38 - L'inferno del soldato

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«Non si toglieva il costume da settimane.» comprese Azure. Si avvicinò a Arianne e lasciò che un po' di magia la rinfrancasse, almeno per dare colore alla sua pelle.

«Ha scelto di non toglierselo. E a scelto di percorrere la strada che l'avrebbe portata a diventare una Purple. Ha scelto anche di uccidere Ruby Atlanta.» continuava a dire Kyoko. La sua espressione era ancora gelida, ma si era formata una ruga sulla sua fronte.

«E tu?» la sfidò Sylvia. «Tu chi hai ucciso per diventare una Purple? Che scelte hai fatto?»

Francis temette che le due maghette fossero sul punto di scontrarsi. Azure, certamente, voleva lo scontro. Dopo il sacrificio di Ruby voleva fare ammenda in qualche modo, voleva provare dolore, il senso di colpa del sopravvissuto la stava divorando rapidamente. Probabilmente avrebbe continuato a stuzzicare Purple Vengance fino a farsi uccidere, ma il cielo notturno cambiò improvvisamente colore, divenne nero senza stelle e poi di una diversa tonalità di tenebra.

«No.» disse Purple Vengance alzando gli occhi.

«Che cosa sta succedendo?» chiese Francis. A parte i giochi di luce spettrali nel cielo c'era qualcosa che stava rendendo l'aria urticante, una specie di polvere invisibile che graffiava la pelle. Si mise a sfregarsi le braccia. «Cos'è questo?»

«Un portale ghoul. I ghoul hanno deciso di invadere Chicago. Tutti questi scontri tra maghette li hanno convinti a uscire allo scoperto.» spiegò Purple Vengance.

«Vogliono... vogliono provocare un'altra Nokata?» chiese Francis. Subito si accorse che lo stava chiedendo all'unica persona che era stata testimone di quel disastro e la domanda gli apparve ancora più pesante sulla lingua.

Purple Vengance scosse la testa, prima di tornare a rivolgere gli occhi al cielo, il suo fiocco che  le fluttuava floscio sul capo. «No, vogliono evitare un'altra Nokata.»

«Cosa... cosa intendi?»

A quel punto l'aria fu scossa da un rumore inatteso, un violento girare di pale. Nel cielo che ancora aveva un colore innaturale, di un nero screziato da ferite ancor più nere, era comparsa una flotta di elicotteri militari con stampigliate ben in evidenza le insegne dell'esercito degli Stati Uniti. Non maghette. Non demoni. Non alieni. I cari vecchi soldati.

«Cosa credono di poter fare?» commentò Kyoko scuotendo la testa.

La sagoma candida di Reepon fece capolino da dietro un cumulo di blocchi di cemento crollati. Nonostante l'aria fosse sudicia di polvere il suo pelo era ancora bianco e immacolato e la sua ampia coda sembrava capace di scacciare l'aria tossica. Osservò tutti indistintamente. «E' molto più grave di quanto pensiate.» disse. «Il mio suggerimento è ritirarvi tutti in The Box per il momento.» A sottolineare che potevano farlo tre asshratth si posarono intorno a lui. Loro invece sembravano infastiditi dall'aria satura di cemento, scuotevano la testa e soffiavano per tenere i polmoni il più puliti possibile, muovendo ossessivamente le ali membranose.

Purple Vengance andò davanti a loro con sguardo di sfida. In un certo senso qualsiasi cosa Kyoko facesse, qualsiasi gesto, sembrava fatto per dichiarare guerra a qualcuno. In realtà si mise a braccia conserte davanti ai nuovi venuti, frapponendosi tra loro e le altre due ragazzine, come se le stesse difendendo. «La generosità di The Box non è mai disinteressata. E io comunque non posso entrarci.» La sua era amara ironia.

Fu uno degli asshratth a parlare: «Fratello Spettro non sapeva se saresti uscita allo scoperto, ma ci ha detto che se fossimo riusciti a contattarti dovevamo chiedere anche a te di venire.»

«Per mettermi in catene e neutralizzarmi?»

Gli asshratth sibilarono, così fu Reepon a farsi avanti. «Capisci anche tu che le condizioni di questa città sono improvvisamente cambiate. Non c'è più tempo per cedere ai vecchi rancori.»

Purple Vengance stava riflettendo, ma a Francis non pareva di vederla completamente lucida. Sembrava che stesse ascoltando una qualche voce lontana, che le sussurrava all'orecchio. I suoi occhi passavano da uno all'altro dei presenti ed era evidente che lo facevano perché si aspettava un attacco, prima o poi. Avrebbe potuto abbattere chiunque, lì, con un gesto, eppure si sentiva in pericolo. La maghetta più potente, per certi versi, era la più fragile di tutte. «Sono intervenuta per evitare che comparisse una nuova Purple. Ora posso anche tornare da dove sono venuta.»

«No!» si impose Azure Foxtrot. Aveva comandato su Kyoko già una volta ed era pronta a farlo ancora. «Verrai con noi. Me lo devi.»

«Chi saresti tu? Che debito avrei nei tuoi confronti?»

Due grosse lacrime tremavano sul bordo degli occhi di Sylvia, ma lei si ostinava a non farle cadere. Ai suoi piedi giaceva il corpo senza vita di Gloria e quello inerte di Arianne. L'inferno di un soldato è un luogo costellato dai cadaveri dei suoi compagni d'arme. «Abbiamo visto tutte e due morire le nostre amiche.» dichiarò «Abbiamo delle responsabilità»

Purple Vengance rimase interdetta. Non era la prima volta che qualcuno cercava di fermarla nella sua cavalcata solitaria, doveva aver incontrato molte persone che le avevano detto di non scappare. Persino i Paulson dovevano averle fatto discorsi del genere, prima che scomparisse dalla loro casa e dalla relativa normalità che le offrivano. Per ognuna di quelle persone lei aveva come giustificazione il suo dolore, il suo lutto, il fatto di aver provato qualcosa che loro non potevano nemmeno comprendere. Con Azure Foxtrot quello non bastava, non poteva vantare nessuna superiorità nei suoi confronti, non osava mettere a confronto il dolore che provava con il suo, sarebbe stato meschino. Abbassò gli occhi senza rispondere ulteriormente.

«Il Barone vuole discutere con voi di quello che sta succedendo. C'è un ingresso non molto lontano da qui. Attraversatelo. Dopo, l'ingresso verrà chiuso, forse per sempre.» disse uno degli asshratth, vedendo che alla fine persino la maghetta viola si era ridotta a più miti consigli.

Sylvia tornò verso Francis e gli mise un braccio intorno alla vita, poi rivolse un ultimo sguardo a  Purple Vengance che le si avvicinò. Avrebbero camminato assieme.

«Viste le condizioni eccezionali puoi venire anche tu.» disse Reepon, guardando oltre loro. White Bishop stava in piedi alle loro spalle da chissà da quanto, pallida come il cemento che si andava posando tutto intorno. Non sembrava in grado di parlare, i suoi occhi si muovevano costantemente tra il corpo di Ruby Atlanta e quello di Golden Mariposa. La maghetta morta e la maghetta viva. Entrambe sue amiche, in un tempo lontano. L'inferno del soldato.

«Non è il caso che tu rimanga in giro.» le disse pragmatica Purple Vengance. 

White Bishop continuò a rimanere in silenzio, andò da Golden Mariposa e la prese tra le braccia, sollevandola. Lo fece con grande semplicità perché lei era ancora pervasa di magia mentre Arianne ormai era solo una ragazzina smagrita. Kyoko provò ad aprire bocca per obiettare qualcosa, ma nello sguardo di White Bishop c'era qualcosa di ancora più duro di qualsiasi cosa potesse trasformare una ragazzina in una Purple. La maga viola per la seconda volta preferì tacere.

«Andiamo.» disse Reepon, cominciando come suo solito a scivolare sul suolo. Gli asshratth spiccarono il volo facendo intendere che avrebbero preso la loro strada.

Mentre raggiungevano l'ingresso di The Box cominciarono a sentirsi delle esplosioni lontane, cupe come tuoni.

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