Due liceali fuoricontesto

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Il sudore colava dalla fronte ma continuavo a sferzare colpi con tutta l'energia che avevo in corpo contro il sacco da box che Hal mi bloccava davanti.

"Le ginocchia. Raddrizza i polsi. Attenta a sinistra sei scoperta. Dai più veloce."
Mi impartiva ordini senza sosta e in poche ore mi sembrava di aver appreso come dopo anni di insegnamento. Un corso intensivo accompagnato da una forte motivazione mi aveva permesso di tenere testa a Hal durante le simulazioni degli scontri.
"Pausa. Bevi e tra poco riniziamo"
Mentre sorseggiavo la bibita rinfrescante, ripensai alla sostanza che mi aveva dato Peter e all'effetto che comportava: la sera precedente a cena avevo chiesto spiegazioni per venire a conoscenza che quegli esseri riuscivano a rintracciarmi grazie ad un specie di aura che hanno gli esseri viventi, non dalle mie qualità angeliche come avevano pensato.
I morti però la perdono, quindi dovevo sembrare deceduta e questo mi faceva sentire una sotto categoria degli zombie.
Sentivo le mani sicuramente più fredde del solito e la testa più vuota. Mi balenò l'idea che essere morti non fosse così male.
La notte precedente, prima di andare a dormire, Marika mi consegnò una piccola mappa del posto in cui ci trovavamo, in modo da potermi spostare anche da sola senza perdermi in questo labirinto di Dedalo.
La costruzione così complessa era volutamente progettata per disorientare i suoi inquilini, rallentandone i movimenti attraverso giochi di forme e luci. Hal mi aveva spiegato che i materiali con cui era costruito quel Bunker erano in grado di annullare i poteri di qualunque dimensione. Gli avevo chiesto da dove provenissero ma la risposta non era mai arrivata.
Nonostante questo aveva aggiunto che solo la sala allentamento e alcune camere permettevano davvero di concentrarsi e lavorare senza perdere l'attenzione o l'equilibrio e lasciando libero accesso ai propri poteri.
La mia sbadataggine era complice dei lividi alle ginocchia e alle spalle, che urtavo spesso non prendendo bene le misure nei corridoi. Riuscivo a ferirmi di più così che non con la boxe.
L'episodio più imbarazzante però successe quando, troppo frettolosamente a causa dell'urgenza di andare in bagno, entrai in questo senza troppo pensare che quello era in condivisione con Hal; come da copione, me lo ritrovai davanti, voltato di spalle mentre si rivestiva, probabilmente dopo una doccia.
Mi paralizzai sentendo il calore salire dal collo e inondarmi il volto di un rosso fuoco.
Aveva un fisico greco, con le spalle larghe, tese verso il basso mentre era intento ad allacciarsi i pantaloni della tuta. Non indossava la maglietta, così vidi per la prima volta le cicatrici all'altezza delle scapole. Immaginai il dolore che aveva potuto provare e un crampo mi strinse lo stomaco.
Cercai di fare un passo indietro per chiudere la porta senza che lui si accorgesse della mia intrusione, ma il cigolio tradì la mia presenza.
"Basta chiedere, non c'è bisogno entri di soppiatto per vedermi." Mi schernì Hal con fare altezzoso.
"Ho visto di meglio" risposi cercando di prendere il coltello dalla parte del manico.
Avevo acceso una piccola miccia: mi divertì il suo sguardo, un misto di eccitazione e sfida, incorniciato da un sorriso tirato e deformato dai denti che mordicchiavano il labbro inferiore.
Fece un passo verso di me, poggiando la mano sul lavello e lasciando cadere il peso del corpo su questa.
"Le tue guance la pensano diversamente" rispose ridendo del mio visibile rossore.
Stavolta feci io un passo verso di lui, lasciando che a dividerci fosse la lunghezza del lavello. Mi sistemai di fronte a lui in una posizione speculare, e vedendo il suo petto allargarsi per la boccata d'aria trattenuta, lo fissai intensamente.
"Rilassa un po' il respiro" dissi avvicinandomi ancora di più e poggiando delicatamente le mani sulle sue spalle premetti verso il basso per sciogliere la rigidità del muscolo.
"Mi sembri un po' teso"
Hal era immobile, l'avevo decisamente spiazzato.
Afferrò i miei polsi per abbassarli di scatto contro il piano del lavandino, a cui ero bloccata dal suo corpo.
Non avevamo rotto il contatto visivo nemmeno per un secondo e non riuscivo a spiegarmi da dove provenisse tutta la mia spavalderia.
"Stammi lontana" disse lui, e più che una minaccia sembrava una supplica.
"Sei tu ad essermi incollato" risposi muovendomi appena verso di lui e alzando leggermente il bacino.
Lo sentii irrigidirsi cercando di controllare il respiro, che diventava tanto più affannoso quanto più le mie guance prendevano fuoco. Ma non mi interessava minimamente.
Il rumore di passi in corridoio spezzò il contatto tra noi. Ci scansammo in fretta spaventati che qualcuno potesse fare domande a cui non volevamo dare risposta. L'illusione del Labirinto comprendeva però anche gli effetti sonori e di fatto, nessuno fece mai capolino; in pochi secondi però, ognuno aveva preso la sua strada senza fare cenno all'episodio nelle ore successive.

The Key  (h.s)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora