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"A burnt child loves the fire."


Prima di iniziare è importante avvisarvi che questo capitolo tratterà di temi delicati; quindi, se siete sensibili vi prego di non procedere con la lettura.

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Vi lascio la playlist del capitolo, che vi consiglio vivamente di ascoltare mentre leggete:
https://open.spotify.com/playlist/2g46uiszlk6wQaUduOxsHu?si=9JSKt50-QN-ojDHDBHDTHQ
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Londra, Regno Unito. Zona Nord.

Sei anni prima.



Il cielo bruciava, la pioggia pullulava di fantasmi e la polvere era tutto ciò che rimaneva. Le ossa si riducevano in velluto e il cuore ad un ammasso di vene pulsanti. Sorgere all'abisso, ubriacarsi dell'ebrezza di vivere nell'ombra, farsi consolare dal buio. L'essere ad un passo dal proclamare guerra al mondo intero, raccogliere i pezzi di vetro di un passato pungente che continuava a rendere il suo cammino doloroso. Ma infondo, Jason si sentiva così: andare avanti significava camminare a piedi nudi su un sentiero di vetri rotti senza concedersi mai un momento per medicare le ferite dolorose.

Cosa si impara crescendo in un orfanotrofio? In un posto dove regna la miseria, l'abbandono e la violenza sugli innocenti. Jason Moore se lo chiedeva spesso, cosa avesse imparato, cosa si portasse dietro oltre l'irreparabile trauma che lo portava a detestare di essere anche solo sfiorato.

Ma la vera domanda era quella che lo tormentava sin da quando le grinfie di un mondo imbruttito gli avevano mostrato che la vita al di fuori non era più promettente del luogo dove aveva lasciato gli strascichi di un'infanzia mai vissuta: era mai stato innocente?

Si guardava allo specchio e arrivava alla conclusione che era impensabile, due occhi così vuoti da qualsiasi tipo di emozione non conoscevano l'innocenza e non l'avevano mai conosciuta. Forse era questo che aveva portato i suoi genitori a prendere la decisione di abbandonarlo non appena nato, era bastato uno sguardo ai suoi occhi fin troppo spenti per capire che c'era qualcosa che non andava in quel bambino. Non li biasimava, avrebbe fatto lo stesso.

Lo sentiva, sentiva un turbamento corrotto e deviato che cercava di nascondere sotto silenzi assassini e ore interminabili di allenamento. Più e più volte aveva sentito la governatrice del Redbridge riferirsi a lui come il figlio del diavolo quando una coppia di ingenui aspiranti genitori si fermava ad osservare il piccolo Jason giocare da solo nel cortile dell'orfanotrofio.  C'era sempre stato qualcosa che portava le persone a girare lo sguardo e soffermarsi più del dovuto su di lui, era forse l'inganno di un'apparenza quasi perfetta: una chioma bionda baciata dal sole, la pelle chiara come la neve e due occhi grandi color miele. Si chiedevano perché un bambino così bello e apparentemente tranquillo giocasse da solo, perché gli altri bambini correvano via appena si avvicinava, perché mangiava da solo, perché aveva le mani piene di segni violacei.

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