveva bisogno di sedersi? E quella volta in cui avevo perso i sensi, quando Edward era sparito per andare a "parlare" con Jake?
«Mamma, cos'hai?» mi chiese Renesmee, avvicinandosi per permettermi di appoggiarmi a lei e accompagnandomi fino al divano.
«Mamma, per favore, calmati! Ti offrirei un bicchiere d'acqua, se non sapessi che peggiorerebbe la situazione. Respira, per favore, e dimmi cos'è successo. Mi stavi parlando del nonno e all'improvviso ti sei zittita e tremavi...»
«Renesmee... credo... credo di aver acquisito la consapevolezza di quello che sono significate alcune mie scelte per quelli che sono rimasti qui. Jake mi ha sempre detto che si è sentito in colpa per la mia "morte", e in fondo sapevo che l'avrebbe fatto. Ma mio padre... non ho mai visto la cosa dal suo punto di vista. Anche lui si sarà sentito tremendamente in colpa, non tanto per la mia morte, quanto proprio per l'insicurezza che lo spingeva a scegliere con cautela le parole da usare con me, temendo di spaventarmi. Non gli ho mai detto che gli volevo bene, Renesmee. Non gliel'ho mai detto. E forse ha pensato di non avere il diritto di dirmelo visto che io non lo facevo. Chissà come si deve essere sentito in colpa...»
«Mamma è inutile piangersi addosso in questo modo, ora. Sei venuta per porre rimedio a quello che hai fatto in passato, o sbaglio?» mi rimproverò mia figlia. Era assurdo come le cose si fossero ribaltate completamente. Sembrava quasi che lei fosse la madre ed io la figlia.
Scossi la testa.
«Non sbagli, ma...»
«Mamma, niente ma. Sai cosa significa mostrarsi decisi? Non più di una settimana fa io l'ho dovuto fare con una ragazzina che mi ha accusato di essere come te solo perché pensava che le volessi portare via il padre e il fratello, quando tutto ciò che volevo era semplicemente amare suo padre e voler bene a lei e suo fratello, come una famiglia vera. Le ho dovuto dire che si stava comportando come un'egoista, perché non li lasciava liberi di fare ciò che volevano senza pensare che l'avrebbero fatta soffrire o che comunque le avrebbero provocato un dispiacere.
Mamma ti rendi conto di quanto siano insicuri i tuoi figli da quando sanno che sei ancora viva?
Fino a quando ti hanno creduta morta, sapevano che li avevi lasciati, ma pensavano che fosse una cosa indipendente da loro, e si fidavano incondizionatamente di Jake.
Da quando lo sanno, invece, non c'è un solo minuto in cui non si instilli in loro il dubbio che il padre potrebbe lasciarli. E questo capita più a Sarah, che a Ethan. Probabilmente perché Sarah non ti ha ancora mai detto quanto abbia sofferto per la tua assenza, mentre Ethan si è tolto quel sassolino dalla scarpa praticamente appena l'ha saputo e non ha intenzione di tornare sui suoi passi»
«Davvero saperlo li ha condizionati così tanto?»
«Ti stai chiedendo se Jake non avesse ragione a volerti tenere lontana da loro quando sei ricomparsa?»
Annuii.
«Probabilmente aveva ragione, mamma, ma ripeto, è inutile piangere sul latte versato. Il passato non ritorna, puoi solo cercare di migliorare il tuo futuro. Iniziando da nonno Charlie»
«Hai qualche consiglio da darmi, Renesmee?»
«Ehi, sei tu la madre, dovresti essere tu a darmi dei consigli!» scherzò la mia infinitamente matura figlia. E vidi fra noi il rapporto invertito che c'era sempre stato tra me e Renée.
Scoppiai a ridere. E così fece lei.
«Non so come potresti presentarti dal nonno senza fargli prendere un infarto, mamma. Non ne ho proprio la minima idea. Ma potrei provare ad accennare la cosa a Sue e a farmi dare un consiglio da lei»
«Lo faresti per me?»
«Non sospetti che invece lo stia facendo per me? In fondo, prima tu chiarisci con lui, prima io potrò sposarmi con Jake!» mi disse, sorridente.
«Se non ti conoscessi, potrei pensare che tu stia dicendo queste cose seriamente, ed offendermi!» le dissi, sorridendo.
«Se non mi conoscessi, a questo punto saresti già sulla strada di casa, dopo quello che ti ho detto prima»
«Hai intenzione di chiamare veramente Sue?»
«Sì, ma a quest'ora forse è presto»
«Charlie ha ancora le stesse abitudini?»
«In che senso?»
«Va ancora a pesca?»
«Sì. Hai ragione, saranno sicuramente svegli»
Afferrò il telefono e compose il numero. Lo sapeva a memoria. Se anche l'aveva visto comporre una volta sola, da Jake o Billy, la sua memoria vampiresca l'avrebbe ritenuto. Ero felice che avesse caratteristiche vampiresche, oltre a quelle umane. Ma era forse migliore dei vampiri sotto molti aspetti.
La capacità di avere figli, ad esempio.
«Pronto, chi è?» una voce strascicata rispose all'altro capo del telefono.
«Seth, che hai fatto?» chiese Renesmee.
«Devo aver bevuto un pochino troppo ieri sera» Seth che si ubriacava era una novità. Chissà cosa era successo. Renesmee mimò le parole "ti spiego dopo".
«Seth, ieri sera è finita stamattina?» urlò mia figlia.
«Shhhh... non urlare... mi fa male la testa»
«Seth, passami tua madre. Immediatamente» gli ordinò lei, con lo stesso piglio che Jake aveva usato con me.
«La mamma dorme» rispose lui, pacifico.
«Charlie?»
«Charlie... Charlie ha sposato la mamma... che era la moglie del suo migliore amico, mio padre, che è morto di infarto dodici anni fa...» la voce gli si incrinò, ed iniziò a piangere.
«Seth... Seth calmati, per favore. Senti, adesso attacco e chiamo aiuto. Viene subito qualcuno da te. Tu intanto vai in camera tua e distenditi sul letto, va bene? Viene subito qualcuno»
«In camera mia no. Ci sono troppe cose che mi ricordano lei. Non posso andare lì» continuava a piangere al telefono con Renesmee. Lei. L'unica lei che mi venisse in mente per Seth era Sarah. Ma non poteva essere ridotto in quel modo per lei, a meno che non le fosse successo qualcosa.
«Seth, sdraiati sul divano. Adesso attacco. Arriva subito qualcuno, rimani calmo»
Pigiò il tasto rosso del telefono, e chiuse la chiamata.
«Renesmee, è successo qualcosa a Sarah?» le chiesi, mentre lei componeva un altro numero sulla tastiera del telefono ed alzava un dito verso di me per dirmi di rimanere in silenzio per qualche istante.
«Pronto? Officina Black, in cosa possiamo esserle utili?» rispose una voce femminile squillante.
«Leah?»
«Nessie, sei tu? Dimmi tutto!»
«Tuo fratello è ubriaco fradicio. Penso io ad avvisare la scuola che sta poco bene e che oggi non andrà a lavoro. Con lui te la vedi tu?»
«E' per lei?»
«Credo che il problema principale sia quello, ma non può fare così! Si sta comportando come un diciassettenne imbecille»
«Non posso che darti ragione. Informo Jake e vado»
«No, per favore! Dillo a tutti, tranne che a Jake! Sarebbe capace di venire lì e prendere a sberle Seth. E sai quanto me che non servirebbe a nulla, in questo momento.» implorò Renesmee.
«Come vuoi. Gli dico solo che mi assento per un paio d'ore. Ci vediamo a casa di mia madre?»
«Forse tra un po'. Puoi farmi chiamare da lei? Seth ha detto che dormiva ancora»
«Appena arrivo. A più tardi. E grazie di avermi avvertita»
«Grazie a te, Leah»
Chiuse di nuovo la comunicazione.
«Si può sapere cos'è successo?»
«Sarah ha gli ormoni impazziti. Tutti ci aspettavamo che fosse come Leah, invece non lo è, e soprattutto i suoi ormoni hanno fatto impazzire anche quelli di Seth. Cosicché, quando in lui si è risvegliato l'adolescente completamente rimbambito dagli ormoni, Sarah gli ha detto che vuole vivere la sua vita come se il "nostro" mondo non esistesse. Gli ha detto che "non sa ancora se è lui che vuole per tutta la vita", testuali parole, e questo è il risultato. Un uomo di ventisette anni che si comporta come se ne avesse diciassette e una bambina di undici che fa ragionamenti da adulta»
«Che gran casino!» esclamai. Un po' d'aria di La Push e anche io cominciavo a riabituarmi al linguaggio del branco. Sì, decisamente, c'era qualcosa nell'aria. Il telefono iniziò a squillare. Leah doveva aver volato, per raggiungere suo fratello.
«Già. Adesso però cerchiamo di risolvere quelli che hai creato tu, di casini, che a quelli di Seth ci pensa sua sorella. Pronto?» disse Renesmee, rispondendo.
«Nessie?»
«Ciao, Sue!» disse allegramente, come se quella fosse una chiamata piacevole, e non stesse invece per piantarle un paletto in mezzo al cuore. Ma forse... guardai mia figlia, incuriosita, cercando di capire quello che volevo sapere. Lei allungò una mano sulla mia, ed ebbi la certezza che Sue sapesse. Jake l'aveva messa al corrente della situazione personalmente. Aveva previsto una serie di scenari possibili e si era coperto le spalle in ogni modo possibile. E Renesmee lo sapeva, era per questo che era stata così tranquilla, nel proporre la chiamata a Sue.
«Dimmi, cara. E' successo qualcosa? Intendo oltre a quello che sta combinando quell'idiota di mio figlio»
«Sue, non essere arrabbiata con lui. Ha avuto un esubero di ormoni, negli ultimi dieci giorni, è quasi comprensibile che si comporti come un diciassettenne arrapato andato in bianco» guardai mia figlia. Stava sempre parlando con una donna che sarebbe potuta tranquillamente essere sua nonna, e in più era la moglie di mio padre.
«Non sono arrabbiata con lui. Che si stia comportando da imbecille è un dato di fatto. Ma è successo qualcos'altro, vero?»
«Sì. Ricordi le domande che ti ha fatto Charlie su di me?»
«Sì. E ricordo perfettamente anche le risposte che mi avete dato tu e Jake»
«Beh... una delle risposte è qui con me... e vorrebbe parlare con suo padre. Credi sia una cosa possibile?»
«Resuscitare sua figlia? Non credo sarebbe comprensibile per Charlie. Dovremmo prepararlo con cautela. Magari spiegargli prima di te, chi sei, e come sei legata ai Cullen. Forse Jacob dovrebbe persino valutare l'idea di renderlo partecipe delle leggende del branco, Nessie. Solo allora, quando saprà tutto il resto, potremmo valutare l'idea di farlo parlare con lei. Ovviamente dipenderà tutto dalla sua reazione al resto»
«Pensavo anche io ad una cosa del genere. Pensi che permettergli di vedere Sarah e Ethan potrebbe essere una buona idea per iniziare a metterlo sulla strada giusta?»
«Quantomeno gli farà sorgere delle domande. E' un uomo curioso, e farà delle domande. Tante domande, a cui dovremo dare delle risposte prima che se ne fabbrichi da solo. E poi muore dalla voglia di vedere i suoi nipoti. Sono... quanti giorni che non li vede?»
«Credo dalla trasformazione... quindi dodici giorni, se non sbaglio. Credi che riusciremo nel nostro intento?»
«Spero di sì, perché mi sono stufata di vederlo parlare ad una fotografia. Nessie, tua madre è lì con te?»
«Sì»
«Posso parlarle?» feci un cenno affermativo, in risposta agli occhi di mia figlia.
«Te la passo»
«Pronto?» dissi, aspettando la voce di Sue all'altro capo del telefono.
«Bella, sei tu?»
«Sì, Sue, sono io»
«Bella, io non so cosa ti abbia spinta a sparire così, lasciando tutti quelli che ti volevano bene in quel modo. Ti stiamo offrendo tutti una seconda possibilità. Vedi di non sprecarla. Non ce ne saranno altre. Mi assicurerò personalmente che tu non possa più fare del male a nessuno» e lo disse con la voce decisa di chi avrebbe ucciso un vampiro a mani nude, per difficile che fosse.
«Me ne ricorderò, Sue»
«Bene. Dacci una settimana. Tra una settimana potrai parlare con tuo padre»
«Grazie, Sue»
«Passami Nessie, per favore»
«Subito»
«Sue?» disse mia figlia, riprendendo in mano la cornetta.
«Cerca di convincere Jake. Sei l'unica che possa riuscirci»
«Spero che tu riponga la tua fiducia nella persona giusta»
«Ne sono certa»
«Grazie, Sue»
«Di niente, tesoro. Ci sentiamo al più presto, così mi dirai se sei riuscita»
«Ok! A presto» disse, riagganciando il telefono.
Ci fissammo per qualche secondo.
«Credi che Jacob mi darà il permesso per rimettere piede alla Riserva ancora una volta?»
«Ma davvero non l'hai capito, mamma? Jake ti darà il permesso ogni volta che vorrai venire qui, perché quello che desidera di più è che finalmente tutto si aggiusti. Sai perché ancora sta male per quello che hai fatto? Perché lui ti vuole ancora bene. Nonostante tutto, per lui sei ancora la Bella che gli è stata amica. Se non te ne volesse sarebbe tutto più facile, se ne rende conto anche lui, ti ignorerebbe, e non gli importerebbe nulla del fatto che, da qualche parte del mondo, esisti ancora. Sarebbe come sapere che esistono le zanzare. Un dato di fatto per cui non si può fare nulla. Ma è fatto così. Non riesce a non volerti bene. E, che lo voglia o no, sei sempre la madre dei suoi figli. E prima o poi, quando sarà certo che loro siano pronti, ti permetterà di nuovo di vederli. Però affrontiamo un problema alla volta. Ed ora devo convincerlo della necessità che Charlie entri a far parte del branco e che conosca le sue leggende»
«Mi auguro che tu ci riesca» le dissi, sporgendomi verso di lei, e abbracciandola. Non si ritrasse. Era un buon segno. Un segno che le cose, finalmente iniziavano a girare per il verso giusto anche per me.
Mi alzai, subito seguita da lei.
«Ti accompagno» mi disse.
«Conosco la strada» le risposi, sorridendole.
«Ti accompagno lo stesso» rispose, sorridendo a sua volta. Mi accompagnò fino alla porta, seguendomi con lo sguardo mentre salivo sull'auto e mettevo in moto. La salutai con un cenno della mano, poi, con una sgommata, partii, lasciandomi alle spalle la riserva.

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