13 - Una mia amica: White Bishop

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Sia Francis che Sylvia sapevano che doveva succedere qualcosa, nonostante questo il pranzo stava procedendo con gran serenità. Intorno al tavolo con loro c'erano i Paulson, Oscar e Theodore e la ragazzina di quattordici anni che era ricomparsa quando era stata chiamata a tavola, che si chiamava Betty. Betty, appena visto che si stavano disponendo intorno al tavolo si era infilata accanto a Sylvia e mentre ancora la signora Paulson stava servendo il cibo aveva cominciato a farle domande. Sostanzialmente era una coetanea di Sylvia e il suo atteggiamento sfacciato faceva quasi credere che si stesse mettendo in competizione con lei, cosa che metteva a disagio la maghetta. Francis, però, che aveva una certa esperienza, aveva capito subito che quella di Betty era ammirazione. Betty sapeva di trovarsi davanti a una persona della sua età, ma infinitamente più adulta, più dura, che aveva capito della vita molte più cose di lei e che magari gliene avrebbe spiegate qualcuna se fossero diventate amiche.

«Come fai ad avere i capelli così?» le chiese, toccandosi intanto i suoi ricci neri, esibendo una notevole insofferenza.

«Se li tieni corti è più facile.» rispose Sylvia, cercando di guardarla il meno possibile.

«Appunto, come hanno a essere così fighi anche se sono così corti?»

«Non ne ho idea, li lavo regolarmente, magari.»

Sylvia (e oramai anche Francis) era consapevole che non tutta la magia scompariva quando si toglieva il costume. Rimaneva una certa luce latente, appena intuibile, che la rendeva bella in maniera innaturale. Questo però non sarebbe riuscito a spiegarlo.

«Deve essere anche che non vai a scuola.» concluse Betty, scrollando le spalle.

«Non è che non va scuola.» si affrettò a correggere la situazione Francis. «Si è solo presa una pausa per aiutare Kyoko.»

«Se no dove vai a scuola?»

«Minneapolis»

Sylvia aveva detto la città dove era nata, c'era però da credere che non la vedesse da molto tempo. E naturalmente, no, non andava a scuola da quando era diventata una maghetta.

Qualcuno suonò alla porta, i Paulson rimasero un attimo interdetti, dando a intendere che non aspettavano nessuno, così Sylvia si alzò in piedi di scatto, guardandoli. «Se permettete» disse «vado ad aprire io.»

«Non è necessario.» fece il signor Paulson alzandosi a sua volta. «Rimani pure a tavola.»

La richiesta di Sylvia era bizzarra, Francis si alzò a sua volta, capendo che poteva significare solo guai. «Credo che dovreste lasciarla andare, potrebbe avere a che fare con Kyoko.»

«A maggior ragione allora» si mostrò inamovibile Paulson «credo che dovrei aprire io la porta di casa mia.»

Erano tutti paralizzati in una specie di stand-off alla messicana di educazione, Francis sapeva che le buone maniere di Sylvia avrebbero resistito ancora poco, dopodiché sarebbe partita. Betty però la bruciò sul tempo, saltando giù dalla sedia. «Allora vado io!» disse gioviale, correndo all'ingresso.

Sylvia emise un «No!» strozzato e le corse dietro, Francis e il signor Paulson la rincorsero a loro volta. Quando la raggiunsero, Betty aveva già aperto e aveva davanti una ragazza all'incirca della stessa età, dai tratti molto raffinati, la pelle pallidissima e i capelli castani striati di venature rosse. Indossava una sorta di cappa, il cappuccio sul volto a coprirle i capelli, il mantello a rotolare giù fino alle caviglie. La cappa era bianca con bordi celesti e alcune teorie di disegni geometrici ad adornargli il bordo inferiore. Sotto quella indossava quello che sembrava il reggiseno di un costume da bagno, sempre bianco, e un paio di leggings color crema. L'abbigliamento bizzarro sembrava aver ipnotizzato Betty e ovviamente aveva lasciato interdetto anche il signor Paulson.

«Mi spiace disturbare» stava dicendo la nuova venuta, con un tono calmo e infinitamente gentile «ma mi hanno detto che qui potrebbe trovarsi una mia amica che non vedo da molto tempo e sono venuta a verificare se era vero.»

A Betty, ovviamente, di quella richiesta non interessava niente. «Stai andando a una qualche festa in maschera?» chiese. La cappa bianca, come tutti gli altri vestiti delle maghette, era assurda e probabilmente sarebbe dovuto apparire ridicola, ma l'aura di magia che la circondava lo rendeva simile alle vestigia di una principessa o un paramento sacro, facendo sì che mettesse soggezione.

La maghetta bianca sorrise. «Diciamo che mi piace vestirmi così.» rispose.

«Posso toccarlo?»

La ragazzina sollevò un lembo del mantello e lo porse a Betty che lo accarezzò un paio di volte quasi fosse un gattino. «E' liscissimo, come seta, ma c'è anche qualcos'altro, è come se ci scorresse dell'elettricità dentro.» spiegò.

La maghetta ridacchiò. «Elettricità... o magia.»

«White Bishop.» chiamò Sylvia. «Eccomi.» La sua mano destra continuava ad aprirsi e chiudersi, come quando voleva invocare il pod.

La ragazza in bianco, sentendosi chiamata, osò un passo in casa, lasciando Betty a guardarsi la mano, su cui continuava a luccicare una specie di polvere dorata. «Oh, eccoti qui, finalmente.»

Era certamente molto diversa da Golden Mariposa. Francis aveva avuto paura di Golden Mariposa dal primo momento in cui l'aveva vista, ne aveva avvertito subito il rancore. White Bishop invece sembrava una persona misurata, rassicurante quasi. Il suo atteggiamento ieratico faceva sì che ci si potesse quasi dimenticare della sua età. Anche lei doveva aver vissuto esperienze che l'avevano resa improvvisamente adulta, ma anche accorta, forse. Se era un nemico, era un nemico pericoloso.

«Era il caso di presentarsi così?» si lamentò Sylvia.

«Con le voci che ho sentito in giro» White Bishop socchiuse gli occhi «si è trattato di prudenza.»

Non era possibile decifrare cosa stesse accadendo senza accettare il fatto che le due ragazzine potessero ritrovarsi a combattere all'ultimo sangue. Paulsen era naturalmente confuso, era arrivata anche sua moglie a dargli man forte, rimanendo altrettanto interdetta. «Sei un'amica di Sylvia?» chiese lui. «Vuoi fermarti a mangiare con noi?»

«No grazie» rispose lei con un piccolo gesto della mano. Scostando i lembi della cappa aveva rivelato che intorno alla vita, non certo per sostenere i leggings, portava una larga cintura di cuoio marrone a cui era appeso il suo scettro, completamente bianco, un oggetto adornato da diverse bombature. «Avrei però bisogno di parlare un momento con la mia amica. Magari è più comodo se viene fuori.»

Sylvia guardò fuori dalla finestra. Con il pod disattivo i suoi sensi erano acuti, ma non quanto avrebbe voluto. «C'è Ruby Atlanta fuori?»

L'altra ragazzina parve quasi offendersi. «No, Azure, sono venuta da sola.»

La mano di Sylvia riprese ad aprirsi e chiudersi ossessivamente «Bene, allora viene anche lui.» e indicò Francis.

Francis si ritrovò spiazzato, Sylvia aveva passato gli ultimi giorni a escluderlo sistematicamente dalla sua guerra e ora decideva di coinvolgerlo in prima persona. 

Anche White Bishop ridacchiò nervosamente. «Cosa ci serve lui?»

«Collabora con me alla ricerca di Purple.»

«Non ci interessa Purple, lo sai.» rispose rapida la maghetta bianca, aprendo la porta. «Comunque... come preferite.»

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