CAPITOLO 10: FERITE

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CLAUDIO

Nello stesso istante in cui vedo Alice di fronte a me, con gli occhi pieni di delusione, anche se con la mente annebbiata dai fumi dell'alcool, capisco che ha frainteso. Mi guardo e mi rendo conto di avere la camicia sbottonata e, seduta accanto a me, c'è Simona mezza nuda. La scanso quasi con violenza e mi fiondo per le scale, corre come una forsennata, ho paura che possa cadere perchè a volte salta un gradino senza accorgersene, apre il portone d'ingresso e si avventura nella strada che a quest'ora deve essere quasi deserta. Lo lascia spalancato ed esco anch'io, sento uno stridere di freni e lo spettacolo che ho davanti è devastante, lei riversa sull'asfalto che non dà segni di vita e un povero cristo che cerca di rianimarla.

"Non è stata colpa mia! – esordisce spaventato – E' uscita come una furia! Me la sono trovata davanti all'improvviso, non ho fatto in tempo a frenare!".

Mi chino su di lei, la chiamo ripetutamente, non si muove, non parla. E' girata su un fianco, cerco di metterla supina per vedere se ha ferite sulla testa e sulla fronte.

"Signore, non la muova! – grida l'uomo – Chiamo un'ambulanza!".

"Sono un medico! – lo informo – Chiami, però, i soccorsi!".

Annuisce, prende il telefono, trema.

"Si sbrighi!" urlo e intanto mi rivolgo a lei.

"Alice! Alice! – ripeto come in un mantra – Parla, ti prego! Alice, ti prego, parlami!".

Mentre esterno tutta la mia disperazione, arriva anche Simona. Ha avuto la decenza di rivestirsi e di coprire con il cappotto l'abito succinto.

"Claudio! – esclama serafica – Ma che succede?".

"Vattene! – le grido contro – Sparisci dalla mia vista! Se non fosse stato per te!...".

"Claudio! – mi interrompe, toccandomi un braccio – Sei sconvolto! Così non risolvi nulla!".

"Va' via! – continuo a urlare – Non mi toccare!".

Vorrei che fosse lontana da me anni luce, vorrei non averle mai permesso di entrare in casa mia, vorrei non essermi mai ubriacato, vorrei che Alice fosse entrata e mi avesse trovato sul divano a sorseggiare il solito bicchiere di scotch, la bottiglia quasi piena di liquido ambrato e il mio pensare colmo di lei. Invece mi trovo in una situazione surreale, sono entrato in una specie di limbo, tutto il liquore che avevo dentro si è vaporizzato di fronte ad Alice distesa sul bitume nero, nella fredda sera di dicembre.

Il suono dell'ambulanza squarcia il silenzio della notte invernale, scendono i paramedici e, quando l'hanno caricata, faccio per salire.

"Signore, dove va? – mi richiamano – Chi è lei?".

"Il fidanzato! – comunico convinto come non mai – Mi faccia passare! Sono un medico!".

Il poveretto si rende conto che sono deciso e non si oppone.

Arriviamo in ospedale e i medici del Pronto Soccorso non mi lasciano entrare.

"Faremo tutti gli accertamenti! – mi comunica un dottore – Lei è il marito?".

"Il fidanzato! – affermo per la seconda volta – E sono un medico anch'io!".

"Stia tranquillo, dottor...?" mi domanda.

"Conforti!" dico il mio nome.

"Bene, collega! – conclude – Ora ci lasci lavorare!".

Torna oltre le porte, io invece mi abbandono su una delle sedie di plastica della sala d'attesa, con l'ansia e la preoccupazione che mi attanagliano la mente e il cuore. E' così che mi esulo dalla realtà e davanti ai miei occhi vedo solo l'immagine di Alice stesa per terra che non si muove e non parla.

AA&CC... LA CHIAVE DEL TUO CUOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora