39. RILEY

28 2 0
                                    

Sfrutto mio padre per farmi dare un passaggio fino in centro, a pochi isolati da casa sua.

Non l'ho avvisata del mio arrivo. Spero solo di trovarla in casa quando busserò alla sua porta.

Non appena accosta, scendo dall'auto, salutandolo frettolosamente. Mi informa che verrà a prendermi fra qualche ora, nel tardo pomeriggio.

Mi dirigo con passo spedito verso la mia meta. Ho paura di cambiare improvvisamente idea e porre fine alla follia che sto perpetrando.

NO. Riley White, hai preso una decisione e per la prima volta nella tua vita ti spingerai fino in fondo. Non importa quanto te la stia facendo sotto.

Raggiungo il portone del suo palazzo, con lo stomaco accartocciato. Le mie speranze di trovarlo già aperto, vengono brutalmente deluse.

Citofono, e rimango ferma ad aspettare.

È così imbarazzante, Cristo...

Nessuna risposta.

Dannazione, forse è uscita. E adesso che faccio?

Non sapendo dove andare, né la mia prossima mossa, rimango ferma ad aspettare. Del resto è solo per una ragione che sono arrivata fin qui. Se non dovessi riuscire a parlare con lei, significherebbe aver fatto un intero viaggio a vuoto.

Improvvisamente un rumore metallico mi fa sobbalzare. Distinguo la voce elettronica di Chloe dall'altra parte del citofono.

- SI? –

- Chloe? Sono Riley...–

Niente.

- Io...ecco... Devo parlarti. -

Per un momento non sento più nulla, tranne il tonfo della cornetta che si richiude.

- Sei ancora lì? -

L'unica risposta che ottengo è lo scatto del portone che si apre. Giungo dietro la porta, lasciata volutamente socchiusa. La spingo delicatamente, sbirciando dentro per cercarla.

- Permesso? –

Chiedo esitante.

La vedo arrivare di corsa, in tuta. Con un asciugamano sulle spalle si strofina i capelli ancora bagnati.

- Scusa ero sotto la doccia. Stavi aspettando da molto? -

- No. Ehm...-

Di nuovo la dannata gola che si secca.

Come mai mi fa sempre quest'effetto stare davanti a lei?!

Non oso mettere piede in casa. Non so perché, ma la sento come zona proibita. Come se una volta superata la soglia non potessi più tornare indietro.

Probabilmente nota il mio crescente disagio, avvicinandosi all'uscio. Io rimango immobile, spostando il peso da un piede all'altro.

- Hai detto che dovevi parlarmi? –

Guardo oltre la sua spalla.

- Sei da sola? –

Alla mia domanda, una ruga le si forma in mezzo alla fronte.

- I miei sono fuori città. –

Risponde con tono dubbioso.

- E Monika? –

- Al lavoro. Ora vuoi dirmi perché sei venuta qui? –

C'è una punta d'irritazione nella sua voce. Le succede quando è agitata, la conosco abbastanza bene da saperlo.

SCRW - RelazioniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora