"Hai fame?" Chiese Hal catturando la mia attenzione.
Come mi fossi svegliata da un sogno, quando ripresi contatto con la realtà ero così confusa da non essermi resa conto del tempo trascorso.
"Che ore sono?" Chiedi confusa. Odiavo non capire e mi odiavo ancora di più quando non ero in grado di capirmi.
Quella grappa ammuffita mi aveva tramortita come un pugno assestato bene. La testa doleva ma a parte quello solo uno stato generale di spossatezza era ciò che l'alcol aveva lasciato.
Ne avevo bevuto poco ma evidentemente lo stress e i continui digiuni non avevano aiutato a smaltire le tossine.
"È ora di mangiare."
"Tieni il panino." Dissi passandogli un sandwich al formaggio preso dal sedile posteriore dove avevo posizionato le buste prese al...bambina, sangue.
"Clover?" Disse Hal riportandomi di nuovo alla realtà, passando una mano davanti agli occhi.
"Non mi sento bene." Parlai impulsivamente, pentendomi un istante dopo di aver espresso le mie paure. Se ammettevi di star crollando non mi sarei alzata mai più. Dannati effetti dell'alcol anche se di fisico non c'era nulla.
"Lo puoi dire.." lo guardai confusa, così riprese "...che stai male. Lo devi dire, altrimenti crolli."
"No Hal, intendo che devo vom.." non terminai la frase e serrai le mani davanti al mio volto. Hal capì allora che cosa stava succedendo e quasi inchiodò per darmi modo di uscire dalla macchina.Io però non feci in tempo ad aspettare che la macchina si arrestasse completamente, così rigettai nel momento in cui stavo aprendo lo sportello, sporcandolo e calpestando il mio vomito con le scarpe.
Ero ancora intontita tanto da non essermi slacciata bene la cintura ed essere rimasta incastrata.
"Porca troia Clover." Sbraitò lui scendendo dall'auto e aiutandomi ad allontanarmi dallo sportello per finire di vomitare.
"Come cazzo ti sei ridotta." Sussurrò arrabbiato mentre teneva la mia fronte con la mano. "Tranquilla, ci sono io, butta tutto fuori." Parlò mentre mi carezzava la schiena."Mi sento un verme, scusa." Parlai trattenendo le lacrime: ero una sciocca.
"Non devi scusarti Clo."
"E' una scena patetica. Io sono patetica."
"Fa un po' schifo. Stai meglio?" Chiese mentre mi sollevavo barcollante e sicuramente pallida.
"Non avevo mangiato abbastanza." Tentai di giustificarmi io.
"Sicuramente è solo il cibo." Affermò sarcastico. "Mangia del pane, che ne dici?" Chiese mentre mi accompagnava alla macchina. Mi sedetti pesantemente sul sedile del passeggero, infilando le gambe che sentivo fastidiosamente pesanti.
"Cosa c'è che non va Clo? E non dirmi tutto, voglio che mi spieghi quello che tu senti perché come stanno andando le cose già lo so." Ruggì severo.
"Se lo dico vuol dire che sono debole, non posso permettermelo."
"No Clo, vuol dire che sai ascoltarti"
"Non posso ascoltarmi Hal.. tu non capisci."
"Fammelo capire."
Lo guardai, piena di terrore, e trovai gli occhi più dolci del mondo ad accogliermi, un bosco profondo che aspettava solo entrassi per riparami tra i suoi alberi. Arrossii ma non riuscii a staccarmi da quel contatto. Distolse lui lo sguardo per tornare a guardare la strada, restando in attesa di una mia parola.
"A volte pensavo cose strane, i miei pensieri mi facevano paura, così ho iniziato a fare cazzate per non ascoltarmi. Fino a quando ho avuto un incidente." Mi bloccai, o meglio, la mia gola si blocco ma deglutii e decisi di non smettere di parlare. "Sentivo una voce che mi chiamava. Ho desiderato morire. A volte credo di aver tentato il suicidio." Non piansi, la mia lingua si muoveva da sola e Hal accanto a me serrava sempre più forte le dita sul volante. Ero concentrata solo sulle sue nocche, non pensavo a nulla se non al bianco della pelle tesa mentre le parole uscivano da sole.
"Io voglio poter...voglio riuscire a vivere senza sentirmi in colpa. A volte lo faccio, ma per riuscire a reggere devo..non so..punirmi in qualche modo. Devo sconnettermi dalla realtà. E dall'incidente tutto è peggiorato."
"Perché ti senti in colpa?"
"Perché non dovrei se pensassi solo a me stessa?"
"Clo, se questo ti uccidesse, faresti solo più male agli altri." Lo osservai per un secondo, per poi voltare lo sguardo verso il finestrino alla mia destra.
"Ogni giorno penso che potrei crollare. Tutti dipendono da me, c'è gente che vuole rivedere la sua famiglia e conta su di me. Ho perso l'unica persona che mi abbia mai amato. Mi sento solo. Dirlo non mi rende debole, solo sincero." Sussurrò Hal prendendomi la mano.
Decisi di parlare, di buttare via quella scheggia dolorosa incastrata da ore nel io petto.
"L'ho uccisa Hal. Se io non esistessi, quella bambina sarebbe cresciuta e avrebbe visto il mondo, avrebbe giocato, avrebbe vissuto. Invece io.."
"No Clo, non l'hai uccisa tu. Stavi fuggendo e sono stati loro." Non lo guardavo così prese il mio volto per girarlo verso il suo.
"Se tu non esistessi, migliaia di persone si sarebbero arrese alla morte. Ci sono migliaia di persone che aspettano di riunirsi alle proprie famiglie. Solo grazie a te."
"Ho paura. Ho paura di non farcela". Una lacrima scese dal mio occhio, ma trattenni il fiume che voleva esondare, ingoiando un nodo in gola grande pesante una tonnellata.
"Se non ce l'avessi sarebbe strano. E per questo ci sono io, se lo chiedi io ti aiuto."
Lo ascoltai ma un'idea balenò nella mia mente, forte e chiara: io gli servivo. La sua sincerità vacillava ai miei occhi di fronte alla consapevolezza che io ero solo uno strumento, nulla di più importante.
"Già, sono la vostra ultima speranza."
"Lo sei." Rispose freddamente.
Eravamo andati entrambi sulla difensiva, poco contenti di esserci sbilanciati così tanto verso l'altro: avevamo rivelato i nostri punti deboli trasportati da un'inspiegabile fiducia. Evitando altre parole, capii che si era pentito, e io con lui, di esserci così aperti.
Non era il momento di perdersi in smancerie, dovevo pensare a sopravvivere e non potevo fidarmi di nessuno ma almeno dovevo carpire qualche dettaglio in più per riuscire a tenermi a galla.
E forse a dare un senso a tutto questo.
"Quali sono i vostri poteri? Cioè cosa possono fare quei tizi al centro commerciale?"
"Qui rispondo alle leggi della fisica. Al massimo con le ali possono volare e hanno una maggiore percezione della realtà."
"Hanno la super vista?"
"Anche il super udito, la super forza..."
"Okay concetto chiaro. Però non possono bloccare il tempo, come so inspiegabilmente fare io senza capire neanche come." Fossi ridendo dell'assurdità della situazione.
"Beh, già. Questo è il punto che non mi spiego."
"Fosse solo questo." Replicai io.
"Dai, se ti sforzi magari qualcosa capisci." Mi punzecchio Hal.
"Spiegami come ci nascondiamo da quelli ora."
"Mentre dormi io parlo con i miei amici, loro ci coprono le spalle ora. E stiamo preparando una cosetta ma te la daranno al...luogo dove stiamo andando." rispose annoiato lui ma trattenendosi sull'ultimo punto. Io feci finta di nulla e continuai il mio terzo grado.
"Quindi siamo scortati? Perché non vedo nessuno?" Chiesi guardandomi intorno tramite i finestrini per visualizzare qualche auto all'orizzonte ma oltre candide distese di neve, il deserto regnava sovrano.
"Questo vuol dire che stanno facendo il loro lavoro. Sono spie idiota, se le vedessi sarebbero dei falliti."
"Beh perché normalmente darei per scontato il lavoro di una spia-scorta in incognito per semi angeli" dissi strabuzzando gli occhi e schernendo Hal "A proposito, voi siete Angeli?"
"Beh, angeli, demoni, alieni, supereroi... ogni epoca ci dà nomi diversi."
"Come vi chiamate tra di voi?"
"Hal, Marika, Peter.. poi ci diciamo cose tipo 'Ei ciao, come va?', non so se capisci la mia lingua." Rispose lui facendomi scoppiare a ridere.
"Daii voglio conoscere la vostra storia."
"La nostra storia era in funzione vostra, siete voi ad averci sempre chiamato e alla fine siamo rimasti incastrati a voi. Quando sei un popolo solo in una dimensione non ha senso differenziarti. Posso dirti che abbiamo dato un nome alla nostra dimensione. Forse così avremmo dovuto farci chiamare, ma non ci avete mai dato retta."
"Avete dato un nome alla vostra dimensione per riconoscerla da questa, ma non lo avete detto a nessuno. Perché?"
"Oh, noi lo abbiamo detto. Ma le parole cambiano nel tempo, così uno si dimentica il suono originale. A volte uno si scorda proprio il nome di casa sua. Assurdo. E noi non vi abbiamo mai ricordato chi siamo, o almeno, parte di noi."
"Tu lo ricordi ancora vero?"
"Non lo dimenticherei mai. La mia dimensione si chiama Olim"
"Che lingua è?" Chiedi rimanendo stupita dello strano suono uscito dalla sua bocca: la I sorda era completamente inglobata da una consonante unica che fondeva la l e la m mentre la o risuonava vibrando come i mantra buddhisti.
"È in Braniano"
"Che vuol dire?"
"Olim in braniano vuol dire buco nero. La nostra dimensione annienta e modella qualsiasi altra. È il nocciolo della mela capito?" Chiese lui stringendo la mano in un pugno per minare il cuore duro di un frutto.
"Quindi voi siete il centro di tutto."
"Esattamente."
"I buchi neri creano cose?" Chiesi rimanendo a bocca aperta.
"Ancora non ci siete arrivati a questo punto. Lo devi vedere per capire. Quando aprirai il portale te lo farò vedere." Sorrise e io ancora più stupita credetti per un attimo alle sue parole, forse un giorno avrei davvero visto come nasce il mondo.
Sempre che questo non fosse tutto un delirio della mia mente in coma. Forse stavo perdendo la testa, ma non potevo tornare indietro.
"E chi sono quelli dentro Olim?" Chiesi cercando di pronunciare la parola come aveva fatto Hal.
"Da quando ci siamo divisi abbiamo iniziato a chiamarli Gadelim, che vorrebbe dire i Guardiani Neri."
"Grazie per la traduzione, e voi come vi chiamate?"
"Loro ci chiamano Bridini, cioe I Rinchiusi."
"La vostra lingua è così affascinante."
"Anche molto difficile da insegnare."
"Non ne saresti in grado tu. Però forse qualche tuo amico potrà farlo." Dissi prendendolo in giro.
"Nessuno ti si avvicinerebbe."
"Dai, dimmi un'altra parola."
"Teg, che vuol dire cuore. Quello che non hai."
"Pensavo cervello, quello che non hai tu."
"Ferdet."
"Mi hai insultata?" chiesi puntandogli il mio sguardo fintamente offeso.
"Esattamente" rise lui in tutta risposta.
"Smettila di fare il bambino." Sventolai una mano davanti a noi e ripresi con le domande. "Oltre tutta questa storia della lingua, perché nessuno vi ha mai visto?""Oh, per quello di sono i celdi."
"Senti, devi parlare normale."
"Nell'Olim abbiamo delle funzioni: i celdi sono quelli che possono manipolare la mente. Letteralmente significa cancella ricordi. Se qualcuno ci scopre, manipolano la mente per contraffare la memoria."
"La vostra società è davvero complessa."
"Si, e sappi che non starò qui a spiegarti tutte le funzioni dell'Olim."
"Davvero Hal, sei così fastidioso. Tieniti pure i tuoi segreti." Risposi con aria di sufficienza alla sua contrarietà.
"Dai, fammi qualche altra domanda se vuoi." Rispose dandomela vinta.
"Cosa vogliono da me questi Gadelim?" Chiesi io tornando semi seria.
"Chiudere il portale. Lo stesso che noi vogliamo aprire."
"Scusa ma è chiuso o aperto"
"Vale dire che è accostato?"
"No Hal, non sto capendo." lo guardai confusa, facendo ondeggiare la testa per cercare di svegliare il mio cervello.
"Immagina una stanza con una lampadina. Tu sei la corrente per accenderla. Il problema è che fino a qualche mese fa, la lampadina non esisteva proprio, e neanche la stanza."
"Qualcuno ce l'ha messa."
"Si. Perciò, noi vogliamo accendere la lampadina, loro distruggerla"
"Interessante." Parlai lentamente. Riflettei sulle sue parole e una strana inquietudine si sollevo in me.
"Ti uccideranno per distruggerla." Irruppe Hal nel mio flusso di coscienza, riportandomi alla realtà.
"Anche voi lo farete."
"Non è vero Clo." Rispose lui mentre un cazzotto allo stomaco fece salire un vortice di dolore al mio cuore. Non potevo contare su nessuno, meno che mai su Hal, l'unica persona ad avermi mai fatto sentire così a mio agio in vita mia.
"Non ho bisogno di false illusioni Hal. Vi aiuterò, non mi è rimasto molto da fare." Risposi serrando le labbra in una linea di sorriso.
Ripensai a quella bambina, a ciò che avevo permesso, e promisi a me stessa che nessun'altra vittima innocente avrebbe pagato al posto mio. Avrei aperto quel portale e ci avrei chiuso questi esseri per sempre.
Costasse quel che costasse.
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The Key (h.s)
Fantasy"Certe cose, a volte, è meglio non saperle." Tutti continuavano a ripeterle quelle parole, ma lei non le ascoltò mai. Imparò la lezione quando ormai era troppo tardi, ma forse era inevitabile quello che le successe.