27 - Il patto di Purple Vengance

7 1 0
                                    

Nonostante i suoi occhi fossero inespressivi, rosso rubino e privi di iride e pupilla, il volto di Reepon sembrava mostrare che il suo rispetto per Sylvia era aumentato. Aveva ricevuto informazioni e questo, nel sistema sociale dei Moderator, era considerato il più nobile dei gesti. I Moderator credevano fermamente che più l'informazione fosse fluita tra le creature più le creature tutte ne avrebbero tratto beneficio, assieme. Era difficile capire come poi, al servizio dell'Integrità, fossero diventati tanto subdoli e doppiogiochisti. Probabilmente dipendeva dal fatto che l'Integrità li aveva convinti che esistevano creature superiori e inferiori, creature con cui condividere la conoscenza e creature che dovevano essere tenute all'oscuro dalla conoscenza. Reepon non sapeva se anche quello facesse parte della loro natura e fosse emerso solo quando si erano trovati a operare nel vasto contesto dell'universo, però sapeva che quell'atteggiamento lo metteva a disagio. Per questo si sentiva pronto a condividere informazioni, con una di quelle creature che la sua cultura gli aveva detto essere inferiore, nel momento in cui lei aveva fatto altrettanto.

«Il motivo per cui Purple Vengance si trova qui è il Barone.» spiegò. Zampettava nervosamente sul tavolo, questo non rendeva difficile seguirlo mentre parlava perché lo spazio su cui si muoveva era minimo, ma faceva capire quanto anche lui provasse pressione nel raccontare la sua storia. «The Box era un posto molto più piccolo di quello che è ora. La prima ribellione ghoul era andata a buon fine, ma la guerra era ancora in corso, gli asshratth colpivano duro affinché la legione non tentasse una sortita. Anche le maghette avevano già provato a entrare qui, Ruby Atlanta aveva attaccato ed era stata respinta, aveva affrontato Fratello Spettro in persona e lui l'aveva gettata giù da uno dei ponti più alti.» Gli occhi del Moderator si alzarono come se potessero ancora vedere la traiettoria della maghetta mentre precipitava. «Il Barone però sapeva come vincere, perché conosceva il punto debole di entrambi gli schieramenti. Né la legione né l'Integrità potevano permettere che avvenisse un'altra Nokata e tutto ciò che ne era conseguito, qualsiasi cosa doveva essere fatto per impedirlo. Il Barone sapeva che intorno a quello girava la sua sopravvivenza. Quando scoprì che la Purple doveva essere adottata in America manipolò i Paulson e le istituzione perché arrivasse da loro. Sapeva che non sarebbe rimasta e quando fuggì di casa le offrì rifugio al Rabbit Cafè. Discusse anche della possibilità di renderla cittadina di The Box e probabilmente ci sarebbe riuscito se non avesse incontrato la resistenza di Fratello Spettro.»

«Era così importante?»

«Era una Purple.» La voce di Reepon sembrava quasi incrinata dalla soggezione. «Non è possibile forgiare un pod Purple. Per ottenere un pod Purple c'è bisogno dell'animo di una maghetta predisposta. Che una maghetta diventi Purple è rarissimo e il potere che ottiene così è immenso. Joyjoy era considerato un eroe per essere riuscito a forgiare Purple Vengance e cadde in disgrazia quando fu chiaro che ne aveva perso il controllo.»

A Francis faceva male la testa a seguire tutte quelle macchinazioni politiche. Era molto più semplice quando da una parte c'erano delle ragazzine da proteggere e dall'altra dei mostri sanguinari. Non era bravo a trattare le beghe degli adulti, che a volte risultavano più infantili di quelle dei bambini. Provò a chiarirsi le idee intervenendo: «Nemmeno il Barone però la controllava, giusto?»

«No, ma aveva un vantaggio. Purple Vengance sapeva che il Barone non l'avrebbe tradita consegnandola ai suoi nemici e poteva esserle utile come appoggio. Sia i ghoul che l'Integrità ne avevano perso le tracce. Bastò mettere in giro la voce che dialogava con The Box per convincere entrambe le fazioni a un armistizio con la struttura. Troppe variabili sarebbero entrate in gioco in caso d'attacco. Poi lei andò a vivere a Chicago come le sue compagne, ma c'è un patto che ha stretto col Barone. Nessuno ne conosce il contenuto, ma nessuno vuole correre rischi per scoprirlo.»

«Se era veramente così importante» chiese Francis «non aveva più senso accoglierla?»

«No, era comunque la distruttrice.» La frase cadde nel vuoto senza ulteriori spiegazioni.

«Sai, Reepon» disse Sylvia. Si era un po' ripresa, ma le era rimasto un rancore mal sopito che rendeva amara la sua voce, qualcosa che forse aveva sempre trattenuto o che derivava dal ricordo che era stata costretta a rivivere. «ho riflettuto che le domande che devo fare a lei potrei farle a te. Tu conosci l'Integrità ancora meglio, forse.»

Intimidita, la creatura indietreggiò fino al bordo lontano del tavolo. «Forse» ammise «ma in questa storia molte persone sono morte perché hanno preferito scorciatoie per ottenere quello che volevano. Se vuoi che la storia di Purple Vengance abbia un senso devi ascoltarla dalla sua voce. Sai che è così.»

«Quindi arriviamo all'ultimo punto del nostro patto: devi farcela incontrare. Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo tornare dal Barone?»

«Se il Barone ha modo di raggiungerla nessuno lo sa, comunque vi ucciderà se insisterete ancora.»

«Quindi cosa pensi di fare?»

«Dobbiamo uscire da The Box e tornare a Chicago. So alcuni dei posti dove va. Lei mi conosce, se mi farò vedere verrà a chiedermi cosa voglio e allora potrò presentarti a lei. Non ti so dire come reagirà.»

«Significa che dovremo rifare le scale?» storse il naso Francis. Il pranzo e la pausa in quell'osteria l'avevano rinfrancato, ma ricordava ancora con un certo disagio la strada per arrivare fin lì. Oltretutto il suo corpo si era abituato solo relativamente all'atmosfera di The Box, faceva ancora un po' fatica a respirare.

«No, le entrate sono in alto, ma le uscite da questa dimensione sono in basso. E' tutto unidirezionale per rendere la difesa più semplice.» disse Reepon.

«Quindi non usciremo al Rabbit Café?» chiese invece Sylvia. Si stavano alzando, la piccola creatura era già saltata giù dal tavolo e si era messa a camminare zigzagando tra i piedi dei passanti, loro si affrettarono a seguirla finché non si fermò a un incrocio, annusando l'aria come aveva già fatto mille volte. «No.» disse, rispondendo alla domanda «E credetemi che è molto meglio così.»

MaghetteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora