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Rimasi sveglia praticamente tutta la notte, senza chiudere occhio.
Questo non per mia volontà, ma per necessità. Volevo preservare quel poco di sanità mentale che mi rimaneva cercando di pensare a tutto fuorché alle donne rese vedove, ai figli resi orfani e ai padri privati, per mano mia, dei loro figli.

Cercavo sempre di non concentrarmi sul passato, ma alcune volte i ricordi riaffioravano impetuosi, senza lasciarmi il tempo di ricacciarli nel Tartaro.
Nonostante tutto, continuavo a sorridere e a fare battute, anche se magari in quel momento mi sto rivedendo a strozzare una vittima con le mani.

Non ho mai rivelato queste cose ad Ivor. Non perché non mi fidi, ma perché non o voglio essere compatita o guardata sempre con un velo di pena.
E anche per questo ringrazio Rogers per non averlo fatto.

Quando ancora ero rinchiusa nella base dell'Hydra, riuscii a rubare un taccuino dalla tasca di un soldato, e da quel giorno lo porto sempre con me, scrivendo qualsiasi cosa mi passi per la mente.

Prima di andare in camera, avevo chiesto al Capitano che giorno fosse.
Dopo la sua risposta sono andata in stanza a fissare il muro per almeno mezz'ora.

Era passato un anno e mezzo dalla nostra missione...
Un anno e mezzo passato in un bunker di scienziati malati mentali.
Un anno e mezzo passato senza avere la più minima idea del tempo.

Era praticamente un incubo.

Un anno e mezzo in cui i miei nonni e il Comandante non ricevevano mie notizie.
Dovevo fare qualcosa.
Ma sapevo che se mi fossi esposta, quei bastardi ex nazisti mi avrebbero catturata di nuovo. O peggio, avrebbero preso i miei cari.

Continuai a scrivere, sul taccuino, i miei pensieri mentre ero seduta a terra.
Il letto era morbidissimo. Fin troppo.

Guardai l'orologio appeso al muro.
03:25.
Sbuffai silenziosamente, per poi alzarmi per andare a prendere una boccata d'aria.
Mi misi davanti la finestra, osservando le luci di New York che illuminavano il cielo.

Era proprio vero che la Grande Mela non dormiva mai.

Una leggera folata di aria fresca mi fece chiudere gli occhi dal piacere.
Era bello sentire di nuovo il vento sulla propria pelle.

Sentii dei passi dietro di me andare verso il frigorifero, ma non mi girai.
Sapevo già chi fosse.
I passi si avvicinarono.
<Vuoi un bicchiere d'acqua?> mi chiese, ed io scossi la testa, dandogli ancora le spalle.
<Non dormi?> mi chiese nuovamente l'uomo guardando anche lui fuori dalla finestra.
Scossi ancora la testa.
Lui abbassò lo sguardo per un attimo, per poi girarsi verso di me.
<Incubi?> chiese.
Scossi la testa. Ma più lentamente.
<Pensieri-> dissi, per poi girarmi verso di lui, <Tu?>.
<Mi sono semplicemente stancato di dormire. L'ho fatto per settant'anni. Mi sembra abbastanza> rispose il biondo, ed io annuii, riprendendo a fissare la città.

<A cosa pensi?> mi chiese interrompendo il silenzio che si era creato.
<Non ti piacerebbe saperlo> risposi vaga e lui annuì, probabilmente intuendo la vera risposta.
<Ti va di venire a correre con me? Ti potrebbe far scaricare un po' di tensione> mi propose ed io accettai sorridendogli.
Lui si allontanò di qualche passo.
<Bene, allora sii pronta per le cinque>.
Prese il suo bicchiere d'acqua, ma non se ne andò dalla stanza.
<Non tormentarti. Vedrai che tutto si risolverà> mi rassicurò. Mi girai verso di lui e gli sorrisi.
<Lo so. La bilancia non può pendere soltanto da un lato, no?>. Lui mi sorrise, per poi fare per andarsene, ma lo fermai.
<Steve> lo chiamai e lui si girò.

<Grazie. Per tutto>.
<È sempre un piacere>, e detto ciò se ne andò definitivamente, così ripresi ad ammirare i colori del cielo, che mano a mano col passare delle ore, cambiavano, dipingendo una tela scura ed profonda.

It has always been You -Steve Rogers-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora