Ormai la sera era scesa, la luce delle candele iniziava a essere evidente. C'era qualcuno, in testa alla fiaccolata, che diceva cose, ma non si capiva bene, perché usava un pessimo megafono. Forse erano nomi propri, i nomi delle persone che erano morte. Forse erano preghiere. Francis ci mise un po' a rintracciare Gloria, ma quando le si rimise al fianco a lei non sembrò importare molto. Poi, d'un tratto gli chiese: «Che senso ha che tu sia qui? Con Sylvia, con me... perché Sylvia aveva bisogno di uno come te? Non servi, questa è una... guerra.»
Francis aveva notato che nonostante tutto la ragazzina gli si era istintivamente avvicinata, come a chiedergli di proteggerla dalla folla. Anche se era stata una sua decisione partecipare a quella manifestazione sembrava spaventata dall'idea di affrontarla da sola.
«E' una lunga storia.» Sylvia non aveva mai detto alle altre maghette di aver coinvolto l'esercito e di certo non lo avrebbe fatto lui. «Ti spiace che sia qui?»
«A volte sento il bisogno... Alexa non credo, ma io si... solo che... quindi di solito c'è Joyjoy.»
«Per cosa?»
«Parlare. Potersi confidare.»
A volte a Francis Joyjoy sembrava l'amico immaginario che in certi casi i bambini generano perché li aiuti coi traumi. Eccetto il fatto che non lo era, era una creatura reale e da quello che aveva capito era un essere spietato. Persino Reepon, che era dalla loro parte, con la sua incapacità di mostrare sentimenti e la sua freddezza gli dava i brividi. In generale si era fatto idea che i moderator fossero mostri demoniaci. E quelle ragazzine, che fosse giusto o no, per lungo tempo avevano dovuto fare affidamento solo su uno di loro.
E poi Joyjoy, semplicemente perché lo aveva ritenuto necessario, aveva cercato di ucciderle senza esitazione.
«Si, se vuoi confidarti e hai bisogno di chi ti ascolti è qualcosa che posso fare anch'io.» Disse con sicurezza. Poteva farlo molto meglio, per inciso, perché ci teneva che quelle ragazzine stessero bene.
Avanzavano lentamente. Stavano passando accanto al Rabbit Café, al minimo della distanza consentita dal cordone di sicurezza steso dalla polizia. Del locale non era rimasto quasi niente, si vedevano i crateri lasciati dai colpi magici di Golden Mariposa e poi tutto il resto annerito dalle fiamme. Era probabile che gli artificieri che stavano studiando l'accaduto avessero molti dubbi su come una bomba avesse potuto fare quel tipo di danno, ma a parte questo il locale sembrava solo un brutto rudere annerito, qualcosa che era stato corrotto, consumato e subito era stato riempito di spettri. Forse c'entrava la magia che era stata usata per abbatterlo.
«Morirò.» disse Gloria a un certo punto.
«Questa non è mai una cosa da dire a cuor leggero.»
«Alexa ha ragione. Ho combattuto male. Sono stata avventata. Ero più preoccupata per Arianne che per me, ero convinta che lei non mi avrebbe mai ferito veramente. Invece ha provato a uccidermi e se non fosse stato per Sylvia, nonostante tutto quello che è successo tra noi, io sarei morta. E sarà quello che capiterà la prossima volta, perché non ci riesco a fare del male ad Arianne. Posso distruggere intere legioni di ghoul, quelli sono mostri orribili, ma non posso colpire una ragazza come me.»
«Allora non combattere.»
«Non puoi dire a una maghetta di non combattere.»
«E perché? Guarda Sylvia. Ti ha aiutato. Può usare i suoi poteri anche per fare cose diverse dall'affrontare una battaglia. E' certamente così anche per te.»
Arrivarono nella piazza davanti al municipio di Chicago. Non c'era granché da chiedere alle istituzioni che erano confuse quanto la gente, ma sembrava un bel posto dove riunirsi. Qualcuno aveva approntato un piccolo palco e alcune persone ci stavano salendo, i parenti delle vittime. Forse la prima persona che parlò era un politico o un qualche rappresentante della popolazione, ma si limitò a riassumere i fatti, spiegò perché si trovavano lì e aggiunse alcune frasi fatte piuttosto fuori luogo. Poi, finalmente, passò la parola a una donna che doveva avere quarant'anni, ma sembrava più vecchia, che continuava a sistemarsi le falde del cappotto e si guardava intorno. Non disse di chi era parente, non spiegò chi era venuta a piangere, si limito a dire alcune parole non molto dissimili da quelle che aveva detto la persona prima, con una voce tremante che a fatica arrivava in fondo alle frasi.
Francis guardava più Gloria che il palco. Era evidente che la ragazza era lì in cerca di qualcosa, desiderava che la donna sul palco dicesse qualcosa che le servisse, forse voleva che accusasse esplicitamente le maghette di aver fatto tutto quello o lei personalmente di non aver fatto abbastanza per evitarlo. Gloria cercava punizione, non redenzione e il fatto di essere circondata da persone che non potevano nemmeno capire cosa era successo non l'aiutava. Almeno, voleva sapere che sentimenti stessero provando, voleva sentire il loro sfogo. Probabilmente le stava venendo in mente quando erano morti i suoi genitori. La donna sul palco, però, non le diede alcuna soddisfazione. Provò a cominciare alcune frasi e alla fine abbassò il volto e scoppiò a piangere. Qualcuno la allontanò gentilmente dal microfono.
«Se ora estraessi il pod e mi trasformassi capirebbero.» disse Gloria a denti stretti. «Potrei balzare su quel palco e spiegare per filo e per segno cosa è accaduto. Potrei dirgli che Arianne non è così, ma sta soffrendo molto e ora è piena di rabbia, potrei dirgli che non dovrebbero dare un potere del genere a delle... a delle...»
Si era ormai fatto buio. Il pubblico era illuminato, ancor più che dai lampioni, dalla luce delle candele. Tutti ne avevano in mano una e si preoccupavano di tenerla accesa, come se quello potesse contribuire al lutto. Anche Francis aveva particolare cura della sua.
Nel cielo oscurato, però, il lampo giallo risplendette distintamente, tanto che tutti sollevarono gli occhi e gemettero, riconoscendo le luci della notte prima.
«No.» disse Gloria. Guardava in una direzione precisa. Francis non avrebbe saputo dire da dove quel lampo venisse, ma una maghetta doveva avere sensi apposta per quel tipo di cose, affinati dalle battaglie.
«Dove?» le chiese. Il pod era già nella mano della ragazzina, ma la sua mano tremava così tanto che anche l'oggetto magico oscillava di conseguenza a mezz'aria.
Lei non gli rispose, lui le afferrò una spalla, intorno la gente cominciava a girarsi per capire cosa fosse quel bizzarro oggetto in mano a un'adolescente che splendeva di una luce tanto strana. «Dov'è stavolta?»
Gli occhi di Gloria erano fissi sul cielo. «A casa mia.»
STAI LEGGENDO
Maghette
FantasíaLe light novel non sono un formato di racconto molto diffuso al di fuori del Giappone, ma hanno comunque una loro importanza. Molto spesso manga o anime di successo che arrivano fino a noi hanno origine in questa forma e solo in una seconda fase ven...