Fragile

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Era il terzo allenamento sul combattimento corpo a corpo che facevo. Sapevo proiettare a terra il mio avversario sfruttando due mosse che potevo combinare ed adattare a qualsiasi attacco.

Ma l'ultima mossa che Hal mi stava tentando di insegnare mi sembrava impossibile da imparare; ciò lo stava portando all'esasperazione che sfogava con sollecitazioni al limite della violenza verbale nei miei confronti.
"Rinizia, ancora non ci siamo" mi impartì Hal a voce bassa, evidentemente deluso.
"Senti non è colpa mia, fammi riposare." Ero stufa e arrabbiata per la sua eccessività, avevo bisogno di rigenerare la mia mente lontano dalla sua presenza ingombrante.
"Non è mai colpa tua Clo. Forse dovresti fumare di meno."
"Ma se ho fumato a mala pena tre sigarette da quando mia hai rapita."
"Non ti ho rapita"
"Da quando mi hai condannata."
"Smettila di incolparmi, non ho voluto io tutto questo e poteva andarti peggio. Faccio sempre in tempo a lasciarti con Alexander."
"Potevate lasciarmi vivere."
"Stai vivendo."
Sorrisi amara, e lo sfidai a rininziare l'allenamento. Stavolta ero furiosa ed infatti riuscii ad atterrarlo al primo colpo. Ero di nuovo sopra di lui, ma molto più incazzata.
"Spostati, rifallo."
"Quante volte vuoi."
E lo atterrai di nuovo.
"Da dove tiri fuori tutta questa energia?" Chiese sorridente.
"Dal nervoso che mi causi."
"Oh andiamo, e cosa ti ho detto ora?"
"Ti rendi conto che il tuo tatto è inesistente?! Quando parli mi colpisci costantemente, le tue parole sono cazzotti. Ecco da dove tiro fuori l'energia, rispondo a tutti i colpi che mi infliggi." Tremavo dalla rabbia, ingoiando il magone che mi si era formato in gola.
"Lo faccio per il tuo bene Clo."
"Hal questo non è il mio bene." Dissi con le lacrime agli occhi, sull'orlo di una crisi di nervi.
"Okay forse ci sarebbe di meglio ma questo è quello che posso darti per farti stare bene."
"Non puoi solo...lasciarmi libera? Almeno un attimo"
"Si ma non è evitandomi che troverai la soluzione ai tuoi problemi. Anche se il tuo problema sono io in questo momento."
"Stai zitto." Non doveva toccare quell'argomento, lui non aveva mai osservato la patina nero che mi oscurava la vista quando capitavano degli eventi che mi facevano arrabbiare o diventare triste.

"Perché? Sai che non puoi tenerti tutto dentro."
"C'è molto vuoto da colmare qui dentro." Risposi io, mossa dalla mia impulsività. Mi morsi il labbro, pentendomi di aver condiviso le mie emozioni: non potevo farmi vedere debole.
Lui si avvicinò di un passo e io rimasi immobile in attesa che la sua mano sollevata afferrasse la mia, già pronta a strofinare gli occhi.
"Non nasconderti." Ci guardammo e per la prima volta in vita mia mi sentii al sicuro. Mi sentii sorretta e riuscii a liberarmi.
Piansi come una bambina sul suo petto, mentre silenziosamente Hal mi accarezzava i capelli. Singhiozzavo e pensavo solo a quanto mi sentissi sola e persa, destinata ad una fine che non avrei mai voluto. Ma dovevo accettarlo e Hal davanti a me mi stava invitando a lasciami aiutare da lui. Anche se mi avesse voluto solo usare, non mi rimaneva molto altro che lui come appiglio.
Mi abbracciò forte quando sentì che avevo smesso di singhiozzare, restando semplicemente con le labbra poggiate sulla mia cute.
"Non voglio affrontare tutto questo e non voglio farlo da sola. Io voglio solo tornare a casa." Piansi stringendo la sua maglietta tra le mani. Lui non rispose ma strinse solo più forte le braccia intorno alla mia vita tenendo salda la presa finché non mi tranquillizzai.
"Grazie per esserti fidata." Singhiozzai di colpo, stringendomi più forte a lui. Aveva ragione, mi ero aperta e mi sentivo così leggera da fluttuare, tanto che solo le braccia di Hal mi tenevano piantata al suolo.
"Non dirlo a nessuno."
"Solo tra me e te."
"Grazie Hal." Dissi guardandolo negli occhi a distogliendo imbarazzata i miei gonfi e bagnati. Mi sentivo orribile e fuori posto ma più leggera, e un po' più libera.

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Presto ci riuniremo. Non temere piccola Clover, sarà tutto naturale. Ti ricordi?
Una macchia blu occupava la mia vista. Percorsi la vena oltremare che si ramificava all'interno di quell'abisso profondo. Era come nuotare ma riuscendo a respirare; non mi sentivo un pesce ma più un feto pronto ad essere partorito, un piccolo neonato che si agita nel liquido amniotico che sta per a venire alla luce: così percorrevo quel lungo tunnel bagnato e densò fino ad una luce fortissima.
Poi vuoto.
La nuova immagine instillo in me una strana calma, due mani femminili poggiate sulle mie, congiunte all'altezza del mio stomaco. Pezzo dopo pezzo l'immagine si costruiva intorno a me, riuscendo a percepire le mani adagiate sul ventre e io distesa, come una salma al suolo mentre un calore viscerale mi riscaldava intimamente.
Un giorno, presto, ci ricongiungeremo. Dovrai solo accet..

"Clo, è pronta la cena." Marika mi sveglio dallo strano sogno scuotendomi appena la spalla destra ma io, ancora allerta, saltai su di scatto.
"Scusa non volevo spaventarti." Disse allontanandosi anche Lei leggermente spaventata.
"No ma scusa ero che io.."
"Dai ragazze è pronto." Ci interruppe Peter, accostandosi a Marika per invitarci a raggiungere gli altri.
Evidentemente mi ero addormentata sul divano mentre aspettavo si cuocesse il pasticcio di manzo e ovviamente mirtilli.
"Si eccoci." Mi alzai in piedi, lasciando in sospeso la conversazione con Marika che senza troppe attese si incammino verso il tavolo.
Quei dannati sogni mi turbavano ogni volta ma dovevamo avere un significato.
Sembravano dannatamente collegati al mio incidente e questo mi turbava. Avevo paura ma forse ne avrei dovuto parlare con Hal.
Stasera lo avrei fatto. Gli avrei raccontato tutto.

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"È tutto pronto?"
"Si"
"E se dovesse fallire?"
"Li seguiremo ma la ragazza ci serve viva, lei non è solo la chiave, è anche un Sigillo."
Alexander rispondeva a tono ad ogni accusa del Consiglio. Era pronto a zittire tutti e capace di farlo grazie ai suoi piani astuti. Sapeva sfruttare i suoi nemici, le loro debolezze ma soprattutto era in grado di aiutarli: sapeva accontentare i loro desideri e questo gli permetteva di farseli amici. E dove non arrivava la gentilezza, c'era pur sempre la violenza.
"Signore, abbiamo trovato il mercante."
"Fatelo entrare."
Un vecchio baffuto e gobbo entro spintonato dalla porta, scortato da alte guardi in uniforme.
Le classiche divise da soldati semplici fasciavano di beige i corpi degli angeli: la camicia superiore era semplice e attillata, decorata in un caso una piccola medaglia al valore ottenuta durante le rivolte del Primo Portale; i pantaloni fasciavano le gambe cadendo a campana verso la fine e tenuti fermi da una cinta blu oltremare con la fibbia dorata.
A completare l'uniforme gli stivali dello stesso colore della cinta e una quantità mostruosa di armi: coltellini legati alle cosce, alle braccia, alle caviglie e alla cintura; pistole angeliche disposte sul fianco destro e sinistro ed in pungo uno strano dubo fluorescente, molto simile ad una macchina da presa.
"Ciao, tu devi essere Carlos" questo, in tutta risposta sputo a terra, beccandosi una gonitata all'altezza della gobba.
Barcollo in avanti e cadde in ginocchio. Rimase con le mani piantate al suolo mentre emetteva gemiti doloranti.
"Quanta gente avete chiamato?"
"Parecchia amigo."
"Non basterà contro di noi."
"Sembra che abbiate paura però"
"Hanno solo una cosetta che ci serve"
"Non so dove sia"
"Oh, quello non ci interessa.."
"Come? Perché sono qui allora!?"
"Vorremmo contattare un tuo amichetto, so che ha qualcosa in sospeso."
"Di chi parli?"
"Prima di rispondere, vorrei sapere quante persone hai chiamato" sussurro tranquillo Alexander, come esponesse una scontatissima ovvietà.
"Hai paura?"
Un altro colpo alla schiena rispose a Carlos al posto di Alexander che senza parlare riusciva comunque a farsi capire dai suoi soldati.
"Carlos, quanti continenti?"
"Tutti." Rispose esausto.
"Bene, allora ascolta bene ciò che dovrai riportare al tuo capo." Iniziò a parlare Alexander, sorridendo vittorioso.

The Key  (h.s)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora