8

314 10 0
                                    


Tutto intorno a me era semplicemente nero.
Il vuoto è ritenuto un concetto astratto, ma io in quel momento ci fluttuavo in mezzo.
Pensai vivamente di essere morta.

Certo, contavo di morire in un luogo migliore di una base segreta di un'organizzazione terroristica di ex nazisti.

Però mi dovetti ricredere, perché iniziai a sentire delle voci ovattate, come se fossi sott'acqua. Ma comunque le sentivo.
Quindi questo significava che ero viva!
Iniziai a sentire la punta delle mie dita, così le mossi.
Le voci si schiarirono e, a poco a poco, sentii tutto il mio corpo.

Finalmente.

Fui invasa da dolori dappertutto, che sembravano pugnalate inferte ripetutamente.
Mi imposi di aprire gli occhi, e quando ci riuscii, dovetti chiuderli per il bruciore intenso provocato dalla luce troppo forte.
Dopo un po' mi abituai e mi guardai intorno.
Non sembravo essere in un ospedale.
Ero in una stanza piccola, su una sedia simile a quelle dei dentisti, con i polsi e le caviglie incatenate e una grossa luce bianca puntata contro. Addosso avevo ancora i miei vestiti, seppur strappati in più punti. Avevo tanti tubi attaccati, soprattutto uno nell'avambraccio collegato ad una sacca con uno strano liquido blu al suo interno.

<Vedo che si è svegliata, signorina Perkins> esclamò una voce maschile con forte accento sokoviano. Indossava un camice bianco, con varie macchie di sangue sopra.
<Chi, chi sei?> chiesi sussurrando con la voce roca.
<Lavoravo insieme al Barone Strucker. Sono il Dottor Boris Morukov e lei è davvero molto fortunata ad essere stata trovata da me, altrimenti non sarebbe qui adesso> mi disse il dottore.

Quindi sono in un laboratorio dell'Hydra?!
Beh, di bene in meglio a quanto pare.

Mi vennero in mente tutti i fascicoli letti e arrivai ad un'idea geniale.

<B-Barone Strucker? Lo dice come se mi dovesse essere familiare> dissi e lui sorrise.
<Ma certo che lo è! Insomma, lei e il Capitano Rogers lo avete mandato in una prigione della N.A.S.A.. Ed è inutile che finge di non sapere> esclamò ed io assunsi una smorfia confusa.
<Capitano Rogers?>.
<Si. Capitan America. Steve Rogers. L'uomo senza tempo>.
<I-io sono veramente dispiaciuta, ma non ricordo nessuno di questi nomi. Inoltre, dove ci troviamo? E-e cosa mi è successo?> gli chiesi velocemente balbettanto leggermente.
Lui assottigliò gli occhi, per poi prendere una piccola torcia e puntarmela negli occhi, probabilmente per vedere se i miei occhi avrebbero reagito agli stimoli esterni.
Si mise al collo uno stetoscopio e iniziò a sentire il mio battito.
<Come si chiama, signorina?> mi chiese, tenendo gli occhi fissi sulla testina di acciaio sul mio petto.
<Mi chiamo...ehm, mi chiamo. Si, dunque> continuai a balbettare, andando nel panico nel momento in cui capii che non sapevo chi fossi.
Lui si ritirò indietro con gli occhi sgranati.
<Cos'è l'ultima cosa che ricorda?> mi chiese.
Feci finta di pensare, per poi assumere un'espressione accigliata e confusa.
<I-io...non lo so> sussurrai sconcertata.
Lui continuava ad ispezionare meticolosamente ogni minimo segno di falsità.
<Signorina, lei è stata ferita, molteplici volte aggiungerei. E, forse, ha subito un tale shock, da aver danneggiato la funzione di memorizzazione del lobo frontale. In poche parole, lei ha perso la memoria> spiegò ed io lo guardai terrorizzata.
<Ma lei mi aiuterà a ricordare, vero?> gli chiesi e lui sorrise, per poi annuire.

Perfetto, il pesce aveva abboccato all'amo.

It has always been You -Steve Rogers-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora