La luce filtrava dalle tapparelle della finestra, la cui serranda era stata appena tirata su, non eccessivamente, quel tanto che bastava per accecarmi. Un lieve fresco entrava nella stanza, e capii da dove proveniva quando intravidi il parcheggio esterno tra i battenti della porta, aperta; un quadro triste, un panorama che percepivo così emotivamente distante da sembrare finzione. Mi tranquillizzai subito, vedendo Hal li con il suo telefono in mano: evidentemente aveva ricevuto una chiamata e per non svegliarmi era uscito sullo stretto patio.
"Clo, alzati, dobbiamo andare via il prima possibile. Sono già sulle nostre tracce."
Se il buongiorno si vede dal mattino mi aspettava una giornata di merda, ma guardando il lato positivo, ci avrebbero già potuto trovare; per lo meno non eravamo in pericolo di vita.
Mi affrettai ad alzarmi dal letto e andai in bagno; non avevo con me vestiti o il cambio, indossavo la felpa nera e una maglietta di mia sorella, l'unica cosa rimastami per sentire la mia famiglia accanto. Così mi lavai e basta, per evitare di sprigionare un fetido odore nel giro di poche ore. Osservai il bagno, nel momento e nel luogo più contemplativo del mondo, la tazza del gabinetto: sembrava essere stato arredato, così come poi il resto delle altre stanze, da un designer nel primo dopoguerra; le piastrelle che ricoprivano tutta la parete fino al soffitto, avevano una fantasia a fiori rosa e azzurra, mentre sul pavimento vi erano fissate delle larghe lastre di finto marmo, ingiallite anche quelle; il mobilio era coerente allo stile post conflitto mondiale, quindi mobili in legno umido e gonfio, le cui ante se aperte emettevano un fischio degno di una teiera che bolle. Mi preparai, in ogni caso, in pochissimo tempo, uscii da lì mentre Hal mi aspettava sulla porta, intento a parlare al telefono con chissà chi.
"Ci vediamo a Detro.. tra 10 giorni..Si lo so..Non è colpa mia..Stai zitto..Faremo del nostro meglio." E chiuse la chiamata, un lungo viaggio ci attendeva.
"Vogliamo andare?" Mi chiese girando appena la testa. Aveva il giaccone nero lungo sempre slacciato sul davanti e mi guardava un po' impaziente.
"Come desidera signore. Ma, dove stiamo andando precisamente?" chiesi mettendomi il mio parka e passando davanti a Hal. L'inverno era entrato prepotentemente al posto dell'autunno e la sua presenza era visibile dai ciuffetti di erba tra le crepe della strada immobili al vento, congelati come le mie dita. Il naso iniziò a pizzicare quasi subito, quindi mi strinsi le spalle vicine chiudendomi a riccio per sopportare la temperatura.
Odiai vedermi così, il mio amore per il freddo sembrava essersi trasformato in paura; sotto le mentite spoglie dell'odio, quel sentimento mi stava cambiando. Non mi sentivo protetta e iniziai a desiderare una coperta di pile, una tazza di tè appena fatta, un camino acceso a fiamma viva, il calore umano di un abbraccio.
Hal stava chiudendo la porta, aveva consegnato le chiavi mentre io ero in bagno: era pronto a partire."Non posso essere preciso, per ora quello che posso dirti è che andiamo al confine est del Canada. Se mai ti dovessero prendere, vorrebbero sapere dove si trova l'ultimo portale che ci farà arrivare ai cancelli della dimensione, ti torturerebbero e tu cederesti, per quanto tu possa essere forte. Perciò non te lo posso dire, o rimarremo per sempre incatenati a questo posto."
"Devo dire che sei sempre molto diretto. Il tuo tatto mi lascia sempre così, come dire, serena." Ironizzai. Lui si girò e mi sorrise, il labbro superiore ora era più sottile del solito e le narici si erano leggermente allargate.
"Vuoi ti racconti serene bugie?"
"Giusto un po'" dissi un tono amaro. Stranamente però, la sua schiettezza non mi allontanava.
Hal aveva messo in moto la macchina e ormai eravamo a piena velocità sulla strada principale. Mi stavo annoiando, non avrei passato questi giorni zitta e muta, ore di macchina in silenzio mi avevano fatto sempre diventare nervosa. Decisi che forse conoscere un po' meglio il ragazzo accanto a me, sarebbe stato un perfetto passatempo.
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The Key (h.s)
Fantasy"Certe cose, a volte, è meglio non saperle." Tutti continuavano a ripeterle quelle parole, ma lei non le ascoltò mai. Imparò la lezione quando ormai era troppo tardi, ma forse era inevitabile quello che le successe.