50 - Fiducia

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«Andiamo.» Era nuovamente Kyoko a segnare il tempo, Kyoko che aveva passato anni da sola, nascosta, e adesso mal sopportava la presenza di chiunque per tempi troppo lunghi. A volte si accorgeva che tutto il suo contributo alle visite a Sylvia come ad altre faccende era semplicemente dire quando era il momento di andarsene. Realizzarlo non la rendeva felice.

Francis non era soddisfatto, ma come sempre si trovava in una posizione di debolezza, senza la possibilità di imporre niente. Se anche Rosenfield aveva ribadito il suo ruolo di agente di collegamento nemmeno l'esercito poteva fare di più che chiedere la collaborazione con le maghette dicendo «per favore». Si mise in cammino verso il portale d'uscita di The Box ancora con addosso quella sottile ansia a cui ormai si era abituato.

«Sylvia accetterà il tuo aiuto.» gli disse Kyoko, poco prima che varcassero il passaggio verso Chicago.

«Perché ne sei così sicura?»

«Perché si fida di te.»

Francis si girò verso Kyoko per avere conferme che credesse veramente in quello che aveva detto. Non ne trovò. L'espressione della ragazza raramente cambiava, era diventata gelida come un Moderator, almeno in superficie. Purtroppo aveva passato ormai troppo tempo a sopravvivere a sé stessa, era diventata molto brava a nascondere tutto, spegnere tutto, ignorare tutto. Francis non riusciva a leggerle addosso nemmeno i più piccoli segni delle emozioni che provava. Volle crederle lo stesso. «Hai detto una cosa molto bella.» la ringraziò.

«Ho detto quello che ho visto. Non credevo che una maghetta potesse formare un qualche legame eppure tra te e lei quel legame c'è ed è quello che la salverà.»

Ormai erano al portale, in realtà non era molto più di un largo arco che, all'apparenza, continuava su un sentiero indefinitamente lungo. Francis invece sapeva che appena superato si sarebbero trovati in un parcheggio sotterraneo, fortunatamente non molto lontani da dove avevano l'appartamento. «E tu?» si azzardò, dopo aver fatto sedimentare quello che la ragazza gli aveva detto.

«Io me ne sto andando. E' l'ultima volta che vengo a trovare le ragazze in The Box.»

«Come?»

«Non ti devi preoccupare. Ho lasciato disposizioni al Barone. Abbiamo fatto un nuovo patto. Io rimarrò in contatto con lui e lui rimarrà in contatto con te. Potrai passare tra i due mondi senza problemi, ti eleverà dallo stato di viaggiatore e ti renderà cittadino. Scoprirai che questo può avere molti risvolti positivi.»

«Non sono interessato ad andare in vacanza in una dimensione aliena governata da un essere che assomiglia a un albero. Dimmi di te. Perché vuoi andartene?»

Erano dall'altra parte, il flusso di persone era scarso, con loro erano passati in pochi. L'ambiente del parcheggio era opprimente, con le luci crude che illuminavano solo posti auto vuoti e sporcizia. Kyoko non rispose finché non si trovarono di nuovo all'aperto, sotto la luce rossastra del tramonto. C'era pace, il che significava che si vedevano pochi mezzi militari in giro e se non si alzava troppo lo sguardo non si notavano le ferite della città. «Io sono diventata una Purple. Non è una cosa da cui si può tornare indietro o di cui ci si può liberare. Hai visto cosa significa diventare una Purple.»

«Non hai ucciso le tue compagne per farlo.»

Lei strinse il pugno. Non era ossessionata dal pod, nessun tic ad aprire e chiudere la mano, ma le sue dita erano spesso in movimento, come confuse. «Ho fatto altro.»

«Kyoko, lo so che voi odiate sentirvelo dire ma... anche tu sei solo una ragazzina. Hai perso i genitori a quattordici anni, sei fuggita via dalle persone per i successivi tre. Non c'è nulla di male ad accettare che hai bisogno di aiuto. Quell'aiuto esiste, lo hai visto, lo hai detto tu, ma nessuno oltre a te è in una posizione tale da permetterti di ottenerlo. Devi deciderlo tu.»

«Infatti. E ho deciso di andarmene. Ho ancora molto da fare.»

«Altra distruzione? Non deve esserci solo distruzione.»

La nave dell'Integrità non era più sospesa nel cielo, questo non significava che Joyjoy fosse morto. L'esercito aveva vietato a chiunque l'accesso al lago e aveva cominciato a lavorare intorno al relitto. Purtroppo il vascello si era schiantato contro l'acqua con tale impeto da inabissarsi quindi ormai tutta la tecnologia aliena si trovava sul fondale. Le squadre di sommozzatori lavoravano giorno e notte.

Quello che però Kyoko sapeva era che ormai da tempo il problema non era più Joyjoy, perché per quanto avesse odiato il Moderator era arrivata al punto di capire che l'odio non bastava più. Quando era diventata maghetta lo era diventata convinta di poter fare qualcosa, convinta di poter aiutare le persone. Lo credeva ancora, adesso aveva infinitamente più potere di prima e voleva aiutare, solo che significava combattere, spezzare il nodo tra umani, ghoul e Integrità. Joyjoy le aveva dato il dono di una vita senza dubbi, nel momento in cui vi aveva rinunciato aveva scoperto che anche così la guerra andava avanti. Era solo più complicata. «Ti farò avere mie notizie tramite il Barone.»

«Kyoko...»

Finalmente lei lo guardò, un impercettibile guizzo sulla guancia, una mascella che si contraeva una volta di troppo. «Forse un giorno tornerò e accetterò il tuo aiuto.»

Francis rimase immobile di fronte a quella concessione, che alla ragazzina doveva essere costata tantissimo. Poi lei ebbe lo slancio di prendergli le mani. «Puoi tornare a The Box quando vuoi, devi continuare a fare visita alle ragazze, devi aiutare Sylvia a guarire, devi capire cosa fare anche per Alexa e Arianne. Non devi abbandonarle.»

Ci teneva veramente, anche se non le aveva mai conosciute. Teneva a tutte le maghette, probabilmente, teneva a quelle che erano morte, a quelle che erano ancora al servizio dell'Integrità e a quelle che non avevano ancora ricevuto il pod. Era un peso enorme che sosteneva volentieri, per cercare di spegnere almeno in parte il suo senso di colpa. Francis sapeva quanto stava sbagliando, ma non poteva dirglielo, era una cosa che doveva imparare da sola. Se le avesse permesso di andare forse sarebbe tornata, se fosse tornata forse sarebbe riuscito ad aiutarla. Era un'infinità di rischi che era suo dovere prendersi, era il suo lavoro. «Farò tutto il possibile per loro.»

Erano in una via appartata, il pod viola comparve nella mano di Kyoko, in un momento divenne Purple Vengance. L'aura intorno a lei era sempre terribile e minacciosa, il suo vestito scuro da cameriera, pur con l'enorme fiocco e il pizzo, grondava violenza. «Arrivederci.» gli disse.

«Arrivederci.» fece lui. Si sentiva leggero, si sentiva leggero perché per una volta non doveva salutare una di quelle ragazze perché era morta, ma perché aveva preso una decisione, aveva deciso di perseguire un obiettivo che si era scelto con la sua testa.

Purple Vengance spiccò un balzo, in pochi secondi non era più possibile capire dove fosse finita.

Francis si diresse lentamente verso casa.

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