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I giorni successivi li avevo passati su quella sottospecie di poltrona da dentista. Per fortuna un'aiutante del dottore mi aveva slegata, anche se non riuscivo a muovermi più di tanto.
Ogni volta che alzavo anche solo un braccio, i punti che mi erano stati messi, mi facevano un male cane. Perciò tentavo di stare il più ferma possibile.
Inoltre, per colpa della sostanza che mi stavano iniettando avevo un mal di testa atroce che non mi voleva dare pace.
Poi, cercavo sempre di cogliere ogni momento opportuno per chiedere al Dottor Morukov le proprietà chimiche di quella sostanza, ma lui non mi rispondeva mai. E il che era molto sospetto. Ma il fatto che sia opera dell'Hydra non mi sorprende affatto.

Come ogni dodici ore, il dottore fece la sua entrata nella minuscola stanza, portando con se una sedia a rotelle, moto probabilmente per me.
<Dove mi porta con quella?> gli chiesi.
<In una stanza più grande> mi rispose, ma non ci credetti minimamente.
<Davvero?> chiesi fingendo ingenuità, e lui annuì, per poi avvicinarmi la sedia, ma lo fermai con un cenno.
Mi feci forza sulle braccia, e mi alzai. Dopo un iniziale capogiro, mi assestai e lentamente presi a camminare. Il fianco implodeva ad ogni passo, ma era sopportabile.

Mi condusse attraverso un corridoio, in una stanza più ampia della precedente e con un lettino, dall'aspetto molto scomodo, al centro, un lavandino, un gabinetto e un tavolino.
Nessuna finestra, quindi scappare era pressoché impossibile.
Mi fece sdraiare sul "letto" e prese una siringa dal tavolino.
<Che cosa ci deve fare con quella?> gli chiesi con un tono leggermente allarmato. Due ragazzoni armati entrarono e mi tennero ferma al letto, chiudendo le varie manette per le caviglie e per i polsi.
<Non si preoccupi. Fa tutto parte della convalescenza qui. Questo siero non farà altro che giovarle, mi creda> mi disse con tono calmo, e per quanto avrei voluto mandarlo a quel paese, dovevo mantenere viva la farsa. Perciò mi infilò l'ago nell'avambraccio, e svuotò il contenuto della siringa nelle mie vene.
Dopo poco, iniziai a sentirmi stordita, quasi ubriaca e poi caddi in un sonno profondo.

Mi risvegliai non so dopo quanto, completamene madida di sudore, con il cuore a mille e il fiato corto. Non capivo cosa mi stesse succedendo e perché stessi così. Poi guardai alla mia destra e vidi una sacca con la stessa sostanza di cui volevo saperne di più da giorni, e accanto ad essa, il dottore, che mi guardava soddisfatto.
Lo guardai furiosa.
<Cosa cazzo c'è lì dentro?! Cosa fa questa sostanza?!> urlai.
<Dal momento in cui hai aperto gli occhi, sapevo che stessi fingendo di non ricordare nulla. Non sei la prima ad averci pensato> prese a girarmi intorno con le mani giunte dietro la schiena.
<Perkins. Un cognome degno di successo! Suppongo tu abbia visto il fascicolo di tuo padre e di tuo fratello. I due perfetti esempi di "esperimento ben riuscito"> fece una pausa, <Certo, tuo padre è morto dopo un iniziale successo, ma il siero era in fase sperimentale, quindi me lo aspettavo. Tuo fratello, invece, ha reagito bene. Il suo siero era uguale a quello di tuo padre, con solo una proprietà di differenza. La stessa proprietà che gli ha conferito l'abilità di saper manipolare il fuoco, come hai letto> continuò, per poi sorridermi in modo viscido.
<Alla fine abbiamo rivisitato il siero di tuo padre, e abbiamo ottenuto questa variante> disse indicando la sacca attaccata a me.

<Ovvero quella che sta iniziando a scorrere nelle tue vene, e che ti renderà "speciale">.
<Brutto figlio di puttana>.

<Allora signorina Perkins, come stiamo procedendo?> mi chiese il dottore entrando pimpante nella stanza.
Lo guardai a malapena, avendo un attacco di sonno, che fu subito spazzato via da un'altra fitta alla testa.
<Una meraviglia, non si vede?!> risposi ironicamente.
Avevo dormito, si e no, un'ora massimo. Ogni volta che provavo a chiudere gli occhi, un martello mi lacerava il cervello con un'altra fitta.
<Beh, ha ancora la forza di scherzare, quindi non sta poi così tanto male> ebbe il coraggio di dirmi quello stronzo, a cui risposi con un'occhiataccia di puro odio e rabbia.
<Se lo vuole tanto provare, le cedo volentieri il mio posto> dissi a denti stretti.
<Per essere uno scienziato, ho bisogno di cavie da sottoporre ai miei esperimenti. Altrimenti non posso andare avanti con il progresso! E, adesso, questa "fortuna" ce l'ha lei> disse, e mi venne voglia di strapparmi i capelli ad uno ad uno.
Questo mal di testa era diventato veramente insopportabile.

Un'altra fitta mi fece dimenare.
<La prego, lo faccia smettere! Lo faccia smettere! Non ce la faccio più!> supplicai in preda al dolore e lui si avvicinò.
<Che cosa devo far smettere?> mi chiese.
<Questo rumore! Questo rumore insopportabile! Mi sta aprendo in due la testa!> continuai a dimenarmi, cercando di liberarmi da quelle catene che mi immobilizzavano.
<Ma non c'è nessun rumore> mi rispose, ma io continuavo a provare a sfilare le mani così da potermele schiacciare sulle orecchie.
<Si che c'è! Io lo sento! E preferirei il contrario!>.
Il dottore andò verso la sacca, quasi finita del siero, e fermò il flusso.
Le fitte sparirono istantaneamente, ed io ripresi a respirare normalmente.

Mi girai verso di lui confusa.
<Io, io non lo sento più> sussurrai. Lui, allora, fece ripartire la sacca, e dovetti di nuovo stringere i denti dal dolore. Poi fermò di nuovo il flusso, e il male cessò di colpo.
Mi studiò per un momento, per poi appuntare qualcosa su un modulo.
<Beh, direi che lei ha sviluppato un udito veramente notevole. Forse persino simile a quello dei pipistrelli> esclamò soddisfatto, per poi uscire dalla stanza.

Restai ferma a fissare il vuoto per poco, o almeno, fino a quando non distinsi la voce del dottore che parlava con un soldato.
-Dovremmo fare dei test sul soggetto 89. La dovremmo portare nella stanza delle frequenze e fissare un suo limite- disse il dottore.
-Per quando?- chiese il soldato.
-Adesso. Voglio subito metterla alla prova. Forse potrebbe stupirci- rispose il dottore, per poi congedare il soldato.
Dopodiché, il dottore si allontanò, ma sentii i passi degli stivali del soldato che si avvicinavano, fino ad entrare nella stanza e portarmi in una stanza più particolare.
Era tutta bianca, senza niente all'interno, se non fosse per delle radio poste agli angoli alti della stanza e una sedia al centro.
<Cosa ci faccio qui?> chiesi al vetro davanti a me, dove sapevo che dietro era presente il dottore.
<Oh niente. È solo un piccolo test, per verificare le tue nuove capacità> mi spiegò.
<A cosa servono quelle radio?> chiesi ancora.
<Quelle radio trametteranno delle frequenze che solo tu riuscirai a sentire. E in base alla tua reazione, deciderò se aumentarla o fermarmi>.
<Cosa mi succederà se saranno troppi forti?>.

<Probabilmente sverrai o addirittura morirai. Divertente, no?>.

It has always been You -Steve Rogers-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora