40 - Essere responsabili

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Non era realmente un ospedale il luogo dove si trovava Arianne. Appellandosi allo stato di viaggiatori Reepon aveva ottenuto per lei e per Alexa una camera in quello che aveva tutto l'aspetto di essere un albergo, ma che la gente del luogo chiamava locanda, come ad alimentare il mito di trovarsi in una qualche terra fantastica. Quando entrarono nella stanza trovarono Alexa che sedeva su una sedia accanto alla finestra mentre Arianne dormiva in uno dei due letti. La maga bianca si girò verso di loro ma non disse nulla. Questo silenzio inibì anche Sylvia e Kyoko che si limitarono ad avvicinarsi al capezzale della ragazzina che fino a poche ore prima aveva promesso di ucciderli tutti.

«Ha chiesto di Tally.» disse alla fine Alexa, senza alzarsi dal suo posto. «Non ha percezione del tempo. Forse non sa nemmeno cosa ha fatto nelle ultime settimane indossando il costume. Ogni tanto mi ricorda eventi successi mesi fa come se fossero accaduti la settimana scorsa.» La sua voce si ruppe. «E continua a chiedere di Tally.»

Francis si fece strada tra le ragazze, si chinò su Arianne e le appoggiò le labbra sulla fronte. Era calda, ma si trattava solo di una febbriciattola da stress. Il trauma era ovviamente tutto psicologico. «Può essere aiutata.» disse. Lo diceva sempre, doveva dirlo sempre, per quanto mostruoso fosse il pozzo da cui recuperava certi innocenti, faceva parte del suo lavoro. «Ha subito un trauma grave, ma ci sono modi per recuperarla.»

«Recuperarla per farla diventare cosa?» Alexa si alzò in piedi, spingendo con forza indietro la sedia, che stridette contro il pavimento. Senza costume il suo pallore era impressionante e le guance scavate davano idea che avesse perso almeno cinque o sei chili troppo rapidamente. La magia se l'era mangiata viva. «Forse finché sarà in questo stato non soffrirà.»

Kyoko sentiva la pressione di dover dire qualcosa. Non era solo più alta delle altre, era anche più grande, più vecchia, sotto molti punti di vista. Aveva attraversato molte delle battaglie che ora stavano affrontando loro, era stata ferita altrettanto profondamente, era sopravvissuta. Cercò lo sguardo di Alexa, senza successo. «Non era una tua responsabilità.»

«Lo era.» rispose lei, con astio. «Lo è tutt'ora.»

«Le White hanno di consueto un maggior acume tattico e un'attitudine al comando, ma questo non vuol dire che tu debba farti carico di tutto quello che è successo. C'è un solo colpevole ed è Joyjoy.»

Alexa puntò un dito su Sylvia, un dito che sembrava stranamente accusatorio anche se le sue parole dicevano altro. «Sapevo che non era stata lei. Non poteva essere stata lei. Però non sapevo cosa avrebbe fatto Joyjoy se mi fossi schierata apertamente contro di lui. Se era stato lui a uccidere Emerald Pulse era meglio credesse che ero ancora dalla sua parte, se invece aveva solo sfruttato la sua morte per mettere in cattiva luce Sylvia dovevo capire perché l'aveva fatto. Questo è quello che mi ha detto il mio acume tattico.» Arianne si agitò un momento nel letto, il suo braccio rotolò giù dal materasso, a penzolare. Alexa lo raccolse e glielo adagiò di nuovo accanto. «Avrei potuto dirlo ad Arianne, probabilmente se avessi impedito che Joyjoy coltivasse in Arianne l'odio per Sylvia probabilmente lei non sarebbe... non sarebbe diventata...»

«Era arrabbiata e voleva un nemico.» le spiegò Kyoko. «Ne avrebbe trovato uno in ogni caso.»

La ragazzina giapponese provò a metterle una mano sulla spalla, ma Alexa gliela afferrò a mezz'aria e la costrinse a guardarla negli occhi. «Quanto odio ci vuole per diventare una Purple? Anche tu eri così?»

Kyoko si sforzò di reggere lo sguardo. «Molto odio. Troppo odio. Io... avevo un differente nemico.»

«E sei diventata la distruttrice.»

Era abbastanza per mettere KO la ragazza più grande, Sylvia capì che era il suo turno. «Stiamo andando a combattere i ghoul, non possiamo permettergli di prendere Chicago. L'esercito umano sta combattendo, ma non sappiamo se resisterà.»

Alexa sistemò nuovamente con cura la sedia e si risedette. Fuori dalla finestra The Box era uno spettacolo bizzarro, col cielo color ossidiana eppure luminoso e le strade piene di strane creature. Forse quel circo meritava veramente di essere guardato per ore, anche se non era per quello che la ragazzina lo fissava. «Andate. Siete brave a combattere i ghoul. Non c'è niente altro che sappiamo fare oltre combattere i ghoul.»

«Vieni con noi.»

«E' rimasta solo lei.» Indicò Arianne col mento. «Questa volta me ne prenderò cura veramente. Perché è la mia responsabilità.»

Aveva colpito a morte anche Sylvia. Quel solo lei la escludeva dal gruppo, quel gruppo che per un po' era stato una famiglia, una grottesca, disfunzionale famiglia alimentata dalla disperazione e dai piani oscuri di una razza aliena. Eppure, sotto tutti gli inganni e le manipolazioni, si erano volute bene. Ora tutto quello che rimaneva di quella famiglia era in quella stanza e non c'era più niente che potesse unirle, tra loro c'erano profonde trincee di rancore, impossibili da attraversare.

Francis sapeva quanto una persona ferita poteva far male a sua volta. Lo spietato cinismo che nasceva dal dolore era un'arma pericolosissima e inarrestabile. Alexa non pensava molte delle cose che stava dicendo, voleva solo fare del male, voleva lacerare quello che aveva intorno così da rimanere sola, nella sua ricerca di autodistruzione. Aveva bisogno di aiuto né più né meno che Arianne, anche se non era sdraiata su un letto in stato confusionale. Lui avrebbe dovuto prendere di peso entrambe le ragazze e trascinarle da qualcuno. In quel momento non aveva idea di che struttura o che specialista potesse curare le loro ferite, ma portarle via di lì, impedire che si richiudessero nella loro sofferenza era la prima cosa da fare. Forse serviva anche un processo di disintossicazione, qualcosa che gli permettesse di allontanarsi dalla magia. Erano talmente tante le questioni che sorgevano nella sua mente di fronte a quella stanza che una parte di lui avrebbe voluto semplicemente fuggire via, a cercare qualche problema più semplice. Eppure non poteva, se l'avesse fatto avrebbe smesso di rispettare sé stesso, la sua missione come assistente sociale sarebbe stata una barzelletta. «Non potete convincerla.» disse però  «Andiamo.» Voleva portare via Kyoko e Sylvia perché nemmeno loro dovevano farsi carico di quello che lui doveva fare. Quando fosse finita quella crisi, quando non ci fossero stati più ghoul da combattere allora lui sarebbe tornato lì, anche vendendo l'anima a qualche creatura mostruosa per fargli riaprire la strada verso The Box e avrebbe lottato per aiutare quelle due ragazzine. Loro potevano essere aiutate. Gloria no. Lui doveva aiutare chi poteva. Bisognava sempre pensare ai vivi.

Kyoko aveva la brutale determinazione di chi ha accettato la solitudine, annuì a Francis e cercò di prendere Sylvia, che intanto esitava, tentando in qualche modo di attirare nuovamente l'attenzione di Alexa. Per la maga bianca, intanto, sembrava non fossero più nemmeno lì.

Uscirono mestamente, una lenta processione. Quando Francis, ultimo della fila, chiuse la porta, sentì, quasi in risposta, la voce di Arianne, che doveva essersi improvvisamente svegliata. Era la prima volta che la sentiva senza il costume di Golden Mariposa, senza la carica feroce della follia. «Ho sentito la voce di Sylvia. C'era Sylvia? Dov'è? Perché le altre non sono qui?» Non ebbe il coraggio di ascoltare la risposta di Alexa.

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