Partenza

44 3 0
                                    

Silenzio. Nessuno sapeva cosa dire, troppo intenti a capire cosa fare e che parole usare per iniziare a parlare di quell'argomento che avrebbe sicuramente, in un modo o nell'altro, segnato una svolta nella mia vita. Le domande erano talmente tante che si mescolavano insieme, impedendomi di costruire un pensiero coerente. Era come trovarsi nella centrifuga di una lavatrice e dover aspettare la fine del ciclo. La testa iniziava a dolere e l'adrenalina stava lasciando spazio al senso di vuoto.

Hal aveva solo una mano sul volate, l'altra gli teneva il volto leggermente inclinato mentre aveva posizionato il braccio sulla portiera di fianco a lui. Io era nella stessa postura ma a specchio rispetto a lui. Poggiai la nuca al poggiatesta, il paesaggio cambiava rapidamente, monti, gallerie, laghetti, mentre io tentavo di aggrapparmi a qualcosa: riuscii a capire dove eravamo fino ad un certo tratto, ma superato il ponte del fiume Jefferson persi ogni punto di riferimento. Fu a quel punto che decisi di parlare, sommersa dalla voglia di sapere cosa stava succedendo e dalla paura che tutto ciò sarebbe stato troppo da capire: avrei fatto una piccola domanda alla volta.

"Dove stiamo andando?" non lo guardai in faccia, ma lui si girò al suono della mia voce.

"Al sicuro." sempre molto diretto questo ragazzo, non lascia spazio all'immaginazione devo dire. Mi stavo incazzando davvero e stanca di tenermi tutto dentro tirai fuori il meglio di me.

"Chi erano quelli?"

"Gente che ti vuole morta."

"Chi saresti tu e i nostri?"

"Gente che ti vuole aiutare e che tu devi aiutare." Sorrise tranquillo. Io ribollii di rabbia.

"Hai rotto il cazzo con queste spiegazioni vacue e da megalomane con la sindrome di Tarzan. Penso di avere più che il diritto di sapere. Non solo mi hai terrorizzato per giorni con le tue apparizioni da stalker, ma per colpa tua ho rischiato di morire un paio di volte almeno, tra infarti e tizi che mi inseguivano. Pensi di poter essere così coraggioso ora da potermi spiegare?"

"Sei tosta, non mi piaci." Commentò con fare distratto.

"Non mi interessa piacerti, voglio sapere e basta." Sbottai io infuriata.

"Facciamo così, se mi dai il tempo di arrivare all'hotel ti spiego tutto." Questo era davvero troppo, non solo cercava di cambiare argomento, ma stavamo pure andando in un hotel chissà dove senza il mio consenso. Esplosi.

"Tu giochi con il fuoco" misi le mani sul suo volante, cogliendolo di sorpresa e facendolo sbiancare. Lo girai di scatto per farlo accostare e per fortuna non correva troppo. La macchina sbandò un po' e mentre lui tentava di rimetterla in linea con la strada rallentando per evitare un testacoda, io tirai il freno a mano. Ma chi si credeva di essere. La macchina inchiodò sbandando leggermente.

"MA SEI IMPAZZITA?! POTEVI MORIRE!" ero leggermente divertita dalla sua reazione, non se lo aspettava davvero, ops.

"Anche tu potevi morire."

"No, è qui che ti sbagli. Mi hai rotto il cazzo, volevo spiegarti tutto senza rischiare di farti collassare, ma hai giocato con la mia pazienza e non hai vinto." Ci siamo, non sono pronta ma voglio sapere.

Il tempo nella macchina sembrò bloccarsi, mentre fuori passava ogni tanto una macchina, la neve stava riniziando a cadere, ma dentro l'abitacolo stavo sudando, freddo, ma stavo sudando.

"Hai presente la bibbia, antico, nuovo testamento, angeli, demoni, satana e tutti gli altri?"

"Sì, ma sono atea" precisai. Dove voleva andare a parare?

"Ironia della sorte" rispose facendo spallucce "Beh, per come sono raccontate le cose lo sarei anche io. Non è andata così tutta la storia." lo interruppi, mi stava davvero prendendo per scema.

"Perché, c'è mai stata 'tutta una storia'? Andiamo pensi davvero io creda a queste cazzate?!"

"Non è colpa mia se la chiave è una ragazzina psicolabile e atea. Ascoltami e stai zitta, non ti sopporto più. Se non fossi così misericordioso ti avrei abbandonata qui dieci minuti fa."

"Sentiamo che favole inventerai." Non che mi fidassi, ma a questo punto, volevo sentire fino a che punto arrivava con le sue bugie malate.

"Bene, molto tempo fa l'Olim, che secondo voi sarebbe Dio, creò tutto, e fino a qui siamo d'accordo. Noi eravamo tutti contenti, voi piccoli esseri umani ancora non c'eravate, ma eravate in progettazione. Poi siete arrivati, e noi vi abbiamo accolto, vi abbiamo insegnato a usare strumenti, elementi naturali e voi siete sempre stati gentili. Voi avete questo piccolo mondo, noi un'altra dimensione, casa nostra non è questa, diciamo che eravamo qui per darvi una mano. Ora arriva il bello, mentre una parte di noi continuava diligentemente il lavoro, un'altra iniziava a far girare voce che la dimensione era aperta, e avevano la chiave per chiuderla, per farla loro, governarla e cambiare le sorti della vita. Era vero, e fu proprio quello che fecero. Dal giorno alla notte andarono via, chiusero le porte e presero tutto il potere, riuscirono perfino a toglierci le ali anche se alcuni delle nostre doti sono rimaste. Hanno fatto scrivere una storia completamente inventata su di loro, facendo passare noi per i cattivi."

"E dio?"

"Oh, lui non è qualcosa di concreto, non è una persona. Immagina un fiume: l'Olim è il fiume e noi siamo le molecole d'acqua. E comunque, nessuno ha mai capito come ha progettato le dimensioni...più o meno." Concluse pensieroso.

"Bene, sai potresti scrivere un romanzo. Aggiungendo qualche particolare qua e là verrebbe davvero bene. Vaffanculo Hal, io me ne vado." Sorrisi prima di voltarmi per aprire la portiera dell'auto ma la sua mano mi blocca il mio braccio.

Mi girai bruscamente e mi accorsi che non mi stava guardando, era concentrato sullo specchietto retrovisore e non capii la sua espressione corrucciata finché non mi girai verso il bagagliaio. Spalancai la bocca: un ragazzo in piedi con le braccia lungo la schiena e gambe semi divaricate, come un generale pronto a fare un discorso al suo esercito, si stagliava in mezzo strada fieramente.
Distolse lo sguardo da Hal e mi inchiodò al sedile con un'occhiata, sorridendo soddisfatto. Mi tremarono le mani, lui non accennò a smettere di fissarmi con quel sorriso perfido sulle labbra mentre Hal tornato lucido, accelerava in direzione opposta a dove si trovava il maniaco.
Controllava continuamente lo specchietto retrovisore con la mascella serrata e le nocche bianche serrate introno al volante.

Chiusi gli occhi per un secondo, non riuscendo in nessun modo a pensare lucidamente quando qualcosa che non mi era mai successa prima mi paralizzò un'altra volta sul sedile.

Come se stessi sognando molto nitidamente si parò davanti a me la figura del ragazzo di prima, con delle ali spiegate che volava sopra una macchina rossa fissandola e cercando di raggiungerla. Non sembrava sapere che io ero lì ad osservarlo e continuava a volare veloce.

Come per istinto tesi una mano davanti a me con il palmo rivolto a lui che inaspettatamente si bloccò, immobile, come se il tempo si fosse fermato.

Fissai ora la mano davanti a me dentro l'abitacolo della macchina, all'improvviso mi ero come risvegliata.
Sentii il sapore ferroso del sangue in bocca e solo allora mi accorsi di quanto stavo stringendo il labbro tra i denti.

"Credo di averlo fermato." dissi sotto shock, leccando il labbro ferito e tremolante mentre mi strofinavo gli occhi lucidi.

Hal si girò verso di me, senza che io gli dicessi come e di cosa stessi parlando lui intuì ma rimase stupefatto.

"Tu non dovresti riuscirci." Forse quello che aveva detto non è del tutto falso. Forse era arrivato il momento di credere in qualcosa e fidarmi di qualcuno.

"Chi sono io?"

"C'è solo un modo per tornare come prima, dove tutti siamo sullo stesso piano e punirli per ciò che hanno fatto: riaprire le porte verso Olim. Ci serve solo la chiave."

"Io."

The Key  (h.s)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora