Difficoltà

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Solo mentre percepivo la presenza di Alexander più vicino, compresi il pericolo al quale mi stavo esponendo.
Sicuramente non ero indifesa come la prima volta che ci eravamo visti ma neanche lui lo sarebbe stato.
L'uomo che si era macchiato della morte di mio padre era lo stesso con cui avrei fatto un patto per salvarmi la vita.
Il senso di disgusto mi assalì, ma un vento gelido mi fece dimenticare del senso di vuoto per un secondo, portandomi a concentrare sulla visuale di fronte me.

Decisi di raggiungere l'accampamento a piedi, per evitare combattimenti in volo troppo rischiosi.
Planai verso il suolo, nascondendomi nella piccola radura accanto al corso d'acqua.
Cercai di non fare troppo rumore spezzando ramoscelli sul terreno ma evidentemente le guardie si erano già accorte della mia presenza: una freccia bianca saettò alla mia sinistra.
La fissai scossa e chiusi istintivamente le ali a mandorla, per proteggere il mio corpo da altri attacchi.
Chiusi gli occhi per bloccare i miei aggressori e visualizzai quattro sentinelle disposte a rombo intorno a me.
Le immobilizzai tutte e corsi a perdifiato fino all'ingresso del campo, inaspettatamente incustodito.
Camminai verso quella mi ricordavo essere la tenda di Alexander, sostenuta dal sentire la sua presenza.
Aprii la tenda ed entrai velocemente.
"Tutto mi aspettavo meno che tornassi qui."
Diversamene dalle parole pronunciate, non appariva per nulla sorpreso: l'uomo mi attendeva seduto davanti alla sua scrivania, rivolta direttamente verso l'entrata.
"Sembra mi aspettassi."
"Ti hanno vista arrivare, comunichiamo veloci noi" disse sorridendo "ora però dovrei farti uccidere."
"Non lo hai fatto la prima volta, non lo farai ora." Dissi più convincente possibile.
"Tuo padre non la pensa così." Il senso di vergogna mi attanagliò, da chi mi stavo facendo aiutare? La testa iniziò a dolore di nuovo ma i miei pensieri erano condensati sul mio obiettivo.
"Sono qui per altri progetti." Risposi secca, mentre l'occhio iniziava sinistro iniziava a bruciare. Trattenni la voglia di stropicciarlo con la mano per dare sollievo al fastidio ma sarebbe potuto essere interpretato come segnale di cedimento.
Rimasi immobile, percependo il sangue scorrere più lentamente di prima.
"Cosa sai giovane umana?" Chiese Alexander alzandosi dalla sedia per venire a pochi centimetri da me.
Era un uomo imponente, svettava su di me di diversi centimetri e la corporatura massiccia lo rendeva ancora più temibile.
"So che ti servo."
"Non penso tu sia così generosa da fare un regalo del genere. Hal ha già aiutato Ulisse una volta, conosco il trucco del cavallo. Cosa vuoi?"
"Voglio vedere dov'è mio padre. In cambio chiuderò il portale."
"Perché dovrei fidarmi?"
"Perché non hai altra scelta."
"Cosa farai altrimenti?" Mi chiese con aria spavalda.
"Lo aprirò."
Rimase in silenzio, ad osservarmi attento, studiando cosa dire.
Mantenni lo sguardo, attendendo la risposta.
"Noi sappiamo dove è il portale e la procedura che dovrai usare. Non potrai scorrazzare dove ti pare, sarai sempre sorvegliata. Niente scherzi. In cambio nessuno ti torcerà un capello e chiuderai quel buco per sempre"
"Il mio ritorno volontario fa da lascia passare, niente manette. E voglio sapere dov'è mio padre."
"Ti sto già risparmiando la vita"
"Io la sto risparmiando a te"
Non rispose ma continuai a fissarlo. Ero il tassello mancante nel suo puzzle, disposto volontariamente a donarsi per i suoi utilizzi.
"Ti ho detto che tuo padre è morto. Non è servito neanche che lo uccidessimo noi, era già morto quando siamo arrivati."
"Lo avete ucciso voi."
"Oh no, i nostri tegbunlo hanno manomesso i ricordi delle altre due umane per renderle inoffensive e spaventate da noi." Parlò scuotendo le mani davanti ai suoi occhi, come a discolparsi da accuse troppo pesanti, quasi si sentisse in colpa. Una fortissima emicrania mi colpì di nuovo ma cercai di controllare il dolore attraverso i respiri: il braccio formicolò appena ma in modo diverso dal solito, come se fosse punzecchiato da sottili aghi.
"Quindi ora dove si trova."
"Credo altri umani lo abbiano trovato dopo essercene andati." Ogni mia fatica si era rivelata inutile, la moneta di scambio aveva perso completamente valore e con lei la motivazione che mi aveva condotta qui. Mi sentii persa e cercai di aggrapparmi alla voce roca e pacata di Hal che diceva di voler lottare al mio fianco. Mio padre non era qui, non era stato ucciso dai gadelim e soprattutto alcuni di loro potevano deformare i ricordi. Il flash delle due me in posizioni diverse mi accecò per un secondo, lasciando al suo posto una vertigine che mi fece barcollare. Resistetti e osservai di nuovo Alexander.
"E' troppo tardi per tornare indietro, ci aiuterai comunque." Sorrise sornione, non sapendo che i nostri scopi coincidevano comunque.
"Domani mattina partiamo, stanotte dormirai qui con noi, è ora di conoscere gli altri."
Non appena terminò la frase dalla tenda entrarono armati e con manette in mano cinque persone, con gli occhi gioiosi ma severi.
Convinti di poter vincere la guerra con me tra di loro, la loro faccia trasudava speranza ma la disciplina imponeva una neutralità così ferrea che piuttosto che sorridere, tremavano dall'entusiasmo, quasi il loro corpo avesse preso parola.
"Gabriele, te e Rachele avrete il compito di sorvegliarla, domani mattina si occuperanno di lei Sara e Martin. Portatela nella sua vecchia tenda, si sentirà a casa." Sorrise maligno verso di me, ma bloccò Gabriele prima che serrasse i miei polsi in delle manette stranamente morbide.
Diversamente dal metallo che mi aspettavo di sentire, una superficie morbida stringerla la mia pelle, come un tessuto di velluto.
"Se avessi cercato di toglierle le corde si sarebbero strette più forte rilasciando un veleno immobilizzante." Disse il gadelim mentre legava i miei polsi "però sono comodi".
Risi sinceramente divertita e questo mi guardò sorridendo in risposta, un po' stupito della reazione.
"Prima di andare, controllatela".
Nemmeno me ne resi conto tanto la velocità dei loro movimenti, che i cinque ragazzi, disposti a stella intorno a me, iniziarono a tastarmi con prepotenza.
Ogni volta che la mano di qualcuno serrava un oggetto duro sul mio corpo, una scarica elettrica attraversava le mie viscere, lasciandomi stranamente stordita.
"Bevi. Serve a farti perdere le tracce." Mi disse il ragazzo rimasto anonimo porgendomi una fiala verde.
"È la stessa che ti ha fatto bere Peter." Aggiunse Alexander notando il mio sguardo contrariato.
"Che vuol dire?" Chiesi curiosa.
"Bunker? Dedalo? Effetto morta vivente? Soffri di amnesie ragazzina?"
La domanda mi lascio di sasso. Sapeva tutto quello che avevamo fatto e sicuramente era stato aiutato da Marika in questo e mi stupii che Lucifero non ne sapesse nulla dal momento che Gabriele era la sua prima fonte. Doveva essere un passaggio all'interno della congiura: Lucifero e Alexander non erano così nemici come apparivano e sicuramente la moneta di scambio era stata Teresa.
Mandai giù il contenuto, percependo la sostanza percorrere il mio esofago fino allo stomaco.
"Ci vediamo domani, sogni d'oro." Disse Alexander prima che lasciassi la tenda.
L'incontrò era stato surreale e sentivo il gelo salire dietro la nuca trasformandosi in una forte emicrania.
Seguii Gabriele e Rachele, mentre gli altri tre rimasero in compagnia dell'angelo.
La testa scoppiava ma l'ora di riposare sarebbe arrivata a momenti, dovevo resistere solo qualche altro passo.
"Eccoci, entra qui." Disse Rachele scostando un drappo viola e lasciandomi entrare nella piccola dimora.
Scarna, con il pavimento di terra battuta coperto da tende persiane, la finta stanza mi diede il benvenuto con un odore di urina tremendo.
"Te dormi li." Disse poi indicando una brandina all'interno di una gabbia. Quel bianco mi perseguitava: anche la cella era di quel materiale fatale, che probabilmente ora aveva effetti anche su di me; la prima volta qui ero stata richiusa dentro del normale ferro ma ora la gabbia era diversa, io lo ero.

The Key  (h.s)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora