Sentii le urla dei soldati fuori dalla tenda strapparla di colpo per entrare in cerca di noi fuggiasche.
Avevo poco tempo ma sapevo cosa fare. Mentre mia madre priva di sensi e Sunny quasi in preda ad un attacco di panico mi facevano da scudo agli occhi degli uomini, sentii la schiena infiammarsi.
Urlai dal dolore, svegliando mia madre che si gettò alle mie gambe, mentre due enormi ali si aprivano dietro le mie scapole: piume così bianche da illuminare lo spazio intornia noi, accecarono gli uomini in corsa verso la nostra direzione, costringendoli a chiudere gli occhi arrestandosi sul posto.
Ogni mio movimento era preciso e convinto, appreso grazie a Cassandra e diventato parte integrante di me. Sentivo estranea tanta dimestichezza ma allo stesso tempo percepivo l'energia fluire da me sotto lo stretto controllo della mia mente.
Presi le due donne tra le mie braccia e squarciando il soffitto della tenda mi librai in volo.
Sentii il vento accarezzarmi il volto come faceva la donna tra le mie braccia quando ero bambina. Vedevo la luce diventare più intensa e l'aria più pulita; il terreno sotto di no si allontanava ma le vertigini e la paura di quel ricordo recente non erano paragonabili alla sicurezza che provavo ora.
Potevo volare e lo volevo. Sunny e Flora urlavano avvinghiate a me.
"Fidatevi, vi tengo" tentai di rassicurarle in modo da concentrarmi sull'aura di Hal.
Lo sentii sotto la cascata, dietro lo scrosciate violento dell'acqua, ansioso e arrabbiato ma ancora speranzoso.
Battei le ali per aumentare la velocità, ancora e ancora, fuggendo dagli angeli che inevitabilmente mi avevano seguita.
Scesi in picchiata, sfruttando le correnti d'aria per andare ancora più veloce verso la cascata, con loro a pochi metri da me.
Una decina, Alexander in testa, mi urlavano cercando di raggiungermi.I primi proiettili squarciarono la nebbia, diretti verso di me lo sciame famelico della mia cattura. Schivai i colpi, sperando di non essere ostacolata a così pochi metri dal mio arrivo. Le due donne ancorate a me urlavano sempre più spaventate ma io sapevo di potercela fare, dovevo dolo sperare che non mi avrebbero uccisa una volta entrata nella loro base.
Non potevo voltarmi per controllare la situazione ma notai come i colpi si erano spostati alle mie spalle e non erano più diretti contro di me: o non ero più sotto tiro o mi avevano rinosciuta.
Battei più forte che potevo le ali bianche e finalmente sentii il contatto freddo dell'acqua inzupparmi e arrestare la mia corsa, scagliandosi però verso terra.
Tentai di attutire la caduta chiudendoci a scrigno con le ali, ma il colpo mi stordii così tanto da paralizzare i miei arti.
Sentivo le voci preoccupate intorno a me e le armi caricate e puntate contro di noi.
" non sparate siamo Flora Clover e Sunny" urlò mia madre cercando di alzare l'ala sinistra immobilizzata e contratta. Non riusciva ad uscire e continuava ad urlare spaventata di non ucciderci.
Io sentivo distintamente il mio respiro dolorante, la vibrazione del petto di mia madre, il tremito delle gambe di mia sorella.
Dovevamo sbrigarci, dovevo riprendere il controllo per porre fine alla guerra ma il colpo era stato davvero forte; inoltre quegli gadelim mi avevi seguita e probabilmente ci avrebbero attaccato a momenti.
Dei crampi assalirono il mio stomaco, così forte da farmi dimenticare di qualsiasi altra cosa.
Probabile avrei solo dovuto riposarmi e fare un pasto completo.
Improvvisamente i miei sensi diedero in escandescenza, lo sentii avvicinarsi, e toccare le ali doloranti. Queste come un fiore a primavera si schiusero liberando le due donne che schizzarono ai lati del mio volto cercando di farmi parlare.
Io guardai Hal negli occhi, e un piccolo ricordo saltò fuori dal cassetto, inaspettatamente una morsa mi strinse lo stomaco così forte da farmi stringere gli occhi.
Ricordai delle labbra toccarsi e senso di vuoto. Ma desiderai aiutarlo nel suo piano: spinta da motivazioni sconosciute sentivo di doverlo aiutare al costo della vita, dovevo salvarlo e tenerlo con me per sempre.
"Clo, cosa ti è successo?" Chiese triste sfiorandomi la guancia con la mano di nuovo calda. Non riuscivo a rispondergli ma senza che ne avessi controllo una lacrima scese dal mio viso. Hal la raccolse con il pollice e sorridendo amaro si chinò verso di me per sollevarmi da terra e portarmi in braccio lontano dalla folla, sotto gli occhi esterrefatti di tutti e seguiti da Sunny e Flora che urlavano domande a ripetizione del tipo "chi sei tu? Che volete da noi? Perché Clover? Ci uccidere? cosa le avete fatto morirà moriremo liberateci" e altre mille richieste a cui Hal non diede risposta se non
"O state zitte e vi uccido, Clo è la priorità."
"Dieci di loro ci seguivano!" Urlò mia sorella spaventa.
Hal si bloccò, le mie gambe ondeggiarono e la testa mi sbatte contro il suo petto.
"Se non ve ne foste accorte, gli stavamo, vi stavamo sparando mentre volavate qui. Marika! Portale con te." Disse Hal chiamando la ragazza che non vedevo dalla presa di Dedalo.
Evidentemente era riuscita a raggiungerli sana e salva, mi chiesi dove fossero Peter e Stefan. Erano i ragazzi del Bunker.
Figure che nei miei ricordi avevano occupato giornate, ore, così intense da sembrarmi l'intera vita; tutte le sensazioni che avevo provato avevano preso nella mia mente forma: erano diventate parole, colori, suoni, ognuno incasellato in uno specifico sistema di codici che mi permetteva di provare empatia senza emozionarmi.
La rivoluzione della mia mente era andata oltre: comprendevo l'importanza di tutti i rapporti che avevo senza la necessità di sentirli davvero; era come essere sordi: ero ovattata dai miei pensieri, parlavo con me stessa e l'unica cose che davvero sentivo era il dolore fisico.
Rimasi a riprendere le forze tra le braccia di Hal che aveva raggiunto però una brandina nella zona infermeria sulla quale mi posò.
Le ali dietro la mia schiena erano come dei capelli: la sensazione di una presenza tra le scapole che solleticava di tanto in tanto la nuca, ma nulla di più. Seguivano i miei movimenti, piegandosi similmente alle mie braccia. Sapevo di poterle ritirare, ma preferii tenerle per adattarmi meglio alla nuova compagnia.
Hal era chino di fronte a me, allungò la mano per toccare lo zigomo spaccato.
"Alexander?" Chiese Hal a conferma dei suoi dubbi. Io annuii muovendo la testa, troppo stanca per parlare.
"Cosa ti è successo? Il colore del tuo occhio, il tuo braccio.." pronunciò la fatidica domanda ma prima che potessi rispondere si chinò nuovamente su di me lasciandomi un dolcissimo bacio sulle labbra. Il contatto fu leggero come il petalo di una foglia che si posa sull'acqua.
Il mio stomaco però non aveva smesso di dolere, i miei pensieri erano incentrati sui crampi che assalirono il mio ventre tanto da farmi contrarre a riccio allontanando Hal dal mio viso.
Aprii gli occhi sorpresa della reazione del mio corpo, avevo assolutamente bisogno di cibo.
"Potrei avere del cibo? Ho un mal di pancia terribile" sussurrai stremata.
"Te lo faccio portare" mi rispose lui con fare interrogativo "sbrigati a riprenderti, li terremo lontani qualche altro minuto ma poi dovremo andare. Ti ricordi il piano o il colpo ti ha completamente rincoglionita?"
M'invase un altro crampo allo stomaco, meno intenso dei precedenti, accompagnato da una leggera emicrania.
"No, credo sia il colpo che ho preso dalla cascata" dissi indicando il corridoio umido che avevamo percorso.
Hal mi guardò ancora più interrogativo e concluse dicendo "ne parliamo dopo."
Potevo catalogare i ricordi condivisi con qualsiasi persona nella mia vita ma solo in quel momento mi accorsi che di momenti passati con Hal non rimaneva nulla: il viaggio intrapreso fino a questo punto nei miei ricordi vedeva la presenza di una figura indistinta. Un uomo con cui avevo passato giorni in auto, ore di allenamento, sparatorie ma di cui non potevo descrivere nulla perché la mia mente aveva cancellato ogni elemento vitale da lui.
Capii in quel momento, sotto la stretta morsa della mia pancia che qualcosa non andava: Cassandra voleva vivere le emozioni al posto mio con Hal, aveva segregato i ricordi che avevo di lui in un angolo della mia mente sperando che non avrei cercato di riprendere il controllo di me? Ma soprattutto, cosa pensava di ottenere così?
Vomitai, inaspettatamente, ai piedi della branda su cui ero seduta. Non provavo emozioni, quel dolore era l'unica cosa rimasta.
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The Key (h.s)
Fantasy"Certe cose, a volte, è meglio non saperle." Tutti continuavano a ripeterle quelle parole, ma lei non le ascoltò mai. Imparò la lezione quando ormai era troppo tardi, ma forse era inevitabile quello che le successe.