11 - Il mio campo di battaglia

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Francis aprì la porta della loro camera e poi si scansò di lato, lasciando che Sylvia scivolasse dentro per prima. Lei gli tirò un'ultima frecciatina. «Eccomi rinchiusa nella camera dello sconosciuto»

«Non sono uno sconosciuto» precisò  lui «ma il tuo tutore legale e si da il caso che so perfettamente quando posso lasciare una come te in una camera da sola.» 

La risposta a quella domanda era che non poteva farlo praticamente mai. Quando purtroppo Francis si era dovuto muovere assieme a dei casi difficili una delle prime regole che si era sempre imposto era di non fare mai che uscissero dal suo raggio d'azione, a costo di dormirci mano nella mano. C'erano state delle situazioni imbarazzanti, a volte, ma aveva comunque trovato fosse meglio così.

Sylvia, però era completamente smaliziata, possibile che trovarsi più volte in pericolo di vita le avesse tolto molti degli imbarazzi dell'adolescenza. A volte lui trovava che giocasse con la situazione in maniera preoccupante.

«Doccia.» disse infatti, appena dentro, togliendosi la felpa e lanciandogliela in faccia. Francis la prese e se la tenne sul volto finché non sentì la porta del bagno che si chiudeva, così da evitare di vederla in condizioni indecenti. «Spero ti sia portata il cambio in bagno.» le urlò.

«No.» fece lei, l'acqua che già scrosciava. «Me lo prepari?»

Francis disfò sommariamente le valige, preparò gli indumenti per Sylvia e li mise su una sedia subito fuori dalla porta del bagno, dopodiché guardò fuori dalla finestra. Secondo Sylvia lì non c'erano ghoul, ma lui cercava le streghe. Si immaginò qualcuno come Azure Foxtrot o Golden Mariposa saltellare tra i tetti.

«Dove mi porti a mangiare?» chiedere Sylvia alle sue spalle, appena finto di lavarsi. Era sulla porta del bagno che indossava quello che lui gli aveva passato, quindi non si girò.

«Prima dovrò lavarmi anch'io immagino.»

«Ok, ma dopo?»

«Non sono di Chicago, faremo un po' a sentimento.»

Ormai la ragazza era pulita e rivestita, così lui andò in bagno a sua volta. Lo spazio era poco, si incrociarono davanti al letto, lei improvvisamente gli prese le mani e lo guardò con lo sguardo di prima, quello che aveva quando l'aveva conosciuta. «Lo so che è qui.» gli disse, con decisione.

«E' una buona notizia, no?»

«Se è qui e qui c'è anche tutto questo casino potrebbe non esserlo.»

«Non la stai cercando per il tuo Joyjoy o per il regno dei folletti o chissà che altro, questo è evidente.» disse Francis. «Quindi perché vuoi trovarla?»

«Tu non hai idea di cosa rappresenta.»

«Sylvia, è una ragazzina come te che forse si è trovata davanti una situazione ancor più tragica della tua. Immagina... al centro di quel disastro, tutti quei morti, la sua città distrutta...»

«Non la sto cercando per quello, ma per quello che è successo dopo.»

«Dopo?»

La ragazzina sciolse le mani dalle sue, si lasciò cadere sul letto matrimoniale e rotolò fino al lato lontano da lui, ghermendo nel contempo il suo cellulare da un comodino. Lo accese e si chinò sullo schermo «Ho fame.» tagliò corto, dando idea di non volerne più parlare.

Il ristorante cinese dove andarono a mangiare non era granché, ma Sylvia sembrava decisa a conservarsi di buon umore per tutto la serata e questo a Francis bastava. L'uomo decise che era il caso di rimanere un po' fuori a svagarsi così si fermarono anche dopo aver finito di cenare, lui si prese un paio di birre e Sylvia un frappè e una qualche altra cosa appiccicosa che trovò buonissima. Tutte le volte che Francis si guardava intorno con fare sospetto, lei gli diceva semplicemente «Non sa dove siamo.» con una sicurezza che a lui sembrava fondata. Peccato che, a rifletterci, non sapeva a chi faceva riferimento. A Golden Mariposa? Ai ghoul? Alle streghe? O alla ragazzina che stavano cercando? Se anche nessuno di loro sapeva dove si trovavano erano tutti comunque intorno a loro.

Quando finalmente si decisero di andare a letto Francis era convinto che Sylvia sarebbe crollata. Fu invece svegliato poche ore dopo da un lucore azzurro che riempiva la stanza. Dopo aver sbattuto diverse volte gli occhi trovò che la ragazzina era seduta a gambe incrociate per terra, a fissare il proprio pod che le fluttuava in una mano.

«Non ti farai scoprire?» chiese lui.

Sylvia sembrava determinata, impossibile capire cosa vedesse in quell'oggetto magico. «Sono due: White Bishop e Ruby Atlanta. Sono tutte e due in giro da qualche parte, anche se non riesco a focalizzarmi sulla loro posizione. Probabilmente girano di ronda tutte le notti.»

Francis si chiese di sfuggita come facessero a sgattaiolare fuori tutte le notti dalle loro stanze, ma poi si ricordò che probabilmente erano anche loro orfane, visto che quello sembrava essere diventato un criterio di reclutamento principe. «Le conosci?»

«Come?»

«Beh, direi che hai avuto a che fare con altre maghette nella tua vita, anche Golden Mariposa l'avevi già incontrata.»

«In un certo senso siamo sempre state una squadra. Eravamo cinque. Con Ruby Atlanta non ho mai avuto molto a che fare, ma sono stata a lungo in missione con White Bishop. Lei ed Emerald... si, insomma, so chi è.»

Più Sylvia aveva fiducia nei suoi confronti, più i suoi discorsi si spostavano verso argomenti che non trovava confortevoli. Una volta però arrivata a un certo limite si tirava sempre e comunque indietro, dando l'impressione che ci fosse da affrontare un vero e proprio strapiombo tra loro per cui non era pronta a saltare. Per questa ragione Francis ignorò la frase lasciata a metà. «Forse è meglio se dormi.»

Sylvia chiuse la mano, il pod e la sua luce sparirono. «Si, forse è meglio.»

«Domani troveremo la maghetta che cerchi... ma non è delle cinque che hai detto no?» Francis si mise una mano davanti al naso e provò a contarle: Azure, Golden, White, Ruby, Emerald...

«Lei apparteneva a un altro gruppo, è sopravvissuta a tutte le sue compagne.»

Un ulteriore lutto da caricarsi sulle spalle. «Se ho capito bene avete tutte un colore no? E ogni gruppo sono sempre gli stessi colori? Cioè lei...»

«Purple, era una purple.» Sylvia si infilò sotto le coperte e diede la schiena a Francis. «Ma le Purple non sono molto comuni.»

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