18 - La torre infinita

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Francis si era ripreso dai vari shock che si erano succeduti negli ultimi minuti. Aveva lasciato il braccio di Azure Foxtrot e si guardava in giro. Anche lui provava una strana sensazione di appartenenza a quel luogo perché lì tutti gli umani conoscevano la realtà con cui aveva imparato a convivere in quelle ultime settimane, dove esistevano creature extra-dimensionali mostruose e magia. Lì tutto pareva essere stato accettato da tempo e con grande tranquillità. C'erano delle botteghe con il bancone a vista con persone chine sui loro strumenti, intenti a lavorare per produrre degli oggetti. I prodotti finiti erano accanto, esposti, in attesa di acquirenti, ma anche guardandoli non riusciva spesso a capire di cosa si trattasse. «Perché un uomo dovrebbe decidere di venire qui?» chiese, quasi stordito.

«Per avere una vita diversa da quella che gli offre il vostro mondo. La maggior parte in realtà sono di passaggio. Stanno qui alcune settimane, si trovano un letto, un rifugio, qualche amico, poi scompaiono. Molti si sono improvvisati mercanti, portano oggetti dal vostro mondo qui e viceversa, altri cercano tranquillità, altri naturalmente hanno un motivo per scappare. Purtroppo per i ghoul non è altrettanto facile, i portali sono quasi tutti controllati dalla legione ed è difficile riuscire ad arrivare sulla Terra e poi qui senza interferenze.»

Azure Foxtrot aveva attaccato un nido ghoul in passato, un luogo più piccolo di The Box. Si trattava di trovare il punto d'ingresso, come il Rabbit Café, poi bisognava  colpire i pilastri che permettevano la divaricazione energetica, eliminando tutti quelli che ti si paravano davanti per impedirtelo. Infine Joyjoy ti riportava indietro, mentre il posto si accartocciava su sé stesso e spariva in nulla. «Come fate a difendervi?» chiese.

Il ghoul alzò la testa. Sopra di loro c'era la passerella che avevano attraversato, ma ancora sopra c'era una specie di città sospesa, formata di costruzioni sferoidali aggrappate alle pareti o incastonate in tensostrutture. Era troppo in alto perché si vedesse bene, ma si notava del movimento, creature alate che volteggiavano da una sfera all'altra con disinvoltura. «Il miglior amico del Barone. Fratello Spettro. Tutti gli ingressi sono in alto, all'altezza di quella passerella. Da lì bisogna in qualche modo scendere qui in basso. Fratello Spettro però ha il completo controllo del cielo, finché sei lassù sei completamente in balia sua. Questo sistema riesce bene contro le infestazioni di massa della legione, mentre voi maghette ci date più filo da torcere. Fortunatamente però avete deciso che annientarci non vale il rischio ed è da molto tempo che non mettete piede qui. Considerando la febbrile attività del vero nido ghoul probabilmente non pensate sia il caso di sprecare tempo con la nostra piccola comunità.»

«Non c'è un noi.» ci tenne a precisare Sylvia.

«L'ho visto. Era evidente che White Bishop non ti ha mandato contro i suoi pupazzi per farti una cortesia.»

Stavano uscendo dal dedalo di viuzze, le strade si stavano facendo più ampie. Stavano muovendosi verso il centro di The Box, che pareva costituito da una enorme piazza. Al centro della piazza era situata una torre altissima, così alta da incrociare i globi dove dimorava Fratello Spettro. Era evidente che si stavano dirigendo lì.

«Cos'è quella?» chiese Francis. Poteva anche sopportare la piccola cittadina multiculturale che aveva appena attraversato, ma la torre gli sembrava una specie di progetto folle, tanto più che in quel luogo faceva fatica a percepire le dimensioni, quindi poteva essere alta cento metri come cento chilometri. Temeva che se ci fosse entrato avrebbe continuato a salire in alto, senza fermarsi mai, per il resto della sua vita.

«Il Barone vuole vedervi. In primis non sareste qui se il Barone non fosse interessato a incontrarvi.» Si rivolse ad Azure «Sta seguendo le tue vicende con attenzione. Sapeva che saresti venuta qui, dopotutto qui è dove si trova il fronte della guerra e anche se hai lasciato i combattimenti qualsiasi cosa tu stia cercando non può che essere qui, sul confine tra i mondi. Non sono sicuro tu gli piaccia più delle altre maghette, ma vuole ascoltarti.»

Quando furono in campo aperto, ancora lontani dalla torre, alcuni esseri alati precipitarono intorno a loro. La loro pelle non aveva la nera lucidità dei ghoul, tendeva anzi al verde, con una trama di fittissime squame. La geometria grottesca dei loro corpi non spiegava come facessero a volare, ma uno di loro, dopo essere sceso, con assoluta semplicità spiccò nuovamente il volo e con un battito d'ali tornò verso il soffitto.

«Ci sta aspettando.» disse il ghoul alle creature. Loro annuirono, un gesto molto umano, poi continuarono a seguirli, strisciando sul suolo. Avevano corte zampe posteriori e delle specie di piccole mani sulle punte delle ali. Dovevano appoggiare le mani davanti a sé sul suolo e avanzare pancia a terra, come fossero cani mastini. In questa condizione sembravano più ridicoli che feroci.

«A che popolo appartengono?» chiese Azure Foxtrot. Dalla sua faccia era evidente che non aveva molta dimestichezza con creature che non fossero ghoul o JoyJoy.

«Il loro popolo si chiama asshratth, ma non hanno voluto spiegare se è il nome della loro tribù o della loro intera razza. Non sono grandi viaggiatori come lo è invece il Barone, seguono il Barone per una qualche necessità. Stanno molto per conto loro.»

Gli asshratth si fermarono all'ingresso della torre e spiccarono nuovamente il volo. Lì un umano venne ad accoglierli, in una sorta di livrea austera, grigio scuro, con un fiore disegnato sul petto. «Non vi aspettavamo così presto.» disse.

«Lo sai come funziona con le maghette, tendono a far precipitare la situazione.» rispose il ghoul con una nota di ironia.

«Come sta il Rabbit Café?»

«Quando l'ho lasciato era ancora intero, non credo che vogliano distruggerlo e violare i trattati per così poco.»

Affrontarono le scale. La torre era così enorme che la scalinata per salire era abbastanza ampia da farci passare una carrozza con cavalli e forse i gradini erano così spaziosi e sottili perché qualche volta era accaduto sul serio. Francis ebbe un mancamento dopo qualche piano, era abbondantemente sudato e le gambe gli tremavano. Si appoggiò al muro.

«Non è mai stato qui.» spiegava intanto il ghoul all'umano che li stava accompagnando.

«Non ha poteri? Sta con una maghetta, dopotutto.»

«Che io sappia no.»

Francis sentì Azure Foxtrot che gli si avvicinava e poi subito dopo la stessa sensazione di calore che aveva provato le altre volte che Sylvia aveva usato le sue capacità curative. Di colpo riprese a respirare regolarmente e anche l'oppressione al petto gli diminuì. Le sue ginocchia erano ancora doloranti, ma almeno stava riacquistando lucidità.

«Scusa.» disse la ragazzina. «Avrei dovuto farlo prima.»

Sembrava che Sylvia non fosse consapevole della vastità del suo potere curativo, forse perché era stata addestrata ad usarlo solo con le sue compagne durante i combattimenti. Le sue capacità invece avrebbero potuto fare del bene a molte più persone, anche lontano dai campi di battaglia. In quella mancanza di prospettiva mostrava i limiti dei suoi quattordici anni. «Va benissimo.» gli rispose lui, comprensivo «Fin qui me la ero cavata meravigliosamente.»

Finalmente arrivarono alla loro destinazione, non dovevano essere saliti che un quarto dell'altezza complessiva della torre, ma dalla balconata su cui giunsero si vedeva il resto di The Box, piccolissimo, sotto di loro. Le persone si distinguevano appena. E i nidi di Fratello Spettro, sopra, erano comunque altrettanto minuscoli. 

Poterono soffermarsi poco a contemplare il panorama, perché l'umano improvvisamente si mostrò agitato. «Venite! Venite! Ormai che lo avete fatto accorrere di corsa inutile farlo aspettare.» ingiunse loro, indicando una doppia porta.

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