Arrivammo a Detroit a notte iniziata, accolti da un movida chiassosa e scomposta, perfetta per nasconderci.
Sperai meglio del centro commerciale però.
Hal intrecciò le nostre dita dopo avermi aiutato a salire sulla piccola roccia che spuntava dallo specchio d'acqua del canale: avevamo lasciato la pillola sotto il ponte del porto sul lato nord del fiume.
Voltandomi vidi infatti i grattacieli ormai fatiscenti di Detroit, illuminati come dei casinò di Las Vegas, per illudere i visitatori di una grandezza e maestosità in verità inesistenti, a stagliarsi nel vuoto come ultimi vessilli di una gloria remota.
Circondata da piccole case, la città spettrale mi attirava a se come una bambina davanti ad un negozio di giocattoli, eccitata dal ricordo della meraviglia provata in quel posto.
Mi vidi passeggiare per le desolate vie della città, completamente spoglia di persone e vita; aleggiava solo placida calma, tanto che immaginai di sentire il rumore dell'acqua che scorre sulle rocce.
Solo prestando più attenzione mi accorsi di essere in compagnia di un ragazzo: il profilo dolce e paffuto si scontrava con delle labbra carnose e rosso fuoco, quasi avessero il rossetto; il naso dritto e leggermente a patata divideva simmetricamente il volto, separando gli enormi occhi marroni.
Il viso così dolce aumentava di tenerezza incorniciato da un riccissima chioma bionda.
Non riconobbi il ragazzo nemmeno quando si voltò verso di me sorridendo e dicendo:
"Non posso credere tu ce l'abbia fatta."
"Solo per metà purtroppo." Risposi non controllando la mia voce.
"Seguirò il piano alla lettera, non devi preoccuparti."
"Si ma lei lo deve scegliere, non potrai costringerla."
"Non abbiamo nessuna alternativa? Sai che sarà quasi impossibile."
"Un altro modo c'è, in quel caso dovrai" lui mi interruppe rispondendomi categorico:
"È escluso, Hal non lo permetterà mai."
Stavo vivendo qualcosa di estremamente depersonalizzante, era come commentare un film di ricordi altrui proiettati attraverso il mio inconscio mentre però io li vivevo come protagonista. Era come essere soggetto e oggetto contemporaneamente ma privo di controllo su se stesso.Morsi forte il labbro per ricordarmi di essere viva, più o meno. Tornai alla realtà ma Hal non si era accorto della mia assenza mentale. Sentir pronunciare il suo nome mi aveva spinta a tornare da lui e sganciarmi da quelle immagini inquietanti: chi era quel ragazzo? Di che piano stavano parlando? Come riusciva a confondere così tanto la mia percezione della realtà?
Ogni ferita che mi infliggeva lei rispondevo io sottraendole piccoli tasselli del puzzle, sperando che ricostruire lo schema mi avrebbe permesso di bloccarla definitivamente.
Era come se in determinate situazioni lei mi desse involontariamente modo di rubarle dei dettagli di se, attraverso brevi flash, immagini, e forse gli stessi poteri. Dovevo capire il meccanismo attivatore per sfruttarlo a mio vantaggio, contro di lei.
Le nostre dita fredde continuavano a restare solidamente intrecciate nonostante il passo svelto che stavamo mantenendo. Svoltavamo ad ogni incrocio senza guardarci intorno, evitando gli schiamazzi dei giovani nei locali: Hal sceglieva vie poco illuminate e deserte ma assicurandoci sempre una via di fuga.
Finalmente ci fermammo davanti da un enorme blocco di cemento in cui si riconoscevano le tinte di diversi palazzi costruiti ammassati. Apri una piccola porta dietro dei secchioni, facendoci entrare in un minuscolo garage dall'odore acre e di muffa.
"Non sento formicolii, sembra siamo al sicuro" dissi contraendo la mano per attirare l'attenzione di Hal.
"Lo so, qui non ci attaccheranno, siamo troppi."
"Che intendi?" Ma non rispose alla domanda perché aprendo l'ennesima porta di staglio davanti a noi un'enorme sala, gremita di persone e brandine: disposte su file da sei, si dispiegavano all'orizzonte centinaia di letto a castello, in mezzo ai quali, come serpi tra spighe di grano, si muovevano veloci uomini e donne; si sfioravano sinuosi occupando ogni punto del salone, intenti a preparare degli zaini neri, tutti uguali e ordinatamente poggiati sui materassi.
Rimasi a bocca aperta e non mi accorsi di aver sciolto la stretta delle mani poiché Hal stava abbracciando una ragazza.
"Dove eri finito?! Stefan ci ha lanciato un messaggio di allarme e poi è sparito! Dove è Peter?!" Chiese lei staccandosi dal petto di Hal e serrando le mani intorno alle sue braccia.
"Qualcuno ci ha traditi." Disse il mio compagno senza aggiungere dettagli. La ragazza si voltò verso di me e, scrutandomi da dietro gli occhiali tondi e viola, quasi sussultò "Oh mio Dio è la ragazza dei notiziari."
Si avvicinò ulteriormente e aggiunse ridendo "sei su tutti i notiziari nazionali e federali. Qualcuno si piani alti ti vuole bene".
"La mia famiglia non conosce nessuno." Affermai guardando Hal preoccupata.
"A questo penseremo più tardi. Dov'è lui Maggie?" Chiese più dolcemente lui.
"Venite vi accompagno".
Hal evitava il mio sguardo interrogativo e la mia mano che tentava di bloccarlo per chiedere spiegazioni. Attraversammo il salone sotto gli sguardi indagatori della folla che comunque prosegui con i propri compiti.
Margaret apri un'enorme porta bianca intarsiata di rubini e affrescata con centinaia fiori rossi.
"Aspettami qui." Disse Hal lasciandomi in compagnia della ragazza che mi sorrise proponendomi un piccolo giro di presentazioni in cambio di qualche notizia in più sull'assalto.
Le spiegai senza entrare nei dettagli dei colpi alla struttura e delle persone da cui eravamo scappati, senza però soddisfare il bisogno di avere notizie di Peter.
Si dimostrò estremamente disponibile presentandomi ai suoi amici di cui feci fatica a ricordare i nomi; gli unici rimasti impressi furono Malcom, un ragazzo molto magro e minuto dall'aria stravagante e amichevole, e Kat, altrettanto minuta ma estremamente allenata, con cui eri riuscita da subito a scherzare come mio solito.
Sorrisi mentalmente del tempo trascorso in loro compagnia, rallegrato dai racconti dei miei nuovi amici per distrarci dalla pesantezza dei preparativi: tra un racconto e l'altro sulle loro recenti disavventure, mi avevano spiegato infatti che saremmo partiti a intervalli, di li a poche ore per le Cascate, divisi in piccoli gruppi. Solo Malcom sembrava più teso degli altri e di tanto in tento poneva una domanda su qualche dettaglio della nostra fuga, come l'orario o il luogo in cui trovavamo.
Tremai dall'eccitazione e dalla paura, incerta e ansiosa di sapere cosa mi avrebbe attesa. E se Hal sarebbe rimasto al mio fianco.
Lo stimolo della vescica ebbe però la meglio sul momento di relax, così accompagnata da Kat andai al bagno prima di raggiungere Hal nella sala bianca rubino.
Corsi dentro la prima porta aperta senza aver prima scioccamente controllato se fosse stata presente la carta igienica.
Mi irritai con me stessa, ridendo al tempo stesso. Lo sciacquone nella cabina a fianco testimoniò la presenza accanto a me.
"Scusa!" Gridai seduta sulla tazza "per caso hai della carta igienica da passarmi?"
La persona oltre la parete leggera si mosse e grido a sua volta "si ecco! Te la passo"
Una voce maschile calda e avvolgente risuonò nel mio cervello come un campano scossò da un tornado.
Il ragazzo del sogno.
"Tieni" una mano spuntò dalla fessura nella parte bassa della parete; anche questa indossava degli anelli, uno simile a quello di Hal e un altro particolare: una gemma viola era incastonata in una catena argentata che faceva da base per il pesante anello.
Allungai il braccio per afferrare il rotolo e ringraziare il ragazzo, tentando di restare calma. Questo uscì incurante mentre io rimasi bloccata dal terrore, sulla tazza. Una scena penosa e deprimente da cui dovevo tirarmi fuori.
Scoprire il suo nome e il suo ruolo sarebbe stato il primo dei miei obiettivi. Ma non ci volle molto.
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The Key (h.s)
Fantasy"Certe cose, a volte, è meglio non saperle." Tutti continuavano a ripeterle quelle parole, ma lei non le ascoltò mai. Imparò la lezione quando ormai era troppo tardi, ma forse era inevitabile quello che le successe.