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Non so quanto sia passato dalla prima missione. Un anno, o forse due...o anche di più.
Tenevo il conto delle missioni, e, inevitabilmente, anche delle vittime che avevo sulla coscienza.

Loro, l'Hydra, mi aveva in pieno controllo.
Sapevano che cosa desideravo profondamente e, sfortunatamente, erano nella posizione perfetta per ricattarmi.
Alcune volte tramite mio fratello, che continuavano a non volermi far vedere, e altre volte con Ivor, dopo che un giorno l'avevano beccato ad aiutarmi.
Perciò il dottore mi aveva cambiato di stanza, ti chiudendomi in una cella di isolamento, stretta, umida, buia e completamente insonorizzata, per non far sentire le urla di dolore che quei bastardi mi provocavano.

Continuavano a spingere il mio organismo al limite dell'immaginario.
Mi lasciavano senza cibo, o mi impedivano di dormire. Vedevano quanti Volt potevo sopportare oppure quanto tempo riuscivo a rimanere nel ghiaccio prima che quasi morissi assiderata.
L'unica cosa che era riuscita a tramortirli, era il fatto che non potevo morire di sete.
Questo perché riuscivo a creare dal nulla dell'acqua, anche se mi richiedeva un certo sforzo, soprattutto se ero debole.

Potevo letteralmente fare qualsiasi cosa con l'acqua. La potevo modellare a mio piacimento, e non nego che di nascosto iniziai ad allenarmi a creare delle armi. Poi, con essa, mi potevo proteggere, e potevo persino prosciugare i corpi.

Avevo intuito, inoltre, che l'udito molto sensibile, mi permetteva di sentire bene anche sott'acqua. E che la super forza mi aiutava a contrastare la resistenza creato dalla consistenza dell'acqua.

Insomma, era tutto molto figo, se non fosse che ero prigioniera.

Era da tanto tempo che continuavo a pensare che, prima di essere scoperti, io ed Ivor stavamo ideando un piano di fuga. Ma, adesso che aveva più o meno imparato a controllare l'acqua, tutto era molto più fattibile e meno complicato.
Certo, dovevo comunque passare tutte le guardie, che, a detta del ragazzo, erano poco più di trenta. Poi dovevo almeno provare a cercare mio fratello e Ivor e liberarli, sempre se erano ancora vivi.
Poi avrei trovato il dottore e lo avrei torturato per un bel po', e infine, e solo allora, sarei scappata, cambiando nome, aspetto e città.

Insomma, un gioco da ragazzi, no?!

Le mie armi di acqua erano affilate, ed io ero più che pronta ad uscire da quel posto di merda.
Dopo poco, un piatto con un po' di riso scivolò sotto la porta, fino a toccarmi la schiena.

Non mi mossi.

Sentii la guardia guardarmi attraverso la finestrina nella porta di metallo.
<Muoviti a mangiare. Non ho tutto il giorno> esclamò.

Rimasi immobile stesa a terra.

Lui alzò un sopracciglio insospettito.
<Muoviti! O ti faccio vedere io come poi avrai voglia di mangiare!> esclamò con un tono grottesco.

Continuai la mia recita.

Lui diedi una manata sulla porta, non ottenendo ancora risposta.
Sentii il tintinnio delle chiavi, e poi i vari scatti della serratura.
Sentii i passi del soldato avvicinarsi cautamente, tenendo puntata contro di me la pistola.
<Avanti! Muoviti!> gridò dandomi un calcio sullo stinco.

Neanche lì mi mossi.

Si piegò, e appena mi fu abbastanza vicino, gli tagliai la gola con un pugnale d'acqua.
Lui mise le mani sul taglio, e il sangue iniziò a sgorgare dalla bocca, imbrattando tutta la divisa.
Mi alzai, e gli diedi un calcio sullo stinco.
<Brucia all'inferno stronzo>.
E così che "l'operazione libertà" ebbe inizio.

Rubai al soldato la divisa e il pass elettronico per accedere all'ala dove ci sarebbero dovuti essere Ivor e mio fratello.
In più, sempre col coltellino d'acqua, gli tagliai il pollice, così da poter usare l'impronta digitale in caso di necessità.

Uscii con disinvoltura, imitando in tutto e per tutto i comportamenti dei soldati che mi passavano accanto.
Camminai fino a quando non arrivai ad una porta che segnava l'ala più importante.

Mi benedissi mentalmente per aver preso anche il dito dal cadavere, e lo utilizzai per proseguire con la seconda parte del piano.
Arrivai indisturbata davanti una cella, e quando feci per entrare, una guardia mi fermò.
<Nome e grado> ordinò con una mano sul fianco, dove albeggiava una pistola molto probabilmente già carica.
<Andiamo amico, ci conosciamo da una vita!> esclamai abbassando il tono della voce, cercando di camuffarla.
Lui aggrottò la fronte non convinto.
<Nome e grado, adesso> ripetette con voce più dura.
<Avanti amico, perché ti comporti così?!> gli misi una mano sulla spalla.
Lui fece per estrarre la pistola, ma io fui più veloce. Gliela puntai contro e lui alzò le mani sulla testa.
<Dammi le chiavi delle celle> stavolta gli ordinai io.
Lui rimase fermo a guardarmi.
<Avanti! Forza!> esclamai e lui me le diede.

Mentre maneggiavo per aprire quella gabbia, lo vidi muoversi, ma fu troppo lento per colpirmi, così gli sparai proprio in mezzo agli occhi.
Entrai, e vidi Ivor rannicchiato su se stesso, con la testa appoggiata al muro, mentre cercava di coprire il suo corpo nudo e martoriato.
Sembrava veramente esausto.

Beh, come dargli torto. Chissà cosa gli avevano fatto quei bastardi.

Gli tuzzai la gamba, e lui, quando mi vide, si allontanò di scatto spaventato.
Alzai le mani.
<Ivor, sono io. Sono Eileen. Sono venuta a prenderti. Me ne sto andando, e per nessun motivo ti lascerò qui. Quindi, alza quel tuo bel culetto russo e mettiti la divisa del cadavere qui fuori. Forza!> lo incoraggiai.
Lui continuava a fissarmi a bocca aperta.
<Tu non puoi essere reale> sussurrò.
Io assunsi in espressione confusa.
<Certo che lo sono. Ivor, cosa ti hanno fatto?> gli chiesi preoccupata e spaventata.
<Loro, loro mi avevano, mi avevano detto che eri morta dopo un ennesimo esperimento. Mi avevano fatto pensare che era stata tutta colpa mia. E che, per questo, dovevo pagare> fece una pausa, prendendomi per una spalla con una morsa fredda e attirandomi in un abbraccio.
<Mi dispiace...mi dispiace così tanto> sussurrò.
<E di cosa?>.
<Per averci creduto. Mi dovevo ricordare che non sei tanto facile da abbattere, ho ragione?>.
Sorrisi, e così anche lui.
<Mai detta frase più vera. E adesso andiamo. Non sei l'unico che devo portare fuori di qui> esclamai mentre si vestiva.
<Chi altro?>.
<Mio fratello. Rayn Perkins> risposi, e lui mi guardò con uno sguardo dispiaciuto.

<Io, io...mi dispiace tanto Eileen> si scusò di nuovo.
Un serio velo si depositò sul mio viso.
<Cosa c'è Ivor?> chiesi timorosa.
<Si tratta di tuo fratello. Lui è...lui->.
<Cristo, parla Ivor! Mio fratello cosa!> esclamai perdendo le staffe.

<Tuo fratello è morto Eileen>.
Abbassai lo sguardo, e strinsi le dita intorno alla pistola.
<Chi>.
<Il dottor Morukov. Ha esagerato con delle dosi di un siero, e l'ha mandato in shock anafilattico> mi disse.
Rimasi in silenzio.
Non avrebbe avuto senso parlare.
<Cosa hai in mente di fare adesso?>.

<Lo troverò e lo torturerò fino a quando le sue grida non si sentiranno pure in Giappone>.

Dottor Morukov...sei morto.

It has always been You -Steve Rogers-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora