20 - Rinunciare a ciò che sono

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Quindi non era semplicemente un asshratth quello presente all'udienza, ma il capo di tutti gli asshratth. Francis si chiese se fosse normale o se quella creatura fosse presente perché quella riunione era particolarmente importante. In ogni caso, a vederlo da vicino, non c'era da dubitare sul perché The Box si considerava ben difeso: se anche quell'essere non aveva la magia delle maghette o quella dei ghoul dava idea di essere inarrestabile in battaglia.

La tensione tra Fratello Spettro e Sylvia stava crescendo, perché anche Sylvia era un guerriero nonostante i suoi quattordici anni e sapeva riconoscere quando un altro guerriero era pronto a combattere. Se si fossero scontrati sarebbe caduta, ma non si sarebbe tirata indietro, per l'ottusità che le dava l'adolescenza e il suo crudele passato mischiati assieme. 

Il Barone però non voleva spargimenti di sangue sotto il suo tetto e allargò le braccia in modo ecumenico. «Di certo Purple Vengance ha cercato di nascondersi qui, ma noi non abbiamo potuto permetterglielo. Non le siamo nemici. Quello che ha fatto è stato terribile, ma sappiamo che aveva buone intenzioni. Però perché The Box possa preservarsi non poteva rimanere qui.»

La parola del Barone era una e non poteva essere messa in dubbio. Sylvia non avrebbe mai compreso una tale legge, per quanto semplice. Francis si portò accanto a lei, percepiva quasi il suo corpo ardere di magia. «Avete idea dove possa essere andata dopo avervi lasciato?» chiese.

«Non ci sono molti posti dove nascondersi fuori di qui.» disse il Barone.

«Tuttavia nessuno sa dove si trovi.»

Gli occhi del Barone si girarono su Sylvia. «Se avesse rinunciato al pod sarebbe uguale a una qualsiasi ragazzina e nessuno avrebbe paura di lei. Le chiesi di farlo, in quel caso l'avrei accolta. Rifiutò. Ai tempi era ancora troppo piena di rancore. Oggi magari ha capito quella mia richiesta e ha abbandonato i suoi poteri. Potrebbe essere in qualsiasi angolo del mondo, a vivere come una ragazza normale.» Ci fu una breve pausa, poi la creatura legnosa riprese. «Ti faccio la stessa proposta, Azure Foxtrot: liberati dei tuoi poteri e rimani qui come una ragazzina, protetta in The Box, oppure vattene come una maghetta.»

Lo sguardo di Sylvia era ancora feroce e ancora puntato su Fratello Spettro. «Se chiedi questo è perché non sai cosa stai chiedendo.»

«Allora l'udienza può dirsi conclusa.»

Non c'era nessuno che volesse venire a prenderli per portarli via, anche l'umano che li aveva accompagnati non era più visibile. Il Barone voleva che si allontanassero in pace, non voleva scacciarli. Francis si azzardò a prendere il polso di Sylvia, lo sentì ghiacciato, ma al tempo stesso percepì una corrente rovente attraversare la carne, non abbastanza intensa da fargli male, ma abbastanza da fargli provare un brivido in tutte le ossa. «Andiamocene.» sussurrò.

«Stanno mentendo.» rispose lei. Fortunatamente tenendo basso il tono di voce.

«Se anche fosse non è il caso di dirglielo ora e qui.»

«Io posso... posso...»

«Togliti quel maledetto costume.» All'inizio Francis non lo aveva capito perché erano veramente molte le cose che cambiavano da Sylvia ad Azure Foxtrot quando si trasformava. Ora però la ragazzina era nello stato di maghetta da molto tempo e lui cominciava a intuire che c'era qualcosa di diverso in lei e non riguardava solo la luminosità della sua pelle. Ormai riteneva di conoscere Sylvia, la sua umanità, il suo passato, era riuscito a intuire la ragazza che era stata prima che quella storia la travolgesse. Sotto l'armatura da maghetta, in quel momento, quella persona sembrava essersi dissolta, c'era solo un fuoco ardente, inumano. La magia la stava corrodendo. «Togliti il costume ora.»

Doveva esserci un'eco autoritaria nella sua voce che risuonava con qualcosa di antico, perché Sylvia, quasi in trance, evocò il pod e lo toccò. Subito la tenuta da maghetta scomparve, sembrò quasi che nella stanza si fosse spenta una luce e anche molti, intorno, tirarono un sospiro di sollievo. Fratello Spettro, nel vederla diventare un'adolescente normale, spiccò un balzo e tornò ad aggrapparsi al soffitto.

Anche il Barone sembrò più accondiscendente. «Non c'è bisogno che lasci subito The Box. Quello che ti vieto è di prendere dimora qui o fare ulteriori domande sulla Distruttrice. Per il resto The Box accoglierà sempre un viaggiatore stanco della guerra che voglia riposarsi per un poco.»

«Grazie.» fece Francis. Ora Sylvia era più facile da toccare, strinse maggiormente la presa sul suo braccio, le fece abbozzare un mezzo inchino (sempre che venisse considerato atto di riverenza dall'essere-albero) e poi la trascinò via. Prima più faticosamente, ma poi, man mano che si allontanavano dalla sala, sentì che le gambe della ragazza lo assecondavano. «Ora dovremo affrontare nuovamente quelle maledette scale.» borbottò, leggermente meno agitato.

Sylvia sembrava chiusa in sé stessa, la sua espressione adesso era quella di una bambina rimproverata. Lui non le mollava mai il braccio, ma lei non faceva niente per divincolarsi. Rampa dopo rampa stavano per raggiungere l'uscita quando una nuova bizzarra creatura sbarrò loro il passo: si trattava di un essere non molto più grande di un coniglio, di un candore ultraterreno, con delle lunghe orecchie e occhi rossi, senza pupilla. Quando Sylvia lo vide si congelò e fece un passo indietro, finalmente liberandosi della stretta di Francis. Lui, dopo tutto quello che aveva visto, non riusciva a giudicare pericoloso quel minuscolo essere, ma la reazione della ragazza lo mise in guardia.

«Loro non ti parleranno mai di Purple Vengance.» disse il nuovo venuto. Non si sapeva come parlasse, perché non aveva bocca.

Cautamente, Sylvia gli si avvicinò. «Tu si?»

Il simil-coniglio inclinò la testa e sbatté gli occhi. «Secondo te?»

«Cos'è?» chiese Francis. Forse il tono era un po' irriverente, non sapeva ancora come trattare in una società multiculturale in cui l'essere multiculturale significava avere creature provenienti da diversi universi. L'unica cosa che gli era chiaro era che quel bizzarro animale, in particolare, era qualcosa di importante.

«Veniamo chiamati Moderator, di solito serviamo l'Integrità. Il mio nome è Reepon.»

«E cosa ha di speciale, Sylvia?» Un altro punto importante: faceva molta fatica ad avere un dialogo con qualcosa che non faceva proprio niente per sembrare una persona. Per questo continuava a rivolgersi alla ragazza.

Lei sembrava affascinata, continuava a inclinare la testa per osservarlo da più punti, come per esaminare che fosse realmente lì. «Lo riesci a vedere?» gli chiese di rimando.

«Certo che lo riesco a vedere. Una palla di pelo con le orecchie lunghe e gli occhi rossi.»

«I Moderator» disse Sylvia «sono la razza a cui appartiene Joyjoy.»

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