29 - Tre ragazzine

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Golden Mariposa, alta in cielo, non stava cercando dei bersagli. Era lì solo perché essere lì era esattamente quello che le avevano detto di non fare, voleva farsi vedere, voleva che la città sapesse che esisteva ed era terribile. Per questo, scivolando di strada in strada con un po' di accortezza, girando intorno al Rabbit Café ormai ridotto a un tizzone ardente, riuscirono a raggiungere Ruby Atlanta, che, malconcia, si reggeva appena in piedi, appoggiata a un muro. Il suo costume non era meno bizzarro di quelle delle sue compagne: indossava una bandana rossa che le raccoglieva i capelli e il suo corpo era coperto da un top e da leggings neri, adornati da disegni scarlatti. In un certo senso, anche grazie alle scarpe da tennis di un bel rosso accesso, si sarebbe potuta quasi scambiare per una jogger. Stonavano solo i due pesanti bracciali di metallo che aveva intorno ai polsi, incastonati di borchie bronzee e gioielli simili a rubini. Forse quegli oggetti erano anche i sostituti dello scettro che sembrava non possedere.

«Gloria!» esclamò White Bishop correndo verso di lei. Ruby Atlanta si girò verso il gruppetto, aveva gli occhi iniettati di sangue e un labbro spaccato e questo mentre era ancora avvolta nel guscio della magia, che attenuava la gravità delle sue ferite. Non reagì nemmeno mentre l'amica correva verso di lei, ma finì col fissare gli occhi su Sylvia. «Ah!» fece «Lei è qui.»

White Bishop la abbracciò, senza quasi sentirla. «Meno male.»

Golden Mariposa si sollevò ancora, Francis si annotò che sembrava l'unica a possedere veramente la capacità di volare. Guardò ancora verso il basso nonostante i fantocci di White Bishop avessero fatto sì che non ci fosse nessuno per le strade, come per parlare alla città. «Ve l'ho detto. Mi porterò via un pezzo di voi ogni notte, finché non mi consegnerete Azure Foxtrot!» gridò, in una maniera che era perfettamente udibile per tutti loro a terra.

Ruby Atlanta capì che la battaglia era finita e d'improvviso il costume si dissolse intorno a lei, lasciando una ragazzina dai capelli neri e corti in giacca di jeans e pantaloni cargo, che subito perse i sensi tra le braccia dell'amica, ancora avvolta nella sua cappa bianca.

«Devi lasciare che Azure Foxtrot l'aiuti. Se facciamo attenzione Golden Mariposa non se ne accorgerà.» disse Reepon.

«Tu... tu chi sei?» chiese stranita White Bishop, che evidentemente non aveva mai parlato con nessun altro Moderator se non Joyjoy.

La voce di Golden Mariposa proruppe nuovamente nell'aria in quel momento.  «Alexa!» chiamò «Alexa!»

White Bishop alzò gli occhi al cielo come se la maghetta gialla potesse vedere lo sguardo di fuoco che le rivolgeva, mentre le sue braccia si stringevano ancora più forte intorno all'amica priva di sensi.

«Alexa!» continuava intanto Golden Mariposa «perché non sei qua su a dare la caccia ad Azure Foxtrot con me? Ti sei sempre comportata come se ti importasse qualcosa della nostra vita e adesso hai deciso invece di nasconderti e fare solo scelte sbagliate?»

Se non fosse che stava sorreggendo Gloria, probabilmente persino la riflessiva White Bishop, provocata in quel modo, sarebbe partita all'attacco.  Golden Mariposa però non la stava realmente sfidando a duello, desiderava unicamente ferirla, a parole, come può ferirti solo una persona che hai considerato a lungo amica. Dal suo scettro saettarono diversi raggi luminosi che piombarono ognuno su uno dei fantocci che stavano contenendo la gente. Si alzarono acute le urla delle persone che credevano che i bersagli colpiti fossero effettivamente degli esseri umani.

«Chi stai proteggendo oggi?» continuò a chiedere Arianne «Chi?» Sputata quell'ultima accusa, poi, la maghetta gialla spiccò un alto salto e prese il volo, scomparendo nelle nubi sospese nel cielo.

White Bishop digrignava i denti e i suoi occhi erano pieni di lacrime di frustrazione. Francis decise che a quel punto non era più un problema di maghette, ma una situazione di ragazzine che avevano bisogno di essere aiutate. Andò da lei e le tolse delicatamente dalle braccia Gloria, ancora priva di sensi. Gloria o Ruby Atlanta che fosse doveva avere forse un anno meno di Sylvia e senza il costume era una creatura piuttosto minuta, che lui riuscì a prendere in braccio quasi senza problemi. Respirava affannosamente a bocca aperta. «Avete un posto dove possiamo portarla?» chiese. Si trattenne dal parlare di ospedali perché non aveva idea  di quanto potessero essere efficaci.

White Bishop, una volta avute le mani libere, si fregò selvaggiamente via le lacrime dal volto e annuì, toccando lo scettro che portava alla cintura. Subito sopraggiunse una macchina guidata da un uomo, un uomo che però aveva uno sguardo fisso nel vuoto e nessuna espressione. «Anche tu devi toglierti quel costume.» le disse Francis, perentorio. Ormai vedeva tutti quei maledetti vestiti come una malattia. «Quindi guido io.»

«Non sai dove è... dove è casa nostra.» provò a lamentarsi Alexa. Adesso aveva il pod bianco in mano, ma non aveva il coraggio di premerlo per far scomparire la cappa e il resto.

«Basta dirmi la via, ci arrangeremo.» Mentre Francis caricava Gloria in macchina e Reepon  si accoccolava accanto a lei, Sylvia aprì la portiera del guidatore e trascinò a terra il fantoccio, che crollò al suolo privo di vita, dopodiché andò a sistemarsi al posto passeggero, dove aveva sempre viaggiato in quei giorni. Francis stesso era stupito nella prontezza con cui la maghetta azzurra aveva accettato la sua idea. «Avete bisogno di aiuto.» decretò sedendosi, guardando White Bishop.

Alexa salì dietro, si mise la testa di Gloria in grembo e solo allora premette il pod facendo scomparire il costume. Al suo posto apparve una tuta da ginnastica scura. Per un momento sembrò anche lei sul punto di svenire, ma un lampo nei suoi occhi fece capire che non era ancora il tempo di arrendersi. «Faccio strada io.» dichiarò.

Francis salì in macchina e mise in moto, era partito a fare l'assistente sociale per prendersi cura di una ragazzina, ora le ragazzine che erano con lui erano tre. Non era la prima volta che doveva occuparsi da solo di un gruppo del genere, di emergenze nel suo lavoro ce n'erano sempre, solo non aveva mai creduto che un giorno avrebbe portato via delle quattordicenni da un campo di battaglia dove avevano rischiato di morire.

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