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dopo più di un mese here we are



"I would've bled out
if you told me
you liked the color red."


Kailani

In psicologia esiste una risposta fisiologica e primitiva che prepara il nostro corpo a reagire in situazioni di pericolo

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In psicologia esiste una risposta fisiologica e primitiva che prepara il nostro corpo a reagire in situazioni di pericolo.

Viene chiamata la reazione attacco o fuga.

Un danno, una minaccia alla nostra sopravvivenza e il nostro corpo si attiva in automatico, in maniera innata. Era la stessa sensazione che mi opprimeva le vie respiratorie ogni volta che aprivo gli occhi e mi ritrovavo in una stanza che non riconoscevo, circondata da quattro pareti spoglie e il viso di una ragazza che tentava di tenermi ferma quando mi svegliavo urlando e scalciando.

Era come rivivere quell'incubo da capo tutte le volte che aprivo gli occhi, risvegliandomi da un sonno tormentato. Il completo vuoto che regnava nella mia mente durava pochi secondi. Le immagini dello scantinato tornavano a farsi vive portandomi a realizzare che la realtà era più agghiacciante di qualsiasi incubo.

Succedeva tutto in fretta: spalancavo gli occhi, gridavo quando il mio sguardo si posava sul volto sconosciuto della ragazza, cercavo di liberarmi dalle coperte che coprivano il mio corpo per poi venir colpita da un'improvvisa stanchezza e un mal di testa martellante che mi costringeva a poggiare la testa sul cuscino e arrendermi alla stanchezza. Mi ritrovavo così a non riuscire a distinguere la realtà dalla dimensione onirica.

Si trattava sempre dello stesso sogno: correvo in cerca di riparo, avvertivo la presenza di qualcuno alle mie spalle, la cui risata agghiacciante era un continuo promemoria che non avevo via di scampo. Era come cercare di correre sott'acqua, con i polmoni appesantiti dall'assenza d'aria, i muscoli doloranti e una forza invisibile che mi spingeva verso il basso, impedendomi di raggiungere la superficie e prendere la boccata d'aria che mi avrebbe salvato la vita.

Non aveva importanza quanto cercassi di allontanarmi, lui era sempre dietro di me.
Non potevo vederlo, ma lo avvertivo ovunque: nei battiti accelerati del mio cuore e nell'adrenalina che mi scorreva nelle vene.

Sapevo cosa voleva.

Ed ero senza speranze.

Scoprii solo successivamente che si trattava dell'effetto dell'anestesia e che riuscivo a rimanere sveglia per un massimo di mezz'ora prima di riaddormentarmi e ritrovarmi a fare i conti con lo stesso e identico incubo. Il giorno in cui riuscii a pronunciare delle parole scoprì di avere la bocca impastata e la gola secca.

Guardai con occhi allarmati la ragazza che trovavo puntualmente al mio fianco ogni volta che aprivo gli occhi. Se ne stava seduta su una poltrona rivestita da un tessuto scuro, come il resto dell'arredamento della stanza. Le quattro pareti che mi circondavano era grigie, un colore che in quella situazione non faceva che peggiorare l'opprimente sensazione di panico all'altezza dello stomaco. La mia visione della stanza era limitata a causa della posizione in cui mi trovavo, e quando alzai lo sguardo sul soffitto trovai appeso un lampadario studiato nei minimi dettagli.

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