36 - Morire al posto mio

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Francis lasciò subito il tetto del palazzo dove si trovava e raggiunse il piano terra il più in fretta possibile. Incurante di tutto cominciò a correre verso l'edificio crollato, chiamando Gloria a gran voce. Al crollo sembrava che l'intero mondo si fosse fermato, cristallizzato nella finissima polvere grigia sollevata dallo schianto. Non si vedeva più Golden Mariposa né White Bishop e i suoi fantocci, le strade erano deserte perché le persone erano fuggite via quando la battaglia era cominciata.

Francis non aveva idea di come trovare Ruby Atlanta, ma una volta davanti al cumulo di lastroni di cemento vide baluginare nella nebbia dei detriti una luce rossa intermittente, giù per un vicolo, e la seguì. Trovò Gloria che giaceva al suolo, coperta di sangue, il corpo martoriato, nonostante indossasse ancora il costume e la magia le avesse fatto da scudo. Il pod fluttuava sopra di lei, ma la luce non era più costante, lanciava lampi sporadici alternati da lunghi momenti in cui sembrava completamente spento. Non certo un buon segno.

Francis si inginocchiò e cercò di tirare su la testa di Gloria, lei aprì gli occhi e lo guardò. Nonostante il rivolo di sangue che le usciva dalla bocca sorrideva. «Non ho esitato.» disse.

Lui provò a scostarle i capelli dal volto. «Stai calma, non parlare.»

«Ho capito cosa dovevo fare e non ho esitato. Non ho dovuto uccidere nessuno. Sono capace di fare quello che va fatto se non c'è bisogno di uccidere nessuno.»

Francis si guardò intorno, le parole di Gloria erano un sussurro confuso, che gli arrivava nonostante i denti rotti e il respiro graffiato. «Azure Foxtrot!» chiamò. «Azure Foxtrot!». Si trattava di magia, aveva a che fare con delle maghette, non importava quanto la ragazzina tra le sue braccia sembrasse malridotta, con la magia si poteva risolvere tutto. «Azure Foxtrot!» chiamò ancora.

Lei gli toccò la mano, sembrava stupita che lui la ignorasse proprio in quel momento. «Va bene così.» disse. Il pod rosso rimase spento per diversi lunghi secondi.

«No, non va bene così!»

«Non sarei mai riuscita a diventare... qualcuno... con la pallacanestro...»

Azure Foxtrot atterrò loro accanto in quel momento. Sotto la veletta si vedeva che era anche lei completamente sotto shock. Si avvicinò al corpo di Gloria e provò subito a usare la magia, ma il suo potere non trovò niente su cui attecchire e le tornò indietro. I lampi del suo potere le si attorcigliarono intorno alle braccia come viticci ribelli. «Non...» disse e provò ancora.

Il pod di Gloria andò in mille pezzi in quel momento, il costume di Ruby Atlanta si dissolse. Adesso era impossibile credere che quel corpo martoriato, coperto di sangue, entrambe le gambe piegate in maniera sghemba potesse contenere ancora vita. Ebbe un ultimo sussulto e poi si afflosciò come un cappotto vecchio.

«Lei mi ha spinto via...» diceva intanto Sylvia. Continuava lottare con la sua magia perché provasse a guarire un corpo ormai morto, la sua magia si ribellava a quell'assurdità, molto più lucida di quanto lei stessa fosse in quel momento. «Non ho visto arrivare niente, mi sono solo sentita spingere via...»

Francis appoggiò la testa di Gloria a terra il più delicatamente possibile. Aveva tredici anni, Gloria, ed era morta di una guerra assurda, uccisa da una ragazzina della sua età per aver dato retta a una razza aliena che sembrava provare un sadico piacere a mettere le persone le une contro le altre, senza curarsi delle conseguenze. Nonostante le lacrime che gli scendevano dalle guance si sforzò di concentrarsi su Sylvia. Non si era mai trovato in situazioni del genere, ma aveva incontrato persone a cui era accaduto. «Devi occuparti dei vivi.» dicevano tutti. «La cosa più terribile, quella più difficile è che devi occuparti dei vivi. Sempre.» Prese le mani di Sylvia, la magia fluì su di lui, sentì il benefico calore delle arti curative di Azure Foxtrot, arti curative che in quel momento la ragazzina stava disperdendo inutilmente. La scrollò con forza finché il flusso non smise. «Concentrati.» disse «Non c'è più niente da fare.»

«Lei mi ha spinto via.» disse ancora Sylvia. Non stava piangendo, ma solo perché la magia, per qualche ragione grottesca, non le permetteva di piangere.

Alle loro spalle il rumore pesante di qualcosa che colpisce il suolo. «E' morto qualcun altro per colpa tua.» disse una voce. «E tu sei ancora viva.»

Francis aveva visto Golden Mariposa da vicino, quando erano ancora a Salt Lake City e stentava a credere che la persona che aveva davanti fosse la stessa. Golden Mariposa bruciava del suo potere, la sua pelle risplendeva, intorno a lei una sottilissima polvere d'oro saturava l'aria. La luce gialla in cui era soffusa, però, era striata da venature più scure. Anche il suo pod, che le orbitava intorno quasi fosse dotato di vita propria, era screziato da bizzarri ghirigori di un altro colore, che apparivano quasi neri, nella luce abbagliante. Gli occhi della ragazza erano sbarrati, più sbarrati di come dovrebbero poter essere nella realtà, due piccoli soli ardevano al posto delle sue pupille, cancellando ogni possibilità di un'espressione umana. «E allora andrà così, Azure Foxtrot. Ucciderò una persona per ogni volta che scapperai. Ogni volta che deciderai di preservare la tua inutile vita qualcun altro la perderà. Come farai? Continuerai a fuggire come una vigliacca? Quante altre volte lascerai che altri muoiano al posto tuo?»

Sylvia si alzò in piedi e fronteggiò la maghetta gialla. La sua aura blu quasi scompariva in confronto alle ondate di energie dell'altra, ma non sembrava importarle, non aveva altro posto dove andare. «Ti rendi conto di quello che hai fatto?»

Golden Mariposa non la sentiva quasi. «Allora stavolta sarà quel tuo amico a morire. Se colpirò con tutta la mia forza non riuscirai a scappare e a portarlo via, dovrai decidere, di nuovo, se è il caso di lasciare indietro qualcuno a morire per te.»

Francis capì che erano morti tutti e due. Qualunque cosa fosse diventata Golden Mariposa ormai non c'era modo di fermarla e lei era decisa a colpire. Non rimpiangeva nulla di quello che aveva fatto, non aveva rimpianti per il fatto che quella ragazzina presto lo avrebbe incenerito. Aveva rimpianti per non essere riuscito a salvarla, per non essere riuscito a salvare Gloria che giaceva ai suoi piedi, per non aver capito l'enorme portata di quella follia nel momento stesso in cui aveva visto Azure Foxtrot trasformarsi la prima volta. Quelle erano le cose di cui dispiacersi. Scomparire solo perché si trovava al centro di un mondo completamente pazzo era la cosa più ovvia che potesse succedere.

Golden Mariposa fermò il proprio pod davanti a sé e cominciò a caricare energia. Azure Foxtrot si mise sulla difensiva, probabilmente pronta ad appellarsi anche ai poteri di Emerald Pulse. Prima che la maghetta gialla scaricasse il suo potere però un enorme globo di energia la travolse, mandandola a schiantare contro il muro di uno dei palazzi ancora intatti.

«Stupidi!» urlò una voce. «Maledetti stupidi!»

Gonna bianca, di pizzo, coperta da un grembiule viola. Camicetta viola, grosso fiocco bianco e viola, scarpette di vernice. La luce che emetteva era intensa quanto quella di Golden Mariposa, solo più controllata, più pericolosa, sembrava quasi che alle sue spalle ci fosse una tigre pronta a colpire. Teneva lo scettro alto davanti a sé come una torcia. Era leggermente più alta di Azure Foxtrot, quella differenza di altezza che è fisiologica tra i 14 e i 17 anni, ma il suo sguardo era vecchio e indurito allo stesso modo, perché era diventato così molto tempo prima, alla stessa età che Azure aveva in quel momento. Le sue guance erano rigate di lacrime. «Come avete potuto fare questo disastro! Come avete potuto essere così stupide! Guardate cosa avete fatto! E' morta! Non doveva morire più nessuno!»

Purple Vengance.

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