"Devo fare pipì." Dissi ridendo ad Hal. Stavamo sentendo della musica allo stereo e la mia vescica pulsava al ritmo dei bassi.
"Che palle, ancora?" Disse sbuffando scocciato.
"Non è colpa mia." Risposi mettendo il broncio.
"Accosto a quello spiazzo, sbrigati."
Feci veloce, appena scesi dalla macchina mi piegai dietro lo sportello posteriore e mi liberai.
Mi rialzai di scatto, e un capogiro mi fece vacillare per un secondo. Non avevo mai sofferto di pressione bassa ma forse era semplicemente lo stress.
Clover. Ti ricordi di me?
Una voce familiare risuonò improvvisamente nella mia testa e una paura paralizzante si impossessò di me. Non potevo diventare anche matta, le allucinazioni non ci volevano.
Mi affettai a salire in macchina, muta e con lo sguardo fisso. Hal se ne accorse subito, si voltò verso di me dubbioso e parlo.
"Hai visto un mostro?"
"No."
"Era colite?"
"No idiota." Dissi accennando un sorriso.
"Che succede Clo?"
"Che non succede Hal." Risposi amara.
"Smettila non questa ironia. Parla."
"Questo è parlare."
"No idiota, questo è fare la sarcastica. Non mi hai detto cosa ti succede."
Rimasi spiazzata. Aveva di nuovo ragione, non avevo detto assolutamente nulla, eppure nella mia mente ciò che provavo era tutto così eloquente e già espresso, come se avessi in realtà esaurito tutti gli aggettivi per descrivere ciò che mi stava succedendo.
"Io..beh.." balbettai confusa "sono confusa"
"Questo è chiaro."
"Odio essere confusa." Dissi guardandolo torva.
"Smetti di fare la stronza, devi parlare chiaramente o non potrò aiutarti."
"Io non devo nulla e tu non puoi fare niente, al massimo sono io a dover aiutare te e tutta la tua cricca di super cosi. E mi sento dannatamente confusa. Non capisco cosa mi succede, perché io, cosa provo, chi sono. E tu qui a dirmi che puoi aiutarmi. Come potresti?" Avevo gli occhi lucidi ma sorrisi. "Mi sa non c'è molto da fare. Però non sono ancora morta" Mi abbandonai sul sedile, guardando di nuovo fuori dal finestrino. Sentivo il suo sguardo sulla mia pelle, così mi voltai un'ultima volta, e lo trovai a fissarmi con due occhi verdi di una profondità disumana: era come guardare l'abisso, il suo dolore rispecchiava il mio e rifletteva la sua voglia di amare, così simile alla mia. Mi spaventai di quel contatto, mi sembrava di aver toccato la sua anima come una ladra e ora portarmi dietro un segreto grande quanto Giove.
Sentii un suo sospiro, alzo il volume dello stereo e non proferì parola.
Io pensavo solo a quel verde, capace di oscurare in un attimo al mia solitudine. Il vuoto riempito per un secondo e quella paura di aver trovato una piccola illusione di stabilità era più grande del terrore di perderlo. L'idea che potesse farmi star bene mi destabilizzò e non capii perché.
Improvvisamente abbasso il volume e inizio a parlare.
"Vorrei che questa storia non coinvolgesse nessuno ma siamo in guerra. Ho perso tanto, prima di oggi.." si fermò un secondo e riprese "tu sei la chiave per il nostro futuro e non riesco a capire perché ma mi sei così familiare che mi sembra di conoscerti da sempre."
Lo guardai mentre un vuoto allo stomaco mi fece fare un leggero scatto.
"Ma il tuo scopo è un altro e sarai messa a conoscenza di tutto per poter essere pronta. Se hai bisogno di aiuto puoi chiedere a me." Concluse tornando serio.
Ero triste, non pensavo sarebbe stato di nuovo duro anche se compresi che tra le righe mi stava porgendo il suo aiuto.
"Grazie." Risposi sorridendo. Attesi qualche secondo, lui sembrava fremere, facendo schizzare lo sguardo e le mani tra volante, cambio e cruscotto.
"Rivedrò mai la mia famiglia?"
"Vuoi la risposta secca o quella falsa"
"Entrambe mi sembrano terribili."
Sorrise amaro, la risposta era già chiara.
"Non credo tu debba aggiungere altro." Risposi seria, guardando fissa davanti a me.
"Cosa è per te la tua famiglia?"
Di nuovo. Le sue domande mi lasciavano spiazzata anche se queste erano banalissime in realtà mi mettevano di fronte alla mia vita per come non l'avevo mai vista. Solo a distanza di chilometri e tempo mi stavo rendendo conto quanto non conoscessi nulla di me.
"Beh.. la mia famiglia.. hai visto a Natale, noi siamo molto uniti."
"Si. E so cosa vuol dire." Taglio corto lui.
"Forse per te, ma noi eravamo felici. Beh non ho molti ricordi della mia infanzia, è come se la mia vita fosse iniziata a 15 anni, quando ci siamo trasferiti in Montana" e mi bloccai di colpo, rendendomi conto che non ricordavo la mia infanzia "ma prima.."
"Cosa ricordi?"
"Qualche compleanno, mio cugino, il Lago, la grotta dove facevamo le riunioni segrete con i miei amici e .." cercai di afferrare altri ricordi ma sembravano tutti così sfumati che mi sembrava di essermeli inventati più che vissuti "e basta credo" conclusi amareggiata.
"Ti mancano molto?"
"Senza mi sento persa." Risposi guardandolo "ma insieme è come soffocare." Aggiunsi distogliendo lo sguardo. Lui serrò le nocche sul volante e con la coda dell'occhio notai anche la mascella tesa più del solito.
"Penso sia normale." Rispose lui buttando fuori il fiato trattenuto.
"Tu dici?"
"Faresti di tutto per loro ma a volte dimentichi te stessa. Questo è il problema."
"Conosci bene la situazione." I toni iniziarono ad alzarsi.
"Siamo molto più simili di quanto voglia."
"Se avessi delle ali forse si."
"Dai, mancano anche a me orami." E ridemmo insieme, come se la pesantezza di quella conversazione fosse morta in una battuta ancora più macabra.
"Posso chiederti una cosa?"
"Si"
"Che ti manca di più di quando le cose andavano bene?"
"Io.. beh.." anche lui sembro spiazzato, quasi quella domanda lo avesse messo davanti ad un muro. " io credo le ali."
"Perché?"
"Mi manca volare."
"Deve essere bellissimo."
"Ti senti libero, in grado di farcela, di vincere contro il mondo, non hai bisogno di nessuno"
"Deve essere una bella sensazione."
"Quando avrai riaperto il portale ti voglio far volare con me."
Era una promessa sincera, spontanea ma irreale. Avevo brutte sensazioni sulla mia missione ma feci finta di credere alle sue parole.
"Ci sto."
"Non mi credi." Mi rispose, sorprendendomi di nuovo.
"Io ti credo, si cioè."
"Non mentire"
"Smetti di farmi l'interrogatorio."
"Perché devi reagire sempre così?"
"Hal smettila."
"Allora perché non mi credi?"
"Perché so che non è vero."
"Prevedi il futuro?"
"No ma"
"No ma niente."
"Lasciami finire,no ma la mia è una missione suicida."
"Questo non ti impedisce di credere che io ti voglia far volare con me."
Aveva ragione, di nuovo. Fottuto Hal.
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The Key (h.s)
Fantasía"Certe cose, a volte, è meglio non saperle." Tutti continuavano a ripeterle quelle parole, ma lei non le ascoltò mai. Imparò la lezione quando ormai era troppo tardi, ma forse era inevitabile quello che le successe.