9 - Alla fine moriranno tutti

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Per quasi un'ora Francis si impegnò solo ad allontanarsi dall'istituto «Figli dell'avvenire» sperando che veramente stessero seminando la maghetta bionda. Azure Foxtrot sedeva accanto a lui, ancora col costume addosso, stringendosi allo scettro, immobile. Quando finalmente decise di ritrasformarsi, Francis credette di vederla di nuovo crollare, come era stato dopo la battaglia con i ghoul, invece questa volta la ragazzina pareva stare bene, era solo paralizzata al suo posto, gli occhi fissi davanti a sé, fuori dal mondo.

Salt Lake City non era una grande città, ma Francis non la conosceva. Provò a girarci intorno, poi sbagliò un paio di strade, poi si ritrovò bloccato nel traffico. Non aveva ancora capito bene se era meglio trovare un posto dove nascondersi lì o andarsene direttamente perché non aveva capito come funzionava il meccanismo secondo cui Azure Foxtrot poteva essere seguita. Questo, in realtà, era l'ultimo dei punti su cui nel suo cervello c'era una gran confusione, ma finché Sylvia non fosse uscita dal suo mutismo difficilmente avrebbe potuto sciogliere i suoi dubbi.

Alla fine, d'improvviso, mentre riprendeva una tangenziale forse per la terza volta, la ragazzina disse: «Ho fame.»

Lui capì subito quello che lei stava cercando di fare, il modo deliberato in cui voleva seppellire tutto quello che era successo, e stavolta si arrabbiò. La parte razionale di lui riconosceva perfettamente quel comportamento, quel silenzioso fuggire dai problemi, sapeva di doverlo trattare con cautela perché era a sua volta un problema, ma gli avvenimenti degli ultimi giorni lo avevano segnato in modo tale che non riusciva più a dare ascolto alla sua esperienza di assistente sociale. «Pensi di cavartela così?» sbottò.

«Cosa intendi? Ho solo detto che ho fame.»

Francis cominciò a vedere un velo rosso davanti agli occhi, tanto che pensò sarebbe stato pericoloso guidare. Appena trovò un tratto di strada adatto accostò. «Siamo a malapena usciti vivi da uno scontro con un'altra maghetta. Io posso anche bermi la storia delle invasioni aliene, dei mostri dimensionali e del fatto che i ghoul siano una minaccia, ma quella ragazza non era un ghoul e ce l'aveva con te per una qualche ragione. Questa cosa l'avevi spiegata ai militari della base? Loro la sanno e si sono dimenticati di dirmela?»

La bocca di Sylvia si aprì e si chiuse un paio di volte, i suoi denti sbatterono, sembrò quasi incuriosita dal rumore, il tutto perché non riusciva a trovare una risposta decente. «Io non credevo che mi inseguissero.»

«Chi sono questi che ti inseguono? E perché?»

«Ti giuro, mi hanno sempre detto che non gli importava nulla della maghetta scomparsa e poi loro non sanno quello che sto cercando di fare. Quindi credevo che mi avrebbero lasciato in pace. Mi spiace non sia andata così.»

«Ti ha quasi ammazzato, Sylvia!»

«Te l'ho detto, in quanto Azure non sono molto forte e Golden Mariposa è sempre stata la più violenta di noi. Non è un caso che abbiano mandato lei, secondo me non c'è voluto molto per convincerla. Sono anche convinto che Joyjoy le abbia detto solo menzogne sul mio conto.»

«Joyjoy sarebbe dalla parte di quella ragazza gialla? Credevo fosse tuo amico!»

Lo sguardo di Sylvia virò versò un odio differente, l'odio dovuto a una ferita ancora aperta. «Di certo non è mio amico.»

«Però devi dirmi cosa vuole e perché!»

Sylvia scattò, sembrava che non fosse Francis ad incalzarla, ma che ci fosse una voce nella sua testa che faceva ancora più pressione. Anche i suoi occhi guardavano leggermente oltre Francis a qualcosa che era oltre a lui. «Non ho ucciso Emerald Pulse!» esclamò.

Francis si accorse troppo tardi che un trauma stava emergendo a prendere il sopravvento. Era suo dovere evitare che accadesse, era il suo lavoro far sì che le emozioni non esplodessero così violentemente eppure aveva contravvenuto tutto quello che aveva imparato negli anni. Non importava che avesse davanti la magia, l'invasione di una razza aliena o un combattimento mortale, era inaccettabile che non si accorgesse che stava parlando con una quattordicenne.

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