2 - La mia missione

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«Una volta accettata l'esistenza della magia» spiegava il generale Rosenfield, apparentemente il più esperto sulla questione «non vedo perché questa debba mostrarsi nella forma che lei si attende. Il semplice fatto che afferisca alla sfera del non-scientifico rende qualsiasi rappresentazione plausibile.»

Francis si sentiva come se il suo cervello fosse la porta di un ascensore con la fotocellula rotta. Lui provava a mettere un piede in mezzo per tenerla aperta, ma quella glielo stritolava per chiudersi. Stava sudando abbondantemente anche perché l'aerazione del luogo non era granché. «Stiamo parlando di una ragazzina di quattordici anni vestita come una specie di bambola a tinte pastello con in mano qualcosa che sembra una specie di scettro.»

Alla fine Azure Foxtrot aveva dismesso il suo costume con un altro tocco del solido azzurro, che sembrava chiamarsi pod, ed era tornata vestita normalmente come prima. Sedeva ancora al di là del vetro, a gambe incrociate. Qualcuno le aveva portato una merenda, un vassoio con del tè e dei biscotti, e uno zaino che probabilmente le apparteneva, da cui aveva tirato fuori un cellulare. Come ogni adolescente la sua attenzione adesso era divisa tra i biscotti e il cellulare. Il microfono era spento così non li stava nemmeno ascoltando, ma non sembrava importarle. La facilità di isolarsi era tipica delle ragazzine che avevano subito un trauma, si ripeteva la parte più razionale di Francis, se mai avesse ancora senso ascoltare la sua parte razionale.

«Quell'immagine viene estratta dal subconscio della ragazza dal pod e poi proiettata sulla sua persona. E' solo apparentemente erratica, la sua laurea in psicologia dell'adolescenza dovrebbe...»

Francis sollevò un dito. «Non tiriamo in ballo i miei titoli di studio, per favore. Non credo sia ancora il momento.»

Era evidente che Rosenfield cercava da molto tempo qualcuno con cui parlare della conoscenza che aveva accumulato sull'argomento e credeva che Francis fosse l'interlocutore adatto, a patto di convincerlo ad accettare l'intera faccenda. Questo era il motivo per cui si accalorava e continuava a tirare fuori dettagli tecnici. Gli altri uomini al tavolo invece sembravano più che altro imbarazzati.

«Si chiamano ghoul.» disse a un certo punto Graziani. Rosenfield sembrò apprezzare l'approccio differente. «Sono entità extra-dimensionali. Provengono da un piano diverso dal nostro, le nostre conoscenze su dove si trovi o come raggiungerlo al momento sono praticamente nulle. Per qualche ragione hanno eletto il nostro pianeta a obiettivo per un'invasione. Riescono a venire qui, ma solo in piccoli gruppi e raramente riescono a stabilizzare la loro presenza. Il loro scopo, sembrerebbe, è impiantare delle teste di ponte che gli permettano di far arrivare le loro truppe di assalto e avviare una conquista su larga scala. E il nostro sterminio, forse. L'unica volta che sono riusciti a portare a termine un'azione del genere è stato a Nokata.»

Nokata era sempre una parola che riportava Francis coi piedi per terra, nonostante tutto quello che stava accadendo. Nokata aveva significato la morte di milioni di persone e quello aveva la priorità su qualsiasi veletta, gonna a sbuffo o scettro colorato potessero mettergli davanti. Divenne improvvisamente serio e attento.

«Esiste un'altra razza» continuò Graziani «che combatte i ghoul e che credo consideri conveniente fermarli qui. Questa razza ci ha dato loro.» E indicò la ragazzina oltre il vetro.

 «Ragazzine di quattordici anni.» ribadì Francis.

«O anche dodici. O quindici. Non sappiamo con che criteri procedano al reclutamento. Quello che sappiamo è che in Giappone, tre anni fa, mentre i ghoul portavano avanti una vasta operazione, diverse ragazze sono state... trasformate. Sono tutte morte tranne una. Quell'una ha combattuto fino alla distruzione della città.»

Francis tornò a guardare l'adolescente che aveva detto di chiamarsi Azure Foxtrot. Aveva finito i biscotti e il te e adesso si era sdraiata sulla pancia, concentrata sul cellulare. Poiché non c'era campo lì sotto probabilmente stava giocando a qualche videogioco. «Avete tenuto nascosta tutta questa storia per anni.»

«Avevamo dei dati, ma anche molta confusione. Alcuni aspetti si sono chiariti quando lei è venuta da noi chiedendoci aiuto» continuò Graziani «ormai due mesi fa. Capirà che non è stato facile trovare un terreno di dialogo, ma ci ha aiutati ad acquisire conoscenze.» il colonnello indicò Rosenfield, che annuì gravemente. 

Francis si chiese da quanto tempo Azure Foxtrot fosse dietro quel vetro, in quel sotterraneo. «Che aiuto vi ha chiesto?»

«Vuole ritrovare la ragazza di Nokata, sembra sia importante.»

Era il turno di Whitaker. S'era presentato con sotto il braccio un faldone abbastanza spesso. Lo mise sul tavolo e lo spinse verso Francis. «Il numero di bambini che rimasero orfani alla strage di Nokata naturalmente fu molto alto... purtroppo superato solo dal numero di bambini che sono morti in quella tragedia. Sessanta di loro sono stati affidati a famiglie americane. Sembra che la ragazza che cerchiamo sia tra questi, ovviamente nessuno si è accorto della sua... particolarità. Facendo un po' di ricerche incrociate siamo riusciti a ridurre il campo delle probabili a una ventina. Azure Foxtrot però non ha idea di che faccia abbia, quindi dice che deve andarle a vedere di persona. Quello di cui abbiamo bisogno è una persona che l'accompagni, che sia adeguata a gestire una situazione così delicata e che in qualche modo dia credibilità all'operazione.» Whitaker indicò oltre il vetro. «E naturalmente anche qualcuno a cui si possa ragionevolmente affidare Azure Foxtrot stessa.»

Francis toccò appena il faldone. Dentro c'erano fotografie di bambini, dati anagrafici, trascrizioni di dialoghi con gli psicologi. Conosceva bene tutta quella roba, era esattamente il suo lavoro. E considerando da dove venivano i bambini di quei dossier era esattamente la parte più terribile del suo lavoro. «Usualmente si tutelano i minori dalla possibilità di poter essere raggiunti dal loro passato una volta che si è proceduto con una ricollocazione così radicale.»

«E' stato un periodo di decisioni terribili, quello successivo al disastro di Nokata.» ammise Whitaker.

Graziani dava idea di non essere minimamente toccato dal contenuto dei dossier, troppo concentrato a fare quello che doveva essere fatto. «Signor Bloom» disse «lei non è qui solo per le sue qualifiche e i suoi studi. Sappiamo perfettamente che ha già affrontato situazioni molto difficili. Due missioni in Africa, consulente della commissione sui crimini di guerra in Siria, sappiamo che il problema non è dirle che è minacciato o che la sua vita sarà in pericolo. Anche il fatto di dover gestire adolescenti con traumi gravissimi è aderente al suo profilo. Ovviamente quello che può ostacolare la nostra collaborazione è la sua incapacità di accettare quello che sta succedendo. Su quello non abbiamo potuto fare previsioni prima di chiamarla qui e mostrarle quella persona dietro il vetro. Ora però deve darci qualche risposta.»

Francis si alzò in piedi per la prima volta e andò verso la finestra blindata. Fissò la ragazzina sdraiata per terra per un lungo momento finché lei non parve accorgersi del suo sguardo e sollevò la testa su di lui. La sua impressione non era sbagliata, negli occhi di quella ragazza si leggeva qualcosa di brutto, qualcosa che era abituato a interpretare come una richiesta d'aiuto. Ma non era l'aiuto che gli chiedevano di dare. Mentre lui continuava a riflettere tenendole gli occhi addosso, Azure Foxtrot si alzò in piedi e venne a sua volta verso il vetro finché non si trovarono divisi da pochi centimetri. Dopodiché premette un tasto che lui non vedeva, per accendere il microfono dalla sua parte. «Sei tu che mi accompagnerai?» chiese, asciutta, come se non le interessasse realmente chi fosse.

«Non ci tieni molto che ci sia qualcuno con te, vero?»

Lei fece spallucce. «Purtroppo non posso districarmi con la burocrazia. Ci metterei troppo tempo. E' per questo che ho accettato questo compromesso.»

«Sono un assistente sociale.»

«Immagino che servano le tue competenze per cercarla.»

«E a te? A te non serve un assistente sociale?»

Finalmente la ragazza abbassò un momento lo sguardo. «Questo non è rilevante.»

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