6 - Dissero che era stato un incidente d'auto

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Quando si era deciso di affidare alcuni degli orfani di Nokata agli Stati Uniti i loro dossier erano stati secretati in modo che nessuno potesse accedervi. Le autorità giapponesi avevano stabilito che quei bambini non avevano più parenti in patria e quindi qualsiasi riferimento alla loro vita precedente rischiava di danneggiarli più che aiutarli. Quelli di loro che all'epoca erano più piccoli, probabilmente, non avrebbero ricordato nulla della loro vita precedente e avrebbero potuto vivere tranquillamente senza nemmeno sapere quale tragedia avevano affrontato. Per quelli più grandi sarebbe stato più difficile e certo sradicarli dalla loro patria non avrebbe aiutato, ma in quel momento era sembrata l'unica possibilità per dare aiuto a un paese che, per fare fronte al disastro, rischiava di collassare.

Secondo Sylvia la ragazzina che stavano cercando loro aveva quattordici anni ai tempi dell'accaduto e questo restringeva di molto il campo di ricerca. Francis aveva preso i venti nominativi che Whitaker gli aveva dato ed era riuscito ragionevolmente a dimezzarli. Ragazzini così grandi raramente riuscivano a venire adottati, spesso venivano tenuti in istituti finché non raggiungevano la maggior età e poi... beh, Francis aveva avuto esperienza di come persone del genere, così fragili, potevano andare perdute nella società. Se la persona che cercavano aveva ancora diciassette anni come sembrava, però, probabilmente era ancora affidata alle persone indicate nei dossier che quindi rappresentavano una buona pista per le loro indagini. Il primo obiettivo su cui indagare lo aveva scelto banalmente considerando la distanza dalla base in Colorado da cui sarebbero partiti. Una delle ragazze era finita a Salt Lake City quindi aveva deciso che potevano coprire la distanza in macchina, che era anche un modo per cercare di entrare un po' più in contatto con Sylvia. Dopo l'attacco dei ghoul si era un po' pentito della scelta.

Sylvia ci aveva messo alcune ore a riprendersi. Mentre lasciavano il diner e tornavano sull'autostrada Francis era molto preoccupato per lei perché se ne stava seduta sul sedile fissando il vuoto, respirando a malapena, ogni tanto mormorando qualche parola incomprensibile, come se avesse la febbre. Non aveva nemmeno tentato di riprendere in mano il suo cellulare. Aveva provato a chiederle come stava, ma lei aveva tagliato corto dicendo che stava guarendo e gli aveva detto di guidare ignorandola. Francis si era dovuto convincere che se la magia poteva riparare una schiena rotta allora avrebbe riportato indietro anche Sylvia dal mondo dei morti, dandole abbastanza tempo. Effettivamente, ora della sera, quando si fermarono in un motel per dormire, la ragazza stava meglio e lui era più tranquillo.«E' sua figlia?» aveva chiesto la donna alla reception del motel, guardandolo in tralice, mentre Sylvia oscillava ancora un po' stordita dietro di lui.

«Tutore legale.» aveva risposto lui, mostrando le carte. Era una procedura a cui era abituato. La gente sembrava percepire che non aveva figli suoi e che i ragazzini erano con lui per qualche altro motivo, così lui dichiarava con fermezza il suo ruolo tutte le volte, mostrando la documentazione. Se non era il padre e non aveva con sé documenti del genere le alternative per cui avrebbe dovuto fermarsi con un'adolescente in un posto del genere potevano essere orribili a considerarsi.

Nonostante questo, quando si sbatté sul letto ancora vestita, Sylvia notò «Se dicevi che ero tua figlia era più semplice.»

«Ma non lo sei» rispose lui «e la cosa più semplice in posti del genere è dichiarare quello che puoi dichiarare con le carte.»

«Quelle carte te le ha fatte l'esercito?»

«Si.»

«Immagino abbiano recuperato i miei dati anagrafici reali. Glieli avevo segnalati.»

Francis non si era nemmeno preso il disturbo di guardare i dettagli dell'incartamento. Pensava che fare le pulci alla burocrazia mentre gli veniva affidata una ragazzina che sparava lampi di luce sarebbe risultato ridicolo. Si mise a leggere la documentazione. «Sylvia Opphenmeier.» recitò. «Genitori deceduti... oh» si morse il labbro per averlo detto a voce alta.

Lei non aveva reagito, non aveva mostrato nessuna emozione, come ormai l'aveva abituato. «Sono morti in un attacco ghoul.»

La città natale riportata era Minneapolis. «A Minneapolis? In una vera... città?»

«Come ti ho detto i ghoul preferiscono avere base nelle grandi città. Possono acquisire più informazioni sulle persone. Il nido di Minneapolis era particolarmente esteso. Insediarsi in città non proprio di prima grandezza è un buon compromesso per loro, a volte.»

«Ma cosa hanno detto le autorità quando... cosa c'è scritto su...» Purtroppo tra le carte in mano a Francis non c'era il certificato di morte dei genitori. Se si fosse messo a gestire il caso di Sylvia come un caso reale probabilmente avrebbe preteso più documentazione, invece aveva preso la situazione sotto gamba e ora se ne rammaricava.

«Incidente d'auto, credo. I ghoul sanno come coprire le loro tracce. In realtà interessa a tutti che la gente comune non sappia della loro esistenza. Probabilmente gli uomini della base, adesso che sanno di cosa si parla, aiuteranno a far sì che sia tutto ancora meno chiaro.»

«Incidente d'auto, ma...»

Sylvia si girò a guardarlo. Aveva ancora gli occhi cerchiati di rosso. Forse li aveva sempre avuti e lui non se ne era mai accorto, oppure c'erano delle ferite lunghe a guarire dentro di lei. «Li hanno divorati. Poi la macchina ha preso fuoco. Non hanno trovato i cadaveri nella macchina, ma non avevano voglia di indagare, per loro non aveva senso. Incidente d'auto.»

«Mi spiace...»

Quasi per noia Sylvia richiamò il pod. Francis si chiese se volesse trasformarsi per qualche motivo, magari per accelerare la guarigione, ma la ragazzina si mise solo a fissarlo, la luce azzurra del solido che le si rifletteva sulla faccia. «Siamo state tutte reclutate così. Joyjoy ormai cerca solo ragazzine a cui i ghoul hanno ucciso i genitori.»

«Avevo capito che la ragazza che stiamo cercando li avesse persi nell'ultimo attacco alla città.»

«Era la generazione prima. Da quando c'è stata lei Joyjoy cerca solo ragazze che non abbiano già più i genitori.» Sylvia sorrise in modo sghembo, come a Francis non piacque. «Come te.»

Lui si sentì ferito nell'orgoglio. Purtroppo Sylvia aveva quell'atteggiamento terribilmente adulto che rendeva il suo lavoro difficile e che lo costringeva a trattenersi per non comportarsi in maniera sbagliata. Sylvia sembrava adulta, ma non lo era, non c'era modo per cui lo fosse. Se se ne fosse dimenticato forse avrebbe fatto danni irreparabili. «Chi è Joyjoy?»

Sylvia chiuse il pugno, il suo pod scomparve come era apparso. «Alla base ti hanno detto che c'è una... fazione che combatte contro i ghoul, che vuole che vengano sconfitti qui sulla terra. Joyjoy è quello che si occupa di reclutare le maghette e mandarle in battaglia.»

«Ha parlato anche lui con i militari?»

«Solo le maghette possono vedere Joyjoy.»

«Quindi ti da un qualche tipo di supporto?»

Sylvia si cominciò a spogliare, senza pudore. Lui girò di scatto la testa per non guardare. «Ho bisogno di una doccia e di dormire.» disse la ragazzina, in reggiseno e mutandine, frugando nel suo trolley per trovare dell'intimo di ricambio. Francis cercò di continuare a guardare altrove, ma la stanza era così piccola che con la coda dell'occhio notò la sua schiena nuda. La pelle chiara era attraversata da una striscia rossa che partiva dalla spalla destra e scendeva giù, fino al suo osso sacro. Non sembrava una cosa recente, sembrava più una specie di cicatrice. «Avevo capito che la magia ti guariva.» disse, senza specificare di cosa parlasse.

«Non tutto.» disse lei infilandosi nel bagno. «Non sempre.»

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