Capitolo 32

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NATE'S POV

Non ho chiuso occhio con la consapevolezza che questa sera dovrebbe arrivare l'uomo che ha rovinato la vita a mia madre.
Sono le 4:54 e mi sto girando e rigirando nel letto indeciso se restare e vedere il cuore della mamma spezzarsi appena lo rivedrà dopo anni, oppure uscire di casa e tornare quando lui se ne sarà andato.
Vorrei con tutto il cuore scegliere la seconda, ma il mio buonsenso dice che devo restare sia per la mamma sia per Thomas.
Thomas. Mai visto così serio in tutta la mia esistenza. Da quando mamma ci ha parlato della decisione di Gareth, non è più lui.
In fondo lui è il più grande e, anche se ha i ricordi sfocati, lui l'ha conosciuto. Aveva tre anni quando Gareth se n'è andato e mi ha sempre raccontato tutto quello che ricorda. Io da un lato sono abituato, sono nato senza papà, mentre a lui una sera gli ha rimboccato le coperte e la mattina dopo era sparito e mai più tornato.
Non so cosa ne pensino gli altri, ma a me non sembra una vita di un adolescente normale la nostra.
Mi maledico per tutte le volte in cui ho chiesto alla mia mamma perché non ho un papà, dopo aver visto tutti i miei amici dell'elementari pianificare la giornata da passare insieme ai loro.
La sveglia segna le 5:00 del mattino e decido di alzarmi e vestirmi sportivo per andare a correre.

Ero indeciso se portarmi o no Marley, ma alla fine ho deciso di correre da solo.
Inizio piano ma, senza neanche pensare a dove stia andando, divento man mano più veloce. Una velocità che non è nei miei costumi ma di cui questa mattina avevo bisogno mentre mi balza in testa il pensiero che stasera conoscerò l'uomo che ha abbandonato mia madre e mio fratello. Il cuore è troppo accelerato e pian piano inizia a mancarmi il respiro.
Non mi è mai capitato ed ormai sono abituato a correre dato che lo faccio 3 mattine alla settimana. L'orologio inizia a suonare come un allarme per avvertirmi che il mio battito cardiaco è troppo fuori controllo , allora decido di fermarmi e, quasi automaticamente, mi poggio con le mani sulle ginocchia. Ho il fiato corto e non mi basta respirare neanche con la bocca, l'aria non mi basta.
Mi guardo intorno e sono completamente solo, se mi dovessi sentire male nessuno potrebbe soccorrermi, e penso che a momenti il mio cuore non sarà più capace di reggere tale affaticamento.
D'istinto afferro il telefono e apro la rubrica. Il primo nome che mi viene in mente lo digito e avvicino il telefono all'orecchio aspettando una risposta.
«pronto?» la sua voce angelica e assonnata mi risponde dopo circa quattro squilli.
Non riesco a parlare, il fiato mi manca e ormai sono in mezzo ad una stradina isolata in ginocchio.
«Nate? Che cosa è successo?» domanda Diana mentre provo a dirle qualcosa
«dove sei?»
"Vicino-" mi fermo, parlare mi costa troppo ma devo dirle almeno dove mi trovo
"Vicino il bar Joe Mars" riesco a dire biascicando
«resta lì, arrivo» si sente dalla sua voce candida che è agitata
"No!" cerco di fermarla ma ha già staccato.
Non deve venire, non può scendere di casa da sola a quest'ora del mattino quando le strade sono isolate.
Appena ha staccato, di nuovo il battito cardiaco sembra essere accelerato e l'orologio inizia di nuovo a darmi l'allarme.
Mi poggio, con le forze che mi restano, vicino al muretto del lungomare.
Poco dopo, il freno di una bicicletta mi porta ad alzare la testa che avevo poggiato sulle mani.
Diana é qui ed indossa una felpa, ci metto poco a capire che fosse la mia, e un pantaloncino corto.
"Nate!" Esclama spaventata, buttandosi sulle ginocchia e prendendo il mio viso tra le sue mani
"N-non riesco a-"
"Shhh" mi zittisce dolcemente
"Non parlare" dice subito dopo.
Ha i capelli in disordine e i suoi occhi azzurri riflettono la luce dell'alba che la illumina.
"Respira insieme a me, ok?" Dice ed io annuisco
"Inspira" lo fa anche lei per poi espirare piano.
Lo rifacciamo finché non mi sento meglio.

"Come va adesso?" Domanda ad un soffio dal mio viso
"Ti sei preoccupata?" Chiedo con un sorrisetto
"Bene, vedo che stai meglio" incurva il muso all'ingiù ed io sorrido
"Non dovevo svegliarti e non dovevi scendere dal letto inutilmente alle 5 e mezza del mattino" dico mentre, con la mano tremante, le sistemo una ciocca dietro l'orecchio
"Sì, effettivamente mi hai un po' rotto le scatole" ammette sarcastica ed io rido.

Untouchable- Leather JacketsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora